A che punto siamo con la High-tech economy? Il rapporto Ced
- Postato il 30 ottobre 2025
- Verde E Blu
- Di Formiche
- 2 Visualizzazioni
Nel solco degli studi degli economisti Premio Nobel per l’Economia 2025, tutte le analisi sviluppate in questi anni e contenute nei nostri Rapporti Strategici hanno evidenziato con forza il ruolo del progresso tecnologico nella crescita economica e nei processi di sviluppo. Non ci siamo però limitati a questo. Abbiamo, infatti, portato al centro del dibattito pubblico la relazione complessa tra Tecnologie, Crescita e Dinamiche Geostrategiche, attraverso il Rapporto Strategico sulla Sovranità Tecnologica: un documento che, è importante notarlo, abbiamo realizzato già nel 2020. Abbiamo poi identificato e sviluppato la strategia con cui Aziende e Stati possono gestire efficacemente queste dinamiche: la Coopetizione, ovvero la strategia in grado di combinare simultaneamente dinamiche sia competitive (sempre più in crescita) che cooperative (sempre più necessarie).
Quest’anno, con il Rapporto Strategico 2026, compiamo un passo avanti, mettendo al centro un messaggio estremamente chiaro: Il vantaggio non è solo di chi crea la tecnologia, ma anche di chi la adotta e la integra più rapidamente ed efficacemente. Occorre cioè riconoscere che anche le innovazioni tecnologiche più rilevanti non sono di per sé in grado di generare valore economico e impatti significativi se non efficacemente e diffusamente utilizzate nell’economia e nella società. Queste considerazioni sono particolarmente importanti perché ci troviamo di fronte a un nuovo ciclo competitivo globale, innescato dal rapido e concomitante sviluppo di tecnologie di frontiera. Come ha illustrato efficacemente il saggista Stewart Brand: “Una volta che una nuova tecnologia ti passa sopra, se non sei parte del rullo compressore, sei parte della strada”.
L’intelligenza artificiale generativa, i sistemi quantistici, le biotecnologie avanzate, l’automazione intelligente, le nuove tecnologie energetiche e ambientali, lo sviluppo di materiali innovativi e l’espansione delle infrastrutture digitali rappresentano non semplici miglioramenti incrementali, ma vere e proprie discontinuità tecnologiche in grado di abilitare profonde trasformazioni nei sistemi economici. Queste stanno dando vita a una nuova economia che definiamo nel Rapporto la High-Tech Economy (HTE) – un’economia che investe nella generazione come nell’utilizzo intensivo, efficace e su larga scala delle tecnologie avanzate per favorire una crescita economica sostenibile, sicura, resiliente e inclusiva. Un’economia che non si definisce per confini o codici ATECO, ma per la capacità di integrare le tecnologie di frontiera in ogni ambito: dall’industria ai servizi, dalla pubblica amministrazione alla manifattura. È un processo pervasivo che genera produttività, innovazione e competitività sistemica. La High-Tech Economy impone di pensare non tanto in termini di settore, ma di ecosistema tecnologico, dove una High-Tech Company non solo genera e possiede tecnologie, ma le applica per creare valore; e dove la competitività si misura nella capacità di valorizzare reti collaborative per sviluppare soluzioni e applicazioni innovative capaci di generare valore e crescita sostenibile.
Ed è per questo che l’intervento delle figure apicali delle Aziende leader è di fondamentale importanza. Viviamo quindi un momento in cui la velocità di adozione conta quanto o più della velocità di scoperta. Questo apre una nuova “starting line” globale, una linea di partenza comune in cui ogni Paese ha la possibilità di riposizionarsi, se saprà orientare tempestivamente le proprie scelte strategiche. È un contesto in cui la prontezza con cui si riesce a utilizzare efficacemente e diffusamente le potenzialità offerte dalla nuova frontiera tecnologica conta anche di più dei vantaggi accumulati in passato nella generazione di nuove tecnologie.
In tale contesto, la forza del mercato europeo – la sua dimensione, la sofisticazione della domanda, la ricchezza delle filiere di produzione – può diventare un asset strategico nello scenario globale dell’innovazione. Ne emerge quindi l’importanza della cooperazione strategica tra paesi e, in particolare, tra Unione Europea e i suoi Partner internazionali, fondate su una necessaria, e auspicabilmente strutturata, logica di Coopetizione: una dinamica che intreccia collaborazione e competizione tra sistemi economici complementari.
In tale contesto l’Unione Europea rappresenta un partner scientifico e tecnologico di alto livello e affidabile, un bacino di domanda avanzata e una piattaforma produttiva articolata, che può valorizzare l’integrazione di tecnologie avanzate nei sistemi industriali. In particolare, il nostro Paese è oggi non solo manifattura di qualità, ