Cosa penso della ‘famiglia nel bosco’ e perché sto dalla loro parte

  • Postato il 4 novembre 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Sto seguendo con un misto di apprensione e stupore la vicenda della cosiddetta “famiglia nel bosco”, ovvero la famiglia composta da due genitori e tre bambini che sarebbe ora sotto stretta osservazione dei servizi sociali, dopo la richiesta di un magistrato di togliere i bambini ai genitori. Alcune fonti di stampa riportano che ai genitori è stata levata la patria potestà, ma questo aspetto non è chiaro visto che per ora i bambini continuano a vivere con i genitori nella loro casa.

Quando esiste una richiesta di un magistrato e si attivano i servizi sociali bisognerebbe, prima di parlare, conoscere esattamente i dettagli della vicenda. I servizi si sono attivati dopo una segnalazione seguita a un probabile avvelenamento da funghi che avrebbe coinvolto tutta la famiglia, forse appunto per ingestione di funghi colti con un po’ di disinvoltura.

Quello di cui si può scrivere, invece, è il modo con cui la vicenda è stata riportata dalla stampa, ad esempio dal Corriere della sera ma anche dal Messaggero, con gravi errori e inesattezze rivelatrici di una certa mentalità. Per lo più si è parlato di una situazione in cui i bambini vivevano “senza acqua ed elettricità corrente”, scaldandosi solo con un camino e praticando l’unschooling. In realtà, come ha scritto benissimo il giornalista ambientale Sergio Ferraris, la questione può essere letta in un’altra maniera: “Una famiglia decide di vivere nei boschi (e già butta male perché nei boschi ci si va a caccia, ma viverci no) e per il Corriere della Sera e i servizi sociali mancano l’acqua, l’energia elettrica e i servizi elettrici, ‘sostituiti’ con pozzi e pannelli solari, il camino d’inverno. Si leggano fotovoltaico, pozzo naturale e biomasse. Tutte fonti al di fuori del conformismo sociale ed economico dominante”. Ancora, scrive sempre Ferraris: “E’ evidente dalle foto che i due coniugi non sono estremisti che si ispirano alla preistoria. Gli abiti sono di fattura industriale, si notano sullo sfondo teli, brocche e suppellettili varie, l’abitazione ha un tetto di coppi e si intravedono dei pallet da trasporto. Tutto fa pensare non a degli integralisti verdi, ma a una famiglia attenta all’economia circolare”.

Per quanto riguarda l’unschooling o “home schooling“, va ricordato che nel nostro paese non è obbligatoria la scuola, ma l’istruzione, che può essere tranquillamente parentale, fatta dai genitori o da insegnanti esterni, come sembrerebbe in questo caso. Dunque, da quel che si evince non si tratta di genitori – peraltro laureati – che, magari, come purtroppo ancora accade, in preda a una filosofia “naturista” estrema smettono di curare i propri figli quando si ammalano con la medicina tradizionale, seguendo metodi antiscientifici come quello Di Bella o Hamer. Qui c’è semplicemente una famiglia che vive in modo alternativo rispetto alla vita in città, e che anzi rappresenta un modello, a suo modo, di decrescita, proprio quella verso cui esperti di clima e di scienze sociali invitano ad andare per evitare il collasso del pianeta.

Eppure questo modo di vivere è troppo scandaloso, così tanto da arrivare a dei paradossi, come quello per cui avere i pannelli solari equivale ad essere “senza elettricità”. Come molte persone hanno scritto commentando la notizia, appaiono molto più problematiche le vite di quei bambini sedentari che mangiano junk food e cibi ultra-processati e che sono talmente privi di natura da essere tutti carenti di vitamina D. Bambini sempre più in sovrappeso e in vero deficit di contatto con alberi, sassi e rami.

Insomma, se da un lato è ovvio dire che non ci si può in nessun modo sostituire a chi sta seguendo da vicino il caso, dall’altro, guardando la vicenda per come viene raccontata dalla stampa, una mezza idea ce la si fa: chiedere di togliere tre bambini da una casa in mezzo al bosco per mandarli in comunità o case famiglia appare visibilmente incomprensibile e soprattutto frutto del nostro conformismo che ci fa pensare a vite diverse, meno “ricche” di beni inutili e tecnologia e più a contatto con la natura, come vite carenti. E che ci fa apparire scandaloso vivere solo con l’energia dei pannelli e scaldarsi con il camino.

Ripeto: famiglie in preda a un’ideologia di natura assoluta che porta addirittura a respingere ogni cura tradizionale ce ne sono purtroppo, ma non sembrerebbe questo il caso, da quel che si legge. E certo, raccogliere i funghi con leggerezza è un errore grave da parte di un genitore, ma se si attivassero i servizi sociali per tutti gli errori che facciamo non resterebbe forse un bambino in famiglia.

Questa storia, mi pare, racconta soprattutto del nostro terrore verso vite spoglie di confort. E dell’incapacità, appunto, di immaginarci un altro modo di vivere. Privo di alcune cose, ma ricco senz’altro di altre. E, dettaglio non proprio trascurabile, realmente sostenibile, a differenze delle nostre vite comode, ma inquinanti e ad altissimo tasso di emissioni.

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Il Fatto Quotidiano

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