Bce fa l’oste, le banche pasteggiano. Ma a pagare è sempre Bankitalia (cioè noi)
- Postato il 19 aprile 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Sembra una barzelletta, ma è tutto vero: la Bce distribuisce miliardi di interessi alle banche europee che depositano i loro soldi. Anche le banche italiane ci guadagnano, è vero. Ma c’è un dettaglio che cambia tutto: a pagare questi interessi è la Banca d’Italia, che spende molto più di quanto incassa. Il risultato? Le banche festeggiano, mentre Bankitalia — e quindi lo Stato italiano — finisce in perdita. In pratica, l’Italia apparecchia, le banche si servono, e poi tocca a noi sparecchiare e pagare il conto.
E’ il meccanismo dell’Eurosistema che si evince analizzando il bilancio annuale di Bankitalia.
Le banche francesi e tedesche depositano nella Bce una montagna di soldi, più di tutti gli altri. E per questi depositi ricevono ogni anno un bel premio: interessi generosi, pagati proprio dalla Bce. In pratica, più soldi parcheggiano lì, più soldi ricevono indietro. È un po’ come se andassimo tutti a cena fuori, ognuno ordinasse quello che vuole, ma alla fine il conto si dividesse a testa: Francia e Germania prendono aragosta e champagne, l’Italia una pizza margherita. Ma paghiamo tutti uguale.
E Bankitalia? Nel 2023, la Banca d’Italia ha perso 7,4 miliardi di euro. Perché? Perché deve pagare interessi alle banche italiane che lasciano i loro soldi “in deposito” presso Bankitalia. È come se la banca centrale italiana fosse un grande parcheggio per soldi: le banche lasciano lì il loro denaro e si aspettano un premio. Ma c’è un problema: Bankitalia ha incassato meno di quanto ha dovuto pagare. In parole povere, ha speso più di quanto ha guadagnato. Quindi è andata in perdita. Mentre le banche tedesche e francesi incassano premi dalla Bce, la nostra banca centrale si impoverisce anche per accontentare le banche italiane.
Nel frattempo lo Stato italiano, per finanziare scuole, ospedali, pensioni e tutto il resto, vende titoli di Stato, cioè chiede soldi in prestito a banche e investitori, promettendo di restituirli con gli interessi (es. 3-4% l’anno). E indovina un po’? Una parte di questi titoli viene comprata proprio dalle banche francesi o tedesche. Quindi lo Stato italiano prende soldi in prestito da loro… e poi, tramite la Bce, gli versa anche altri soldi come premio per i depositi che queste stesse banche tengono nella banca centrale. Risultato? Paghiamo due volte. Una come contribuenti italiani, con gli interessi sui titoli di Stato. L’altra come membri dell’Eurosistema, aiutando la Bce a premiare le banche estere.
Questa situazione, oltre a essere profondamente ingiusta, non può reggere nel tempo. Se non si interviene, l’Italia rischia di restare sempre quella che paga il conto senza mai sedersi davvero al tavolo. Ma una via d’uscita è possibile, a patto che si affronti il problema con serietà, sia a livello politico che tecnico. Una prima direzione potrebbe essere la riforma delle regole della Bce, immaginando un meccanismo che limiti o almeno compensi gli effetti squilibrati della remunerazione delle riserve. In parole semplici, se oggi chi deposita grandi somme riceve anche grandi interessi, si potrebbe pensare di redistribuire una parte di quei guadagni tra tutti i membri dell’Eurosistema, oppure di fissare un tetto massimo per evitare eccessi.
Un’altra strada sarebbe quella di creare un coordinamento tra i Paesi più penalizzati, come l’Italia ma anche altri membri dell’eurozona che vivono la stessa disparità. Un fronte comune, come quello che si forma tra condomini che contestano una spesa ingiusta, avrebbe certamente più forza nelle sedi europee. Infine, andrebbe affrontato il tema degli squilibri attraverso strumenti finanziari concreti: l’uso dei fondi strutturali europei, ad esempio, potrebbe servire a bilanciare le perdite subite dalle banche centrali meno forti. È come in una famiglia dove uno dei fratelli guadagna meno ma partecipa ugualmente alle spese: in questi casi, un piccolo aiuto o un bonus può rendere più giusta la convivenza.
Continuare così significa che ogni anno una parte del nostro denaro pubblico va a ingrassare i conti delle banche, mentre noi tagliamo sulla sanità, sulla scuola e sulle infrastrutture. Cambiare rotta non sarà facile, ma è possibile. A patto che la politica smetta di girarsi dall’altra parte e che i cittadini inizino a capire che anche dietro parole come “riserve” o “titoli di Stato” c’è la loro vita quotidiana.
Buona Pasqua a tutti!
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