Alfred Lichtenstein, Congedo a 25 anni (Traduzione di Stefanie Golisch)

  • Postato il 5 settembre 2025
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Nell’agosto del 1914, gran parte dell’intellighenzia letteraria tedesca partecipò alla “mobilitazione spirituale” per la Prima Guerra Mondiale. “I cuori dei poeti erano in fiamme”, scriveva all’epoca il fervente sostenitore della guerra Thomas Mann. Al contrario, il poeta espressionista Alfred Lichtenstein (1989-1914) smontò con acuto scherno il mito della morte da eroe sul campo di battaglia.

Lichtenstein, un giovane giurista berlinese, utilizzava virtuosamente un linguaggio asciutto, superando in un brevissimo arco di tempo ogni forma di retorica tradizionale. Come se avesse saputo di non aver molto tempo a disposizione, concentrò le sue forze sull’essenziale: cosa si può dire dell’uomo quando la sua vita viene ridotta ad un’arma di guerra? Quando il mondo intorno si scatena contro ogni forma di vita, contro la vita stessa? Molti dei suoi coetanei, succubi della massiccia propaganda bellica, non furono in grado di immaginare la carneficina che avrebbe spazzato via in poco tempo “il mondo di ieri”, per dirlo con le parole dello scrittore Stefan Zweig, ma Lichtenstein sì.

Nella sua poesia “Congedo”, scritta all’indomani della partenza per il fronte, egli parla dei “tredici” giorni che gli sarebbero probabilmente rimasti. In realtà, furono cinquantacinque. Il 25 settembre 1914, Alfred Lichtenstein cadde a Vermandovillers, sul fronte occidentale. Aveva appena compiuto 25 anni.

S. G.

Die Plagiatoren

Ein jeder ist ein Teil vom Schicksal andrer,
Die vor ihm waren und die um ihn gehen,
Die auch nur einmal, eilge Weiterwandrer
Den Weg ihm kreuzend, flüchtig bei ihm stehen.

Sie kommen, kommen ohne Zweck und Sinn,
Entfernen sich mit leichtem Wandrerschritt.
Sie bringen alle etwas zu ihm hin.
Sie nehmen alle etwas von ihm mit.

*
I plagiari

Ognuno fa parte del destino dell’altro,
Di quelli prima di lui e di quelli presenti
Che, forse, incrociano la sua strada
Una volta sola, fermandosi un attimo appena.

Vengono, vengono senza scopo né fine,
E se ne vanno con il leggero passo del viandante.
Tutti portano qualcosa da lui.
Tutti portano via qualcosa di lui.

***

Die Dämmerung

Ein dicker Junge spielt mit einem Teich.
Der Wind hat sich in einem Baum gefangen.
Der Himmel sieht verbummelt aus und bleich,
Als wäre ihm die Schminke ausgegangen.
Auf lange Krücken schief herabgebückt
Und schwatzend kriechen auf dem Feld zwei Lahme.
Ein blonder Dichter wird vielleicht verrückt.
Ein Pferdchen stolpert über eine Dame.
An einem Fenster klebt ein fetter Mann.
Ein Jüngling will ein weiches Weib besuchen.
Ein grauer Clown zieht sich die Stiefel an.
Ein Kinderwagen schreit und Hunde fluchen.

*
Il crepuscolo

Un grasso bambino gioca con uno stagno.
Il vento si è impigliato in un albero.
Il cielo sembra trasognato e pallido,
Come se avesse esaurito i trucchi.
Piegati su delle lunghe stampelle
Strisciano due storpi sul campo chiacchierando.
Un biondo poeta sta forse diventando matto.
Un cavallino inciampa su una signora.
Su una finestra è appiccicato un grasso uomo.
Un ragazzino cerca una donna morbida.
Un grigio pagliaccio sta indossando gli stivali.
Un passeggino strilla e dei cani bestemmiano.

***
Die Granate

Zuerst ein heller knapper Paukenschlag,
Ein Knall und Platzen in den blauen Tag.

Dann ein Geräusch, wie wenn Raketen steigen.
Auf Eisenschienen. Angst und langes Schweigen.

Da plötzlich in der Ferne Rauch und Fall.
Ein seltsam harter dunkler Widerhall.

*
La granata

Prima un colpo di timpano,
Uno scoppiare ed esplodere nella giornata blu.

Poi un rumore, come se si alzassero dei razzi.
Sui binari di ferro. Paura e lungo silenzio.

All’improvviso, in lontananza, fumo e caduta,
uno strano duro oscuro rimbombare.

***

Der Sohn

Mutter, halte mich nicht,
Mutter, dein Streicheln tut weh,
Sieh durch mein Gesicht,
Wie ich glüh und vergeh.

Gib den letzten Kuss. Lass mich frei.
Schick mir Gebete nach.
Dass ich dein Leben zerbrach,
Mutter, verzeih.

*
Il figlio

Madre, non tenermi,
Madre, le tue carezze mi fanno male,
Guarda nel mio viso,
ardente me ne sto andando.

Dammi l’ultimo bacio. Lasciami libero.
Mandami preghiere.
Che io abbia spezzato la tua vita,
Madre, perdonami.

***

Abschied

Kurz vor der Abfahrt zum Kriegsschauplatz
Vorm Sterben mache ich noch mein Gedicht.
Still, Kameraden, stört mich nicht.
Wir ziehn zum Krieg. Der Tod ist unser Kitt.
Oh; heulte mir doch die Geliebte nit. –
Was liegt an mir. Ich gehe gerne ein.
Die Mutter weint. Man muß aus Eisen sein.
Die Sonne fällt zum Horizont hinab.
Bald wirft man mich ins milde Massengrab.
Am Himmel brennte das brave Abendrot.
Vielleicht bin ich in dreizehn Tagen tot.

*
Congedo

Poco prima della partenza per il teatro di guerra
Prima di morire, io, ancora, faccio poesia.
Silenzio, camerati, non disturbatemi.
Stiamo partendo per la guerra. La morte è il nostro mastice.
Se solo la mia amata non piangesse tanto. –

Cosa conto io? Muoio volentieri.
La madre piange. Bisogna essere di ferro.

Il sole cade nell’orizzonte.
Presto mi butteranno nella soave fossa comune.

Nel cielo brucia il buon rosso di sera.
Tra tredici giorni forse sarò morto.

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