Abuso d’ufficio, Consulta: “Abolizione legittima, ma lascia vuoti di tutela. La politica sarà responsabile degli effetti”
- Postato il 3 luglio 2025
- Giustizia
- Di Il Fatto Quotidiano
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L’abrogazione dell’abuso d’ufficio ad opera della legge Nordio ha lasciato “indubbi vuoti di tutela penale“. Ma l’impatto delle sue conseguenze “è questione che investe esclusivamente la responsabilità politica del legislatore, non giustiziabile innanzi a questa Corte al metro dei parametri costituzionali e internazionali esaminati”. Lo scrive la Corte costituzionale nelle motivazioni della sentenza con cui lo scorso 8 maggio ha respinto le questioni di legittimità sollevate dalla Cassazione e da 13 giudici di merito, giudicando la cancellazione del reato non in contrasto con la Carta né con la Convenzione Onu di Merida contro la corruzione, sottoscritta dall’Italia. Nelle conclusioni del provvedimento redatto dal giudice Francesco Viganò (professore di Diritto penale all’Università Statale di Milano, nominato nel 2018 dal presidente della Repubblica) si trova però un preoccupato monito sugli effetti della legge, “emblematicamente illustrati” – si legge – “dalle vicende oggetto dei 14 giudizi” portati di fronte alla Consulta: si va dal sequestro illegale disposto da una pm al tentativo di truccare il concorso in magistratura, fino alle “concorsopoli” universitarie in cui i bandi vengono aggiustati per assumere i candidati prescelti. Tutte fattispecie che adesso, grazie alla legge voluta dal ministro della Giustizia, non costituiscono più reato.
Tuttavia, la Corte “ritiene di non poter sindacare la complessiva efficacia del sistema di prevenzione e contrasto alle condotte abusive dei pubblici agenti risultante dall’abolizione del delitto di abuso d’ufficio, sovrapponendo la propria valutazione a quella del legislatore”. Infatti, riassume il comunicato dell’ufficio stampa, i giudici hanno escluso che dalla Convenzione di Merida “possa ricavarsi un obbligo di prevedere come reato le condotte di abuso di ufficio, reato che peraltro non è uniformemente presente in tutti gli ordinamenti penali degli
Stati firmatari”.
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