Almeno per un giorno, in Italia, ha comandato la gente

  • Postato il 6 ottobre 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Siamo contenti per gli amici che sono ancora vivi, però hanno vinto i cattivi, la strage continua, non ci sono più barche a mare. Gli uomini della pace – i Rabin, gli Arafat – sono morti da tempo. Comandano i Netanyahu, gli Hamas, i Trump, i Putin, i dittatori. I diritti, dice il nostro governo, valgono fino a un certo punto. Non c’è più la democrazia: questa è l’unica cosa chiara che c’è. Ma la democrazia comincia ora.

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L’Italia nel dopoguerra ha avuto quattro precisi momenti di democrazia. Il primo momento è il 1968, gli operai dal sud salgono al nord, si uniscono, conquistano, lottano per vari anni. Questo è stato il primo momento.

Poi, nel ‘74, il divorzio. Molto più di una legge; le donne che si svegliano, soprattutto al sud. Le ragazze spavalde di oggigiorno sono figlie di allora.

Il terzo momento è il ‘92-93 ed è sotto il nome di Falcone e Borsellino.

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Operai che gridano in siciliano e in torinese. Cortei di donne a Roma. Folle di siciliani antimafia a Palermo. Tre momenti cosi dentro la Repubblica.

Il quarto momento è ieri, il tre ottobre del venticinque. I primi tre momenti erano stati gli operai, le donne, l’antimafia, il sud. Questo quarto momento è la generazione, i giovani, le scuole. Le scuole si sono aperte e ne è uscita l’Italia. Gli studenti e i sindacati finalmente uniti, come tanti anni fa.

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Ecco, sono altre facce, ma sono le stesse facce che riconosciamo. Miracolosamente tutto ciò succede senza particolari disordini, con dignità e autocontrollo. Un gruppo invade un ufficio Fiat: poi i dirigenti contano i danni, un computer e alcuni mobili, circa ottomila euri di valore. Tutta questa grande rivoluzione, tutta questa giornata là è dunque costata cosi tanto,,,

E’ stata una giornata popolare, una giornata civile. Una giornata democratica. Una democrazia che comincia ora.

Non sappiamo come sarà, però sarà una bella democrazia. Tornano i sindacati. La gente che parla, ci sono i giovani, ci sono i vecchi. Non c’è più un governo, sostanzialmente. Ci sono dei ministri che minacciano, che gridano qua e là. Ma tutti sappiamo che ormai non comandano più.

Comandano i dittatori lontani, ma qui da noi almeno per un giorno ha comandato la gente. Se vogliamo proprio usare la parola, il popolo. Vi ricordate? “l’Italia, è una repubblica”, eccetera. Ecco, per un giorno queste parole sono state vere.

Non sappiamo, adesso. che cosa bisognerà affrontare. Le cose che andranno bene, le cose che andranno male. Ma sicuramente adesso comincia a esserci di nuovo una democrazia. Sembrano parole strane, proprio ora. Ma come? L’America, la Russia, Putin, Trump, Netanyahu… Non stanno vincendo loro?

Avete anche ragione, sono parole strane. Ma provate a risentirle tra quattro, cinque, sei anni. E non vi sembreranno più strane. “Faremo una repubblica, non ci sarà più il duce, non ci sarà più il re”: anche questo sembrava strano, una volta. Eppure…

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Nel nostro paese c’è in particolare aspetto che appartiene unicamente a noi ed è la mafia. Ma c’è stata anche un’antimafia, molto a lungo. Il penultimo momento di democrazia è stato proprio questo. Falcone e Borsellino? Sì, ma anche migliaia di giovani, di sconosciuti, di persone comuni. I giovani di allora adesso sono grandi, alcuni addirittura vecchi. Ma ricordiamo perfettamente com’è andata. La mafia si allargava dappertutto, e bisognava fermarla. Ci siamo riusciti per un po’, a far vedere che era possibile un paese senza mafia. Ci siamo andati vicini. La prossima volta forse ci riusciremo. Se le prossime giornate saranno come questa, probabilmente sì.

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Questa è una faccenda che tocca ciascuno di noi. È una questione di serietà, di organizzazione. Il tre ottobre è stata una giornata seria: un popolo che scende in prima persona per ottenere quello che vuole. Forse lo otterrà e forse no, però ci prova. Abbiamo combattuto quarant’anni contro i nostri mafiosi. Adesso combattiamo contro criminali molto più grossi: governano, invadono, bombardano, fanno stragi. Vincerli è più difficile. Ma col tempo si può fare.

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Tra le tante città che hanno manifestato c’è Bologna, che forse è la capitale dei giovani. In piazza c’è un muro in cui sono incollate un migliaio di foto in bianco e nero, vecchie fototessere, e sono i partigiani, le loro foto. I partigiani non hanno un monumento, non erano così importanti da farci un monumento, erano persone comuni come noi. Hanno solo una foto attaccata al muro ma quella foto e quel muro è il cuore della città più civile e più repubblica d’Italia.

I ragazzi ci passano davanti, alle volte si seguono sui gradini e chiacchierano tra di loro, alle volte non hanno tempo di sedersi perché devono passare, fare il corteo, difendere la libertà e fare la democrazia.

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Un giorno metteremo anche altre foto su quel muro. Cinquecento persone di ogni angolo del mondo, venute in mare per difendere altri esseri umani. Di loro, cinquanta sono italiani. Questi cinquanta italiani sono quelli che hanno salvato l’Italia, il nome dell’Italia, l’onore – parola stramba, che si usa ogni molti anni solamente – l’onore di questo nostro paese.

Metteremo le foto sui muri e ogni tanto i ragazzi che passano si fermeranno là sotto a chiacchierare tra di loro. Tutto qua, non serve altro.

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O forse sì. Il nostro presidente Mattarella ha detto delle parole su di loro. Possiamo anche non condividerle tutte, però lui ha lodato i nostri marinai, ha detto che questi nostri cittadini partiti in nave avevano ideali grandi e buoni. A noi piacerebbe moltissimo, quando tornerà la democrazia, se volesse riceverli, a uno a uno, nel suo palazzo. Piacerebbe anche a lui, probabilmente.

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Il Fatto Quotidiano

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