A Shanghai apre la CHEREBY House tra arte e moda. Intervista alla fondatrice
- Postato il 20 settembre 2025
- Arti Visive
- Di Artribune
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Collezionista e mecenate con base a Shanghai, Cherry Xu lavora all’intersezione tra arte contemporanea e moda, concentrandosi su pratiche che mettono in discussione le gerarchie culturali e intrecciano linguaggi e discipline diverse. Nel 2023, durante una residenza come collezionista alla Delfina Foundation di Londra, ha elaborato il piano strategico per istituire a Shanghai una nuova realtà culturale indipendente: CHERUBY, una piattaforma dedicata alla ricerca e alla produzione sperimentale. Dopo due anni di preparazione, CHERUBY inaugurerà il suo spazio principale l’8 novembre 2025 con una mostra dell’artista e designer messicana Bárbara Sánchez-Kane (Mèrida, Messico, 1987), prima residente ufficiale del programma.
Situata nel distretto di Jing’an a Shanghai, nel cuore della storica ex Concessione Francese, CHERUBY House ha sede in un edificio del 1939, un tempo dimora del banchiere e bibliofilo Ye Jingkui, fondatore della United Library è stato una figura centrale nella tutela del patrimonio culturale cinese. Lo spazio, accanto alla storica United Library, ospiterà residenze, mostre, e programmi di ricerca con un approccio sperimentale con l’obiettivo di nutrire un ecosistema culturale transdisciplinare, connesso tanto al contesto locale quanto a quello internazionale.

Intervista a Cherry Xu, creatrice di CHERUBY
I nomi sono spesso il primo manifesto di un’identità. Come sei arrivata alla scelta di CHERUBY? Quali valori o immagini volevi evocare?
Il nome nasce come riferimento a Cherubi, un personaggio dei Pokémon. Evoca una figura ibrida che unisce gioco, nostalgia, identità, contaminazione tra élite e cultura pop, Oriente e Occidente, design e pratiche artistiche. Allo stesso tempo, ha anche un valore personale, un neologismo ibrido tra Cherry, il mio nome e Ruby – rubino in inglese – che simboleggia qualcosa di raro e prezioso. Un progetto a cui tengo profondamente, con lo stesso senso di valore e cura.
Dal 2020 hai sostenuto artisti e designer, ponendo le basi del progetto. Ci racconti questo periodo di preparazione, con chi hai lavorato e come si è evoluta l’idea di fondare CHERUBY?
Nel 2020 ho iniziato a collezionare opere che si collocavano nell’intersezione tra arte e moda: lavori di artisti emergenti che esplorano l’abbigliamento, l’identità, la performance o la materia in modi sperimentali. Mi sono interessata sempre di più ai significati stratificati dietro alle esposizioni, alle collaborazioni e alle commissioni con designer e artisti. Gli studi di belle arti fatti all’estero, e il mio ritorno a Shanghai, mi hanno aiutata a individuare cosa mancava, quali i sistemi di supporto necessari e quali dialoghi interculturali o interdisciplinari andavano avviati. Poi la residenza per collezionisti intrapresa alla Delfina Foundation, a Londra nel 2024, ha ulteriormente ampliato il mio sguardo, mostrando come ricerca, studio e residenze possano contribuire alla costruzione di ecosistemi creativi e duraturi.
Nel vostro modello, il lavoro su commissione assume un ruolo centrale. Come immaginate che questo approccio possa incidere sul processo creativo e sulle relazioni tra artista, istituzione e pubblico?
Lavorare su commissione dà spazio al rischio e alla sperimentazione, rispetto alla mera presentazione di opere finite. Con CHERUBY House vogliamo offrire ad artisti, designer e creativi, tempo, risorse e supporto curatoriale. Promuoviamo un contesto in cui possano sviluppare il proprio pensiero, produrre opere in un ambiente nuovo e offrire un contributo rilevante a un programma orientato all’innovazione. Come istituzione internazionale, ci interessa capire come un’esperienza immersiva a Shanghai possa stimolare nuovi modi di osservare e interagire con il mondo. Le opere commissionate, con i loro processi unici, ci permettono di esplorare, insieme agli artisti, un’infinità di sfumature culturali e di mettere in discussione le strutture convenzionali che regolano la curatela della moda e dell’arte
Com’è composto il team curatoriale di CHERUBY? Quali competenze e visioni guidano la programmazione dello spazio?
Il nostro team curatoriale è composto da figure con background diversi, dalla storia dell’arte alla moda e al design, dalla teoria critica alla produzione. A breve annunceremo il direttore. L’obiettivo è costruire ponti tra prospettive culturali locali e globali, rispecchiando ciò che accade a Shanghai, in Asia e fuori da qui. Sottolineiamo spesso che collaboriamo con “professionisti del settore”, non solo artisti o designer. Stiamo valutando di includere anche curatori e scrittori nelle nostre residenze, siamo curiosi di vedere che visioni porteranno sia a noi che alla città.
L’arte alla CHERUBY House
Lo spazio inaugura con una residenza e una mostra personale dell’artista Bárbara Sánchez-Kane. Puoi raccontarci meglio come è avvenuta questa scelta? E che tipo di dialogo vuo instaurare?
La pratica di Bárbara Sánchez-Kane tocca molti temi fondamentali per CHERUBY: identità, performance, genere e sessualità, la moda intesa come materia e narrazione. Il suo lavoro mette in discussione le costruzioni culturali legate alla mexicanidad e apre un dialogo su come cultura, identità nazionale, genere e abbigliamento siano intrecciati. Come prima artista in residenza, stabilisce un tono preciso, CHERUBY House intende porre domande difficili, non vuole solo esporre oggetti belli. Non si tratta solo di estetica, ma di chi siamo e di come scegliamo di mostrarci.

