Corpo, poesia visiva, performance. A Napoli mostra dell’artista anticonformista Tomaso Binga

Sono quarant’anni che Tomaso Binga, al secolo Bianca Pucciarelli Menna (Salerno, 1931), evidenzia attraverso la sua rivoluzionaria pratica artistica le sovrastrutture della società patriarcale, e crea modelli alternativi ginocentrici. Un lavoro ironico e immaginifico, di cui oggi abbiamo bisogno più che mai: non può che essere la benvenuta, quindi, la grande mostra che il Museo Madre di Napoli dedica all’artista anticonformista al termine di due anni di ricerche in stretta collaborazione con l’artista e il suo archivio.

L’arte come sistema maschile secondo Tomaso Binga

Femminista gioiosa e dissacrante, l’artista scelse nel 1971 di entrare nel mondo dell’arte con lo pseudonimo di Tomaso Binga: “Il mio nome maschile gioca sull’ironia e lo spiazzamento; vuole mettere allo scoperto il privilegio maschile che impera nel campo dell’arte, è una contestazione per via di paradosso di una sovrastruttura che abbiamo ereditato e che, come donne, vogliamo distruggere”. In quarant’anni di attività, Tomaso Binga ha fatto della scrittura il cuore della propria pratica artistica ed esistenziale, convogliandola nell’uso della parola, del gesto e del corpo. Tra i protagonisti poesia fonetico-sonora-performativa italiana, Tomaso Binga è passata dalle prime azioni affidate al gesto (Vista Zero, 1972) e alla scrittura (Nomenclatura e l’Ordine Alfabetico 1973- 1974) a performance poetiche affidate alla sonorità della parola (Poesia Muta, Ti scrivo solo di Domenica, Io Sono una Carta) inserendosi chiaramente nel solco della denuncia femminista. Nel 1978 ha quindi partecipato alla celebre mostra Materializzazione del Linguaggio alla Biennale Arte (invitata da Mirella Bentivoglio) con la sua scrittura verbo-visiva. “Il lavoro di Binga sfida le convenzioni sociali e culturali esplorando temi legati al genere e alla critica del linguaggio”, sottolinea Angela Tecce, presidente della Fondazione Donnaregina. “Esempi emblematici del suo contributo sono gli alfabeti in cui il corpo dell’artista assume le forme delle lettere, una sintesi tra linguaggio verbale e visivo”.

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Tomaso Binga, Bianca Menna e Tomaso Binga. Oggi Spose, 1977. Courtesy Tomaso Binga, Archivio Tomaso Binga e Galleria Tiziana Di Caro

La retrospettiva di Tomaso Binga voluta da Eva Fabbris

Presentata dal museo insieme alla Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee, la mostra in apertura il 17 aprile è la più ampia retrospettiva museale mai dedicata all’artista. Curata dalla direttrice del museo, Eva Fabbris, con Daria Kahn, l’esposizione prende il nome da una parola particolarmente amata da Binga, EUFORIA, perché contiene tutte le vocali. Il lemma, emerso durante le conversazioni tra l’artista e Fabbris, rappresenta così un “un titolo-manifesto, un augurio, una necessità politica di resistenza“, spiega la curatrice.

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Tomaso Binga, Obloi, 1972. Acquisita fondi POC Regione Campania, 2020, Collezione Fondazione Donnaregina-Museo Madre, ph Danilo Donzelli

La grande mostra di Tomaso Binga a Napoli

Il percorso espositivo, dal forte valore semantico e dal taglio ironico, conta più di 120 delle opere dell’artista tra poesie visive, installazioni, fotografie, collage, documenti e testimonianze di performance – molte delle quali inedite o mostrate per la prima volta da decenni – e si snoda nelle 18 sale del terzo piano del Madre. Affiancata da un libro edito da Lenz Press a cura di Eva Fabbris, Lilou Vidal e Stefania Zuliani, la mostra vede anche un particolare allestimento sperimentale, dal tracciato circolare, ideato dal collettivo multidisciplinare Rio Grande in dialogo con l’artista stessa.

Giulia Giaume

L’articolo "Corpo, poesia visiva, performance. A Napoli mostra dell’artista anticonformista Tomaso Binga" è apparso per la prima volta su Artribune®.

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Artribune

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