“Chester Bennington ha sofferto per le critiche negative dei fan all’album One More Light. La situazione prima del suicidio era pesante”: parla Sean Dowdell

  • Postato il 20 maggio 2025
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Il 20 luglio del 2017, il mondo della musica diceva addio a Chester Bennington. Il cantante dei Linkin Park si è suicidato all’età di 41 anni nella sua casa di Palos Verdes Estates nella contea di Los Angeles. Tra coloro che sono a conoscenza delle sue ultime confidenza c’è Sean Dowdell, batterista dei Grey Daze e suo grande amico.

Sean, al canale finlandese Kaaos TV, ha raccontato: “Ne abbiamo parlato molte volte insieme. Chester era una persona molto felice la maggiore parte del tempo. Penso sia così che funzioni la depressione: la persona che vedi esternamente il 99% delle volte è felice e di buon umore, si diverte e ride sempre”. Ma non era tutto. Il dolore che si portava dentro, Chester lo mascherava: “Aveva questo atteggiamento molto solare quando era con te. Il dolore che provava non lo condivideva all’esterno. Durante il tempo passato insieme a lui, molte volte l’ho visto, ma non era qualcosa che rimaneva evidente per un lungo periodo”.

C’era qualcosa però che lo feriva in modo particolare: le critiche. Dopo l’uscita di One More Light, nel maggio 2017, Bennington ne ricevette molte, e quelle parole lo colpirono nel profondo. “A tal proposito, vorrei dire alcune cose. Forse sarò impopolare ma è la verità. E non ho intenzione di parlare dei componenti dei Linkin Park, ma penso che loro sarebbero d’accordo con quello che sto per dire. Quando hanno realizzato One More Light, l’album è stato recepito proprio come loro pensavano che sarebbe stato recepito, o almeno nel modo in cui Chester pensava che sarebbe stato recepito. Lui ha ricevuto molte critiche negative da parte del fan e queste sono state per lui motivo di preoccupazione”.

“Quando poi hanno pubblicato un disco come One More Light, al 95% dei fan è piaciuto, ma poi c’era quel 5% di gente che, invece, si lamentava. Così questi perdenti passavano tanto tempo davanti al computer. A me piace chiamarle così le persone che non hanno altro di meglio da fare che sedersi lì a scrivere con una tastiera quanto sono perdenti”, ha affermato Dowdell. Poi ha aggiunto: “Non capisco cosa porti una persona a essere fan di Chester e ad amare tutto ciò che fa o quasi, per poi parlare male di lui e scrivergli tante brutte cose solo perché ha fatto una canzone che non gli piace. Queste cose erano davvero un peso per lui”.

Chester era segnato fin dall’infanzia. “Da bambino ha subito abusi sessuali e questo ha sempre gravato su di lui. Alla fine tutto è culminato in quei pensieri che hanno portato Chester a non sentirsi mai abbastanza bravo o mai davvero apprezzato, come se non valesse tanto. Aveva questo vuoto dentro e penso che non lo riuscisse a spiegare a molte persone. Io ho conosciuto piuttosto bene questo suo lato. Dopo uno show, se ci fossero state migliaia di persone desiderose di incontrarlo per dirgli quanto fosse grande, quanto avesse cambiato le loro vite in un modo profondo e positivo, quanto avesse dato loro un sollievo dal loro dolore e dalla loro disperazione, dentro di sé, Chester non le avrebbe neanche ascoltate. Lui avrebbe detto loro ‘Grazie’ e avrebbe continuato a sentirsi come se non valesse abbastanza”.

E la confessione più intima arriva proprio da quel dialogo continuo tra amici: “Abbiamo parlato di questo e lui mi diceva ‘Mi sento come se non fossi abbastanza intelligente. Non penso di essere abbastanza bravo’. Io gli rispondevo: ‘Chester, tu sei una così bella persona. Dimentica il canto. Non mi importa di te come cantante, mi importa di te come essere umano. Non mi interessa se sei un grande cantante, mi interessa che tu sia una brava persona’. Chester era uno dei migliori amici che si possano avere”.

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