A seguire, nel 2026, la residenza sarà affidata all’artista multidisciplinare Tanat Teeradakorn. Cosa ti ha spinto a selezionarlo? Quali aspetti della sua ricerca interessano la visione di CHERUBY?
Tanat lavora tra suono, performance, testo, stampa e installazione. Media diversi che riflettono il modello ibrido che CHERUBY intende sostenere. Il suo lavoro non riguarda solo la moda, ma anche narrazione, identità, materialità, spazio pubblico ed esperienza sensoriale. Mi interessano artisti e designer che attraversano diverse discipline e culture. Il lavoro di Tanat prosegue in questa direzione e offre l’occasione per esplorare nuove forme di interazione con il pubblico.

Uno dei concetti chiave che guida CHERUBY è il superamento delle gerarchie culturali tradizionali. In questo senso i discorsi intorno all’abito e alla moda hanno una capacità di guidare il cambiamento in un modo più rapido rispetto all’arte visiva? La moda è immediata, visibile e parte della quotidianità. È un linguaggio che tutti parlano, anche se non lo chiamano arte. I vestiti sono intimi, influenzano come ci vediamo e come ci presentiamo. Quindi, aprire un discorso attorno alla moda permette di affrontare velocemente temi come visibilità e valore, in modi che l’arte, intesa in senso tradizionale, spesso non riesce a fare con la stessa rapidità. È uno strumento molto potente. Shanghai è una città in rapido cambiamento, con una rete enorme di operatori nel campo della moda e dell’arte, tanto vasta da sembrare quasi travolgente. Il pubblico qui è profondamente connesso al tessuto culturale urbano, e questo rende tutto molto stimolante ma anche complesso. Non cerchiamo cambiamenti superficiali o improvvisi: siamo convinti che il contributo dei nostri residenti e collaboratori plasmerà il discorso in modo autentico. Crediamo nella forza della comunità, e siamo certi che, coltivando queste relazioni, il cambiamento avverrà in modo naturale.
La moda nella visione di Cherry Xu alla CHERUBY House
Quali potenzialità vedi nella moda come linguaggio critico e narrativo, soprattutto nel confronto con l’arte contemporanea?
La moda offre metafore, gesti e un senso del tempo. Può essere una performance da indossare, può essere archivio, può codificare l’identità. Il dialogo con l’arte, aggiunge dimensioni spesso trascurate: il corpo, la materia, il commercio, la cultura visiva. Permette conversazioni stratificate su cultura, potere, memoria e identità, tutte questioni sia fisiche che concettuali.
Qual è, secondo te, il ruolo della moda nella costruzione di comunità e nell’attivazione di nuovi pubblici culturali?
Vorrei che CHERUBY fosse un luogo dove artisti e designer si incontrano in studio, collaborano, si contaminano a vicenda e condividono le proprie pratiche. A volte significa che i designer imparano dalla performance o dall’installazione; altre volte sono gli artisti a imparare dalla manualità e dalla costruzione dei pattern. Tutto si basa sul rispetto reciproco. L’obiettivo non è la fusione fine a sé stessa, ma creare opere che nessuna delle due discipline potrebbe realizzare da sola.
Nel tuo percorso hai sostenuto figure ibride — artisti che lavorano con il linguaggio della moda e designer con un approccio concettuale o installativo. Si tratta di contaminazioni, alleanze, oppure di una nuova categoria del pensiero e della produzione culturale?
La moda è spesso più accessibile, le persone si relazionano ad essa attraverso il modo di vestire e di esprimersi. Può rappresentare una porta d’accesso. Quando una mostra include gli abiti, quando le residenze supportano i designer, quando la programmazione pubblica entra in contatto con la vita quotidiana – nelle strade, nei mercati, sui social, attraverso le performance – si attirano persone che altrimenti si sentirebbero escluse dagli spazi dell’arte contemporanea. Nuove fasce di pubblico creano nuove domande, prospettive e stimoli che possono arricchire l’intero ecosistema. CHERUBY House si trova in una comunità che ha visto la crescita di brand e realtà di moda di tutte le dimensioni. Far parte di questo ambiente e contribuire con programmi multidisciplinari coinvolge naturalmente pubblici diversi. L’arte, al contrario, può a volte sembrare meno accessibile, anche se il suo pubblico è spesso desideroso di dialogo trasversale. Per questo, mettere in relazione arte e moda si rivela centrale nella nostra missione.
CHERUBY si apre con grande ambizione in un contesto dinamico come Shanghai. Come immagini che si evolverà questo progetto nei prossimi anni? Sono previsti sviluppi internazionali o nuove modalità di interazione con altri centri di produzione artistica?
Il nostro obiettivo è far crescere CHERUBY House come uno spazio che promuove programmi di residenza di lungo periodo, con l’intento di ampliare la rete di collaborazioni a livello globale includendo artisti, designer e curatori. Stiamo valutando coproduzioni con istituzioni fuori dalla Cina, magari anche scambi di residenze o mostre con realtà partner in Asia, Europa o altrove. Potremmo anche usare piattaforme digitali per coinvolgere il pubblico da remoto. L’idea è continuare a bilanciare un forte radicamento locale a Shanghai con una visione cosmopolita, in modo che il lavoro sia sempre rilevante a livello globale ma connesso al contesto in cui nasce.
Margherita Cuccia
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L’articolo "A Shanghai apre la CHEREBY House tra arte e moda. Intervista alla fondatrice " è apparso per la prima volta su Artribune®.