Credo che il narcisismo di Trump sia per noi una grande opportunità
- Postato il 2 novembre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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di Emanuele Rizzo
Aleggia una diffusa convinzione che Donald Trump incarni il peggio dei leader nazionalisti occidentali, come se gli altri fossero meglio e come se i progressisti fossero invece animati da più nobili valori. Per smontare queste ipocrisie, nel suo progetto di ricostruzione di Gaza il tycoon ha coinvolto Tony Blair. Leader progressista tanto gradito a certa politica (Renzi ne ha il poster in camera), noto criminale di guerra per quella incresciosa vicenda ambientata in Iraq e datata 2003. Inconsapevolmente, Trump ci teneva a dimostrarci che non esiste colore politico laddove vi sia da mangiare affamando un popolo.
Sorprende lo sdegno con cui certi salotti hanno liquidato la sua candidatura al Nobel per la Pace, dal momento che in passato era stato conferito a colui che aveva bombardato Siria, Libia, Afghanistan, Yemen, Somalia e Pakistan. Ma nel farlo sorrideva ai fotografi e condiva i suoi discorsi pubblici di quella vuota retorica tanto gradita ai lettori di Repubblica.
Tra i due cambia la forma ma non la sostanza. La forma risente del narcisismo di Trump, profilo psicopatologico che lo porta a desiderare di essere incessantemente guardato ma che lo rende un po’ meno pericoloso di alcuni predecessori che sganciavano ordigni nell’ombra. Già, il suo narcisismo è un fattore protettivo per il mondo, perché le scelte più delicate verranno tutte prese e rivendicate a reti unificate. E perché qualunque contraddizione della sua amministrazione verrà ostentata alla luce del sole.
Prendiamo il conflitto di interessi. Nel Paese di Berlusconi ne abbiamo conosciuto una versione accentuata, ma esiste quasi ovunque e in una forma subclinica. Nella sua America è palesato da dazi che oscillano a beneficio degli investimenti in borsa dei suoi familiari e orologi pubblicizzati come una Ferragni meno incline alla beneficenza. Oppure pensiamo al malcostume di indirizzare le elezioni concedendo silenziosamente indennizzi governativi ad amministrazioni amiche, di cui i funghi porcini di Lariano sono solo l’ultimo esempio nostrano.
Beh, il voto di scambio di Trump è molto più sincero: votate Milei e avrete venti miliardi di dollari. D’altronde con quest’ultimo condivide molto, tra cui la fede in un Dio che è però quello dei farisei. Un Dio che scarta lo straniero e colpevolizza chi arranca, esaltando il successo e la ricchezza. Un Dio che usa la croce come strumento di tortura e non di redenzione. Un Dio fatto a immagine e somiglianza del suo narcisismo.
Il suo narcisismo potrebbe aiutarci a svincolarci da una relazione tossica che ci attanaglia da secoli. Nelle relazioni tossiche gli aspetti più pericolosi sono quelli ambivalenti che, legando in un modo malsano la vittima al suo carnefice, consentono a quest’ultimo di reiterare la subdola violenza psicologica e mantenere il controllo.
Il narcisismo di Trump non è subdolo ma manifesto, la sua violenza non è sottotraccia ma ostentata a favor di telecamera. La storia recente ci ha dato ampie dimostrazioni di quanto sia sproporzionato il rapporto tra noi e loro. Pur di non rinunciarvi negli anni ci siamo convinti – come nelle migliori dipendenze affettive – di cose mai accadute. Chiedere a quel Benigni a cui attribuire meriti ingiustificati al loro esercito invece che ai russi è valso un Oscar. Uno dei rari esempi di solidità sulla scena internazionale lo aveva offerto Angela Merkel, sempre molto pragmatica nelle sue collocazioni. Ci avrebbe impiegato cinque minuti a risolvere il conflitto in Ucraina in virtù del suo rapporto franco con Putin: troppe vite ucraine risparmiate, troppi denari rimasti nelle nostre casse e troppo poco indotto per gli Usa. Motivo per cui l’ipotesi non è stata minimamente vagliata.
Il narcisismo di Trump è una grande opportunità che possiamo cogliere solo se emergono leader credibili, che abbiano il coraggio di guardare altrove. Leader che non ne subiscano il fascino e che tirino dritti sulla Via della Seta anche quando inseguendoci proverà a convincerci che senza di lui moriremo.
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