A proposito di aggressori e aggrediti e della paura che le nostre società covano
- Postato il 16 giugno 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Dopo i raid Israeliani sull’Iran mi domando se la retorica insita nella frase fatta, pronunciata spesso con la r moscia di pragmatica, “aggvessori e aggvediti” sia ancora valida. Chi aggredisce chi? Se partiamo dagli scorsi giorni certamente sono gli israeliani che aggrediscono uno stato sovrano. Se guardiamo la storia scopriamo una inimicizia millenaria concretizzatasi in attacchi ripetuti da ambo le parti anche tramite milizie amiche. Soprattutto emerge una inquietante problematica psicologica: la paura che il nemico si riarmi porta all’idea di attaccarlo preventivamente. Il pensiero che emerge è che il nemico non deve dotarsi di armi che possano travalicare le mie capacità di difesa. Addirittura il nemico non può avere le mie stesse armi ma io devo mantenere il monopolio di un certo tipo di mezzo bellico.
Facciamo un esempio di fantasia. Caino aveva intagliato un bastone nodoso e con quello si aiutava nel cammino. Abele impaurito dalla possibilità che quel bastone venisse rivolto contro di lui voleva tagliare un grosso ramo per dotarsi a sua volta di un identico bastone. Caino, preventivamente, per timore che Abele, una volta fabbricato il bastone, potesse sopraffarlo decise che fino a che solo lui aveva il grosso bastone occorreva uccidere Abele. Se guardiamo alla realtà che ci circonda scopriamo che gli israeliani stanno attaccando l’Iran per timore che questo paese si doti della bomba atomica che ora, in quella zona del mondo, solo loro detengono. Fino a che, per ragioni storiche e comunanza culturale, noi non ci sentiamo minacciati da Israele, che in Medio Oriente appare più forte degli altri, tutto sembra filare liscio.
L’inquietudine emerge quando il nemico ha risorse maggiori delle nostre. La federazione russa ha a disposizione un arsenale atomico molto vasto. Aspetterà i cinque/dieci anni che l’Unione Europea si è data per riarmarsi? La retorica bellicista della Nato per cui il confronto con la federazione Russa è inevitabile non la spingerà a fare il ragionamento che nella fantasia abbiamo messo addosso a Caino? Farà breccia l’idea di attaccare ora fino a che ha la supremazia prima che il nemico (che siamo noi) si armi? Possiamo sentirci tranquilli perché, come recitano le regole Nato, nel caso di attacco gli Stati Uniti interverranno a difenderci? O invece dobbiamo temere l’imprevedibile Trump?
Tutte queste paure aleggiano nell’inconscio collettivo delle società occidentali che vedono sgretolarsi le certezze su cui, fino ad ora, avevano basato la loro relativa tranquillità.
Fortunatamente ognuno di noi attua una scissione emotiva. Da un lato quando pensa alla situazione internazionale si sente teso. Dall’altra nel suo particolare si comporta come sempre evitando di riflettere e facendo finta che non stia succedendo nulla. In effetti nei luoghi di lavoro o nelle famiglie scorre il solito tran tran. Esiste però una differenza che in certi contesti appare sempre più evidente: la rabbia serpeggia nella popolazione. Negli ospedali i pazienti aggrediscono i sanitari, a scuola le insegnanti vengono bersagliate, se emerge un disservizio tutti pronti a reagire in malo modo. Per non parlare degli atti di violenza che la cronaca nera ci propina. Molte persone stanno chiuse nelle loro case con atteggiamenti di paranoia verso il prossimo che viene vissuto come pericoloso.
Insomma la paura, come sempre è stato, quando diviene elemento cronico e diffuso nella popolazione si tramuta facilmente in rabbia, paranoia e chiusura verso il prossimo.
Per sconfiggere le guerre noi cittadini non abbiamo molti strumenti. Possiamo partire dallo sconfiggere dentro di noi la paura dell’altro. Non è vero che tutti i nostri vicini sono un pericolo per noi. Non è neanche vero che la Russia con 150 milioni di abitanti abbia la volontà di invadere l’Europa ove ne vivono 450 milioni. Dobbiamo sconfiggere in noi la paranoia e cercare di scegliere politici che non la alimentano.
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