Crescono ancora i senza fissa dimora morti in strada: “Sono persone che si trovano isolate all’improvviso. In aumento i giovani, anche a causa del Fentanyl”
- Postato il 17 febbraio 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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L’hanno definita la “strage invisibile”. Stiamo parlando dei 434 senza fissa dimora deceduti lo scorso anno. Il dato arriva dal rapporto 2024, pubblicato in questi giorni dall’osservatorio della Federazione italiana organismi per le persone senza dimora. Una fotografia che da anni non cambia. Anzi. Dal 2020 – inizio di questo monitoraggio – si assiste ad una lenta e costante crescita del numero dei decessi delle persone che vivono per strada. Nel 2023 erano 415 e nel 2022 si registravano 399 persone morte. Gli sforzi fatti dalle associazioni che si occupano di clochard sembrano vani e “il governo – ci dice Cristina Avonto presidente della Federazione italiana organismi per le persone senza fissa dimora – non sembra essere interessato a dialogare con il Terzo Settore su questo tema”.
Alcune tendenze osservate negli anni precedenti si confermano costanti: la stagionalità dei decessi distribuiti lungo tutto l’anno ma con picchi nei mesi estivi e invernali; il profilo sociografico delle vittime, in prevalenza uomini (91%), stranieri (61%) e con un’età media di 44 anni; la distribuzione geografica, che vede una concentrazione di decessi soprattutto nelle grandi città, con Roma (31) e Milano (23) ai primi posti; la cronicizzazione delle condizioni di isolamento e abbandono. Un altro elemento che purtroppo si ripete è l’impossibilità di risalire all’identità di molte persone decedute, che rimangono dunque senza nome e prive di un riconoscimento ufficiale e di quella dignità che il ricordo dovrebbe garantire. Ma quest’anno i dati mettono in luce anche nuove dinamiche preoccupanti, come l’aumento dei giovani tra le persone decedute. Molti di questi casi si verificano in circostanze drammatiche e allarmanti, tra cui un numero significativo di suicidi, sottolineando la gravità della condizione di questa fascia di popolazione. Nel 2024, i 17 – 29enni che hanno lasciato la vita sono stati ben 76 individui pari al 18% del totale delle morti tra le persone senza dimora: questa fascia d’età risulta la seconda più colpita, subito dopo i 40-49enni. Si tratta perlopiù di giovani uomini (89%) e di nazionalità straniera (92%). E’ questa la vera emergenza anche nel nostro Paese: il fenomeno young homeless. “E’ una tendenza europea. In Italia è legata al tema dell’abbandono scolastico, della rottura delle relazioni con le agenzie educative e dai problemi mentali che il Covid ha acuito. Serve una risposta ad hoc. In Europa ci si sta interrogando da tempo su questo tema”, spiega la presidente.
Tra coloro per cui è stato possibile approfondire i percorsi di vita emergono storie di ragazzi e ragazze finiti da poco in strada ma anche di molti che, nonostante la giovane età avevano già accumulato anni di marginalità: almeno uno su quattro viveva senza una dimora stabile e sicura da oltre due anni. Le cause dei decessi riflettono, invece, una condizione di estrema vulnerabilità, in cui fattori personali, sociali e ambientali si intrecciano aggravando situazioni spesso già precarie.
Ma soprattutto quello che appare evidente è che la strada amplifica gli effetti causati da un malore generico, una caduta, una malattia lieve o un in accidente, così come del “freddo” o del “caldo”, rendendo fatali dei meri eventi naturali. Vivere senza un alloggio adeguato espone queste persone a rischi costanti, spesso molto maggiori e diversi rispetto a quelli a cui è esposta la popolazione generale. “Dobbiamo riflettere – sottolinea Avonto a “Il Fatto Quotidiano.it” – sull’età media di chi perda la vita in strada: 44 anni. Sono persone che si ritrovano senza un tetto improvvisamente e non hanno gli strumenti per affrontare questa nuova dimensione. Chi fa il clochard da tempo sviluppa delle abilità che queste persone non hanno. Il fenomeno è proprio cambiato: oggi tra i senza fissa dimora non ci sono più i tossici tipici degli anni Ottanta ma magari dei ragazzi che fanno uso di Fentanyl”. Avonto ci tiene a far notare che se è vero che il 61% delle persone decedute era di origine straniera va registrata comunque una percentuale del 27% di italiani che hanno perso la vita per strada.
L’osservatorio lancia anche qualche soluzione: “È necessario – sottolineano i ricercatori – andare incontro alle persone, raggiungerle fisicamente in strada, perché è lì che vivono e, troppo spesso, trovano la morte. La strada, luogo di violenza, di incidenti e aggressioni, può diventare il punto di partenza per incontrare queste persone, porsi in ascolto, comprendere la natura del disagio ed intervenire con soluzioni alternative, integrate tra sociale, sanità e comunità al fine di portare avanti un cambiamento di approccio al fenomeno della grave marginalità adulta. Partire dunque dalla strada per arrivare alla casa, come insegna il modello Housing First che ad oggi rimane l’approccio più promettente”.
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