Arte pubblica nelle Langhe. Dietro c’è la storia personale dell’artista kosovaro Petrit Halilaj
- Postato il 4 ottobre 2025
- Arte Contemporanea
- Di Artribune
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“Tanti anni fa io ho fatto un regalo a Petrit, nel suo Paese: dopo tanti anni il bene che io ho fatto, mi è stato restituito a Dogliani con tanto di interesse, grazie”. Sono parole del sindaco di Dogliani, Claudio Raviola, che subito dopo la guerra nei Balcani nel 1999 si è recato in un campo profughi in Albania a portare matite colorate e quaderni ai bambini per permettergli di disegnare un mondo migliore. In quel campo c’era l’artista kosovaro Petrit Halilaj, allora tredicenne, sfuggito al conflitto in Kosovo. Ora quella storia si materializza nella nuova opera permanente Abetare (un giorno a scuola), 2025. Disegni e scarabocchi dei banchi delle scuole di Dogliani e dei Balcani. È realizzata nell’ambito della seconda edizione del progetto di arte pubblica Radis, promosso dalla Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT, ente “art oriented” della Fondazione CRT, in collaborazione con la Fondazione CRC, e si inaugura il 5 ottobre alla Borgata Valdibà di Dogliani (Cuneo).
Chi è Petrit Halilaj
Petrit Halilaj (Kostërrc, 1986), da bambino kosovaro diventa, a causa della guerra nell’ex-Jugoslavia, un rifugiato in un campo profughi italiano in Albania. Da qui, grazie ad Angelo Poli, uno psicologo di Mantova che comprende la forza dei suoi disegni infantili, giunge in Italia per studiare diplomandosi a Brera e da allora si avvia la sua brillante carriera artistica, che lo porta a risiedere a Berlino e a insegnare all’Università a Parigi. Ora inaugura quest’opera nelle Langhe: “È bello portare questo lavoro qua, legato al progetto Abetare che seguo ormai da 10 anni, però è la prima volta che diventa permanente, come arte pubblica”, racconta l’artista che spiega il procedimento della sua creazione. “Il processo di raccolta del materiale per le opere della serie Abetare comporta l’esame di un’enorme quantità di disegni, in particolare quelli lasciati dai bambini sui banchi di scuola che provengono dal Kosovo, dai Balcani e ora anche da Dogliani. Racchiudono verità che spesso gli adulti non riescono a esprimere. Sono crude, tenere e coraggiose, scintille d’inventiva e libertà. Mi ricordano che l’arte può essere una forma di sopravvivenza, ma anche di gioco”.











La scultura-gioco Petrit Halilaj a Borgata Valdibà di Dogliani (Cuneo)
L’installazione a Dogliani è una scultura in acciaio inox patinata in bronzo (per essere più resistente e permettere, a chi vuole, di scalarla grazie ai ganci per appendersi) che traduce i disegni dei bambini e delle bambine, tracciati sui banchi di scuola in Kosovo. Ma anche all’interno dell’ex scuola che fino agli Anni ’60 dava istruzione ai piccoli abitanti di questa borgata delle Langhe, in aperta campagna, e ora non c’è più: al suo posto c’è la scultura-gioco, a forma di casetta stilizzata, con un sole sorridente, una papera e altri simboli, animaletti e piante. “Quando sono venuta a Dogliani la prima volta cercavo un posto che non fosse la classica piazza, il classico belvedere ma che fosse un posto con una storia fuori dai canoni”, racconta la curatrice del progetto Radis, Marta Papini. “In questo luogo c’era una scuola in disuso e aveva all’interno degli arredi dei banchi e il primo pensiero quando li ho visti è andato proprio a Petrit Halilaj e al suo lavoro a ‘Abetare’ che è una serie di opere basata sui disegni trovati sui banchi di scuola in una ricerca decennale che lui ha fatto nei Balcani, in cui ha archiviato centinaia e centinaia di disegni incisi e scarabocchiati dai bimbi di tante generazioni diverse, di tante geografie diverse”.

La mostra collettiva nella chiesetta panoramica sopra Dogliani
Domenica 5 ottobre, insieme all’opera di Petrit Halilaj ci sarà anche l’inaugurazione, nella Chiesetta del Ritiro della Sacra Famiglia di Dogliani, della mostra collettiva Tutto ciò che tocchi cambia. Tutto ciò che cambi, ti cambia, sempre a cura di Marta Papini, che accoglierà opere dalle collezioni della Fondazione Arte CRT e della Fondazione CRC, con l’intento di restituirle alla visione della collettività del territorio piemontese. Il riferimento al romanzo distopico di Octavia E. Butler La parabola del seminatore, il cui incipit dà il titolo alla mostra, è ispirato da Notes for recovery (hold) di Nolan Oswald Dennis, una delle opere in mostra. La mostra offre una riflessione sull’arte come strumento di speranza e di apertura verso il futuro, attraverso la selezione di opere di Marina Abramović, Sol Calero, Chiara Camoni, Bracha L. Ettinger, Dorothy Iannone e Nolan Oswald Dennis, che toccano questi temi declinandoli in molteplici prospettive.
Claudia Giraud
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