Cristina Nadotti spiega il nuovo male "Il turismo che non paga"

  • Postato il 20 settembre 2025
  • Cultura
  • Di Agi.it
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Cristina Nadotti spiega il nuovo male "Il turismo che non paga"

AGI - Città ingolfate di turisti, navi da crociera che scaricano migliaia di visitatori nei porti italiani, montagne senza neve, residenti costretti a lasciare i centri delle città perchè invivibili e trasformate in suk per gruppi turistici che vanno sempre troppo di corsa. Questi sono solo alcuni degli aspetti da cui parte una lunga, articolata e ragionata riflessione di Cristina Nadotti, nel libro "Il turismo che non paga" edito da Edizioni Ambiente. 

Nadotti, dalla biografia movimentata, nata a La Spezia, vive e lavora a Roma, ma ha scelto la Sardegna come terra di adozione, racconta studi alla mano quanto questa sete del viaggio stia facendo male ai territori, rifiutando la definizione di chi giudica il turismo il petrolio dell'Italia. Non sempre più turisti significano più benessere per le comunità locali. Spesso, i profitti finiscono nelle mani di grandi operatori internazionali, mentre i costi – economici e sociali – ricadono su chi vive nelle destinazioni più gettonate. Nadotti osserva che il turismo racchiude così tanti servizi che è complicato fare una stima esatta dei suoi profitti, osservando un dato della realtà, ovvero che chi lavora nel turismo è spesso un lavoratore precario, poco pagato e poco qualificato. 

Così come un viaggiatore low cost, che viaggia solo con lo zaino in spalla, finirà per riportare a casa solo calamite e portachiavi, anziché pezzi di artigianato locale. Trasformando così anche il tessuto economico dei centri storici dove le vecchie botteghe stanno sempre più lasciando spazio a souvenir di bassa lega, paninoteche anziché ristoranti, bar al posto dei fornai. Il turismo "di massa", che ha superato fortemente i numeri pre covid, finisce così per diventare un tema di "sopravvivenza" per le comunità locali che vivono una progressiva gentrificazione, con abitazioni trasformate in B&B, affitti alle stelle e la difficoltà di trovare un'abitazione (e relativi servizi) all'interno dei centri delle città. Il tema è talmente centrale che alcuni sindaci europei, tra cui Roma e Barcellona, si sono seduti a un tavolo per tracciare una strategia in grado di garantire il diritto all'abitare. O Firenze ha emanato il suo decalogo per il turismo sostenibile.  Il libro, attraverso una serie di riflessioni, è un cassetto degli attrezzi per chi voglia approfondire il tema di un turismo sostenibile e di come quello esistente dovrebbe riformarsi prima che sia troppo tardi. Non si tratta di un'accusa al mondo del turismo, ma anche una riflessione sul nostro modo di viaggiare, sul nostro essere turisti compulsivi, più attratti dalle offerte delle low-cost che dalle mete.

 

 

L’espansione del turismo internazionale (così come il fenomeno delle migrazioni) è destinata a continuare nei prossimi decenni: secondo le previsioni a lungo termine dell’Organizzazione mondiale del turismo, entro il 2030 si raggiungeranno 1,8 miliardi di arrivi. Considerato che l’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, indica l’Italia come il quinto Paese più visitato al mondo, è facile immaginare che non solo città come Venezia e Roma dovranno fare i conti con un numero sempre maggiore di turisti. Ma il tema, come ricorda Nadotti in queste pagine, non riguarda solo le città. Territori fragili come gli ecosistemi marini e montani, già sotto stress per un impatto antropico crescente, saranno soggetti a cambiamenti profondi per il mutamento del clima. L’aumento delle temperature, con tutto quel che ne consegue, sta già trasformando in modo evidente il paesaggio, centrale nello sfruttamento turistico, e riducendo le risorse, a partire dall’acqua e dal cibo.Se poi non si vuol pensare all’ambiente e si vuole guardare all’economia del settore, è evidente, come dimostra soprattutto il turismo della montagna, che la promozione della stagione sciistica su piste dove non nevica più non è una strategia che guarda al futuro.

Tuttavia l'autrice di questo saggio si dichiara contraria alle città a numero chiuso almeno per due ragioni: perché si tratta di misure estreme che si adottano quando non si è governato il problema a monte e la seconda, perché finirebbe di trasformare beni di tutti in beni a esclusivo uso di chi può pagare. 

Il libro ha un finale aperto e non presenta soluzioni "facilmente adottabili" per risolvere i problemi. Gli strumenti ci sono, anche per capire se davvero abbiamo bisogno di fare 10 weekend all'estero, che tanto sul frigo non c'è più spazio per le calamite! Smettendo così di essere parte del problema. 

 

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Autore
Agi.it

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