Come difenderei i Bob Vylan dopo i cori a Glastonbury contro l’esercito di Israele
- Postato il 2 luglio 2025
- Blog
- Di Il Fatto Quotidiano
- 2 Visualizzazioni
.png)
di Angelo Palazzolo
Ha fatto un grande scalpore il concerto dei Bob Vylan a Glastonbury e in particolare il coro “Death, Death to the Idf”. Ammetto che quando ho sentito la notizia, anch’io ho avuto un moto di sdegno. Come quando ad una manifestazione pacifica c’è qualche imbecille che rovina i buoni intenti di tutti gli altri spaccando una vetrina o prendendo a calci una macchina.
Augurare la morte di una persona è una cosa spregevole, ma l’Idf non è una persona. Anche se fatta da persone, l’Idf è formalmente un’organizzazione e augurare la sua “morte” potrebbe significare semplicemente augurare la dissoluzione di tale organizzazione. Questa sarebbe la mia prima linea difensiva per i performer che, a causa della loro esibizione, dovranno affrontare un’indagine penale avviata dalla polizia britannica, che in una nota dice tronfia: “non c’è assolutamente posto per l’odio nella società”. Come se si potesse bandire l’odio con la censura, come se l’odio verso l’Idf fosse causato dal coro dei Bob Vylan e non dalle azioni spregevoli che quotidianamente, impunemente e in mondovisione l’Idf compie sul popolo palestinese.
Tornando all’ipotetico processo contro i performer inglesi e nord irlandesi, se la linea difensiva dell’assimilare l’augurio di morte all’Idf all’augurio della dissoluzione di un’organizzazione militare venisse considerata come un mero cavillo linguistico e, nella sostanza, quell’affermazione venisse interpretata come un’invocazione alla morte dei soldati israeliani, beh, a quel punto, proietterei in aula i filmati dei palestinesi disarmati e disperati, costretti – da uno dei governi più inumani della Storia – a lottare per un tozzo di pane sotto il fuoco dei cecchini israeliani e chiederei al giudice se non è umanamente comprensibile augurarsi che – dopo aver visto un amico, la moglie, o un figlio accasciarsi a terra – qualcuno risponda al fuoco contro quei cecchini vigliacchi.
Se in una guerra tra due eserciti è nell’ordine delle cose auspicare la morte dei soldati avversari (perché la guerra questo schifo è!), allora a fortiori in una non-guerra come quella tra l’esercito israeliano e la popolazione inerme palestinese, se si parteggia per i secondi, è nella natura delle cose augurarsi la morte dei primi. Questa mia ipotetica arringa difensiva presta il fianco ad una facile critica: non tutti i soldati dell’Idf commettono crimini contro l’umanità, alcuni soldati israeliani eseguono solo degli ordini.
I performer imputati – che non hanno rinnegato ciò che hanno detto – dovrebbero specificare che il loro augurio di morte è rivolto esclusivamente ai soldati che si stanno macchiando dei peggiori crimini contro l’umanità e non a chi è costretto ad eseguire gli ordini dall’alto. Ma questa delimitazione dell’oggetto dell’invettiva basterebbe a rendere accettabile la frase dei Bob Vylan? In tempo di guerra, nell’improbabile eventualità che un palestinese, a mani nude, possa avere la meglio su un soldato iper-equipaggiato, la società occidentale può accettare che qualcuno auguri la morte del soldato israeliano?
La verità (inconfessabile e dolorosa) è che abbiamo ormai introiettato l’idea di vite di serie A e di vite di serie inferiore. L’Idf sta massacrando i palestinesi come se si trattasse di animali e la reazione occidentale è quella di un lieve rimprovero, come quello riservato ai macellai che non si curano di utilizzare le procedure e gli strumenti adeguati per uccidere le bestie, causando loro inutili sofferenze. Nessun animalista osa chiedere la pena di morte per chi uccide gli animali. Analogamente, la nostra società mette al bando chi augura la morte di chi sta effettivamente mietendo vittime, perché queste ultime non sono considerate persone.
La società occidentale si sta comportando con i palestinesi alla stregua delle associazioni di animalisti che – consapevoli della superiorità sociale e giuridica (anche se non ontologica) – della specie umana, cerca di negoziare per gli animali una morte leggermente più umana. Niente di più.
Il blog Sostenitore ospita i post scritti dai lettori che hanno deciso di contribuire alla crescita de ilfattoquotidiano.it, sottoscrivendo l’offerta Sostenitore e diventando così parte attiva della nostra community. Tra i post inviati, Peter Gomez e la redazione selezioneranno e pubblicheranno quelli più interessanti. Questo blog nasce da un’idea dei lettori, continuate a renderlo il vostro spazio. Diventare Sostenitore significa anche metterci la faccia, la firma o l’impegno: aderisci alle nostre campagne, pensate perché tu abbia un ruolo attivo! Se vuoi partecipare, al prezzo di “un cappuccino alla settimana” potrai anche seguire in diretta streaming la riunione di redazione del giovedì – mandandoci in tempo reale suggerimenti, notizie e idee – e accedere al Forum riservato dove discutere e interagire con la redazione. Scopri tutti i vantaggi!
L'articolo Come difenderei i Bob Vylan dopo i cori a Glastonbury contro l’esercito di Israele proviene da Il Fatto Quotidiano.