C’è una bella differenza tra un sistema di difesa comune e il riarmo: lo dice l’Spd al governo con Merz
- Postato il 19 giugno 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Nella maggior parte degli Stati europei hanno preso il sopravvento forze che vedono il futuro soprattutto in una strategia di scontro militare e in centinaia di miliardi di euro per gli armamenti. La pace e la sicurezza non sarebbero più raggiungibili con la Russia, ma dovrebbero essere imposte contro di essa. Si invoca la necessità di aumentare sempre più gli armamenti e di prepararsi a una guerra presumibilmente imminente, invece di collegare la necessaria capacità di difesa a una politica di controllo degli armamenti e di disarmo per raggiungere la sicurezza comune e la capacità reciproca di vivere in pace. […] L’ordine di sicurezza europeo basato sui principi degli Accordi di Helsinki è stato sempre più minato negli ultimi decenni, prima ancora dell’attacco illegittimo della Russia all’Ucraina, da parte dell’“Occidente”, ad esempio con l’attacco della Nato alla Serbia nel 1999, con la guerra in Iraq da parte della “coalizione dei volenterosi” nel 2003, o con il mancato rispetto degli impegni di disarmo nucleare confermati nel 1995 dal Trattato di non proliferazione delle armi nucleari, con la denuncia o il mancato rispetto di importanti accordi sul controllo degli armamenti, per lo più da parte degli Stati Uniti, o anche con l’attuazione del tutto insufficiente degli accordi di Minsk dopo il 2014.
Di chi sono queste parole? Di Russia Today? Del Papa? Di un terrapiattista?
Niente di tutto ciò: sono solo alcuni passaggi del manifesto dei “circoli della pace” della Spd, il principale partito di centrosinistra della Germania. Anche se i circoli non rispecchiano la linea ufficiale del partito, tra i (primi) circa 200 firmatari del manifesto figurano personalità del calibro di Rolf Mützenich (capogruppo della Spd al Bundestag dal 2019), Norbert Walter-Borjans (già segretario), Ernst Ulrich von Weizsäcker (presidente onorario del Club di Roma, nipote dell’ex Presidente della Repubblica Richard) e Hans Eichel (già Ministro delle Finanze). La tesi del documento: bisogna invertire la rotta e tornare a quel percorso di disarmo controllato e diplomazia (“progressivo ritorno alla distensione delle relazioni e alla cooperazione con la Russia”) che ha caratterizzato tutto il dopoguerra, fino ai primi anni ’90.
Non che Mützenich & co. siano un branco di gandhiani pronti a sdraiarsi sui binari della ferrovia o ad infilare garofani nelle canne dei fucili. Uno dei punti del manifesto recita: “Creare una capacità di difesa indipendente degli Stati europei che non dipenda dagli Stati Uniti. Fermare la corsa agli armamenti. La politica di sicurezza europea non deve basarsi sul principio del riarmo e della preparazione alla guerra, ma deve puntare a una capacità di difesa efficace. Abbiamo bisogno di forze armate difensive che proteggano senza creare rischi aggiuntivi per la sicurezza.” Ma secondo loro c’è una bella differenza tra creare una capacità difensiva europea ed esigere chi i paesi europei (ognuno per i fatti suoi) destinino almeno il 5% del Pil al riarmo con la logica del rimborso spese: basta che abbiate scontrini per il 5% per Pil, poi nessuno va a vedere cosa avete comprato.
Tesi tutto sommato ragionevoli, che dovrebbero incontrare ampio consenso? Assolutamente no. Tanto per cominciare, la Spd sta al governo insieme alla Cdu di Merz. Merz è quel signore che prima ancora di essere cancelliere ha spinto per far approvare dal parlamento dimissionario una riforma costituzionale per allentare il vincolo di bilancio sulle spese militari. Un giorno gli storici si chiederanno per quale nobile ed eccezionale ragione nell’Anno Domini 2025 la Germania, dopo decenni di strenua e a tratti ottusa difesa dei vincoli di bilancio, si sia risolta ad abbandonarli: per far fronte ad una grave crisi economica? Per combattere le conseguenze di un’epidemia senza precedenti? Per investire in uno stato sociale deficitario? No; per armarsi.
Infatti, una volta insediato, nel primo discorso ufficiale da cancelliere, Merz ha dichiarato di voler costituire “il più potente esercito d’Europa” (nientemeno). Poi per sgombrare il campo da eventuali dubbi residui, quando si è trattato di scegliere un ministro degli Esteri ha opportunamente selezionato Johann Wadephul – uno statista che, oltre a farsi abilmente coglionare dal solito duo di comici russi Vovan e Lexus (gli stessi che si spacciarono per funzionari dell’Unione Africana in una celebre telefonata con Giorgia Meloni), ebbe a dichiarare che la Russia, a suo modesto avviso, “sarebbe sempre stata un nemico e una minaccia per la sicurezza europea”. Vuoi che un diplomatico purosangue così non riesca a convincere Putin e Lavrov a trattare?
Infine, per passare dalle parole ai fatti, Merz ha deciso di stazionare truppe tedesche in Lituania “a tutela del confine orientale” – entro il 2026 dovrebbero consistere di 2.000 effettivi. Attività diplomatica non pervenuta.
Naturalmente la domanda che sorge spontanea è come faccia la Spd governativa del nuovo segretario Lars Klingbeil a convivere con un tale influente manipolo di pacifisti e, di riflesso, come faccia la große Koalition a far convivere una Spd con chiari (per quanto ancora minoritari) afflati pacifisti e una Cdu votata al riarmo. Il rischio è che prima o poi salti il tavolo, cosa quanto mai spiacevole perché si andrebbe a nuove elezioni. E a quel punto, quale partito sarebbe pronto a capitalizzare altri 3-4 anni di opposizione a politiche nazionali ed europee totalmente scriteriate e impopolari portando a casa non il 20, ma il 40%? Si troverebbe una potente macchina da guerra pronta, chiavi in mano, da usare per realizzare la sua nota politica di difesa: reintroduzione della leva obbligatoria pluriennale (!), opposizione alla costituzione di un esercito comune europeo, istituzione del corpo dei riservisti, ampio dispiegamento dell’esercito anche in attività di controllo dell’ordine interno e delle frontiere, riarmo, promozione dell’industria bellica, egemonia militare in Europa (poi uno si stupisce che, secondo le stime, circa il 6% degli iscritti a AfD provenga dai ranghi dell’esercito). Se vi sembra un film già visto, non siete gli unici.
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