Anche su Garlasco siamo spinti a tifare l’uno o l’altro: per alcuni spettatori tv diventa quasi una dipendenza
- Postato il 29 ottobre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Ed eccomi qui, come tutti, a parlare di Garlasco dopo che da anni mi sono prefissato di cercare di non guardare le cronache giudiziarie. Ritengo, infatti, che il compito dei giudici sia molto complesso e difficile. Se i giornalisti e l’opinione pubblica intervengono determinano solo dei danni provocando un inquinamento della serenità del giudice, che non deve essere sottoposto a pressioni da parte del popolo (vedi cosa è successo fra Barabba e Gesù).
Eppure oggi voglio parlare della situazione psicologica che si sta determinando, per cui in continuazione troviamo trasmissioni che ci vogliono indurre a parteggiare per l’uno o per l’altro. Due fazioni rivali come se dovessimo divenire tifosi della colpevolezza di un ragazzo condannato o di uno incriminato. Questi dibattiti televisivi si nutrono del narcisismo di vari personaggi che mostrano attraverso le comparsate e i “commenti fuffa” tutta la loro pochezza ma che per un quarto d’ora di notorietà chissà cosa farebbero. Lo spettacolo è inverecondo, impudico e a mio avviso anche al limite della legalità. Però attira le visualizzazioni degli utenti.
Siamo noi spettatori della televisione che stiamo a guardare. Perché? Possibile che non capiamo che si tratta di disquisizioni sul nulla, che non portano a nulla e che invece di aiutare la ricerca della verità determinano un calderone di punti di vista cervellotici fra cui appare impossibile trovare un barlume di realtà?
Assistiamo alla saga del narcisismo di giudici che non dovrebbero parlare, di avvocati che per tutelare i loro clienti dovrebbero stare zitti, consulenti che forse non sono così esperti come millantano. Eppure sono lì tutti i giorni a disquisire sul nulla mostrando, al contempo, l’imputridimento della giustizia che fa trapelare notizie quando sarebbe tenuta al silenzio. Lo spettacolo raccapricciante piace, attira.
Qui entra la mia esperienza come psichiatra. Sbirciare le parti sgradevoli degli altri è piacevole perché inconsapevolmente offre a ognuno di noi un miglioramento dell’autostima. In particolare proviamo curiosità nel vedere fino a che punto ci si possa degradare, mista a sollievo perché noi non siamo implicati e, infine, senso di forza perché ci sentiamo superiori. Gli etologi ci dicono che lo sguardo sul degrado altrui ha un significato evolutivo in quanto l’uomo primitivo per sopravvivere doveva conoscere le schifezze degli altri per riuscire a evitarle. Osserviamo, quindi, il degrado del giornalista che per aumentare le visualizzazioni espone in modo impudico il “testimone” o “esperto” che non ha nulla da dire ma vuole apparire nel suo narcisismo malato.
Il sentimento di gioia per la disgrazia altrui è un’emozione che avviene spontaneamente e non può essere tenuta sotto controllo dalla razionalità. La parte cosciente può mitigarla o fare in modo che non agiamo seguendo le sollecitazioni che questa emozione ci vorrebbe indurre, ma non può escluderla dalla nostra mente. Ridiamo spontaneamente se una persona fa una figuraccia, proviamo sollievo se un collega fallisce nei suoi progetti e godiamo in segreto se qualcuno, che si dava arie o era in posizioni di potere, ha una disgrazia. Da un punto di vista neurologico alcune aree cerebrali, legate al senso del piacere, si attivano nel momento in cui proviamo la gioia per la disgrazia altrui. Qui entra in gioco il fascino del proibito per cui tutto ciò che è tabù, intriso di mistero e tensione, associato all’idea dell’abisso umano dell’omicidio, suscita inizialmente paura e sorpresa per poi sfociare nel sollievo e catarsi.
Alcune persone con cui ho parlato in questi ultimi mesi mi hanno confessato che non vorrebbero guardare queste trasmissioni ma non riescono a smettere. Si tratta di una sorta di dipendenza. Assomiglia alla dipendenza dalla pornografia, in particolare di quella in cui vi siano aspetti degradanti nei partecipanti all’attività sessuale. Osservare da vicino il dolore, il degrado, la perversione è un modo per avvicinarsi all’abisso del nostro “Io inconscio” stando però al sicuro sul nostro divano di casa.
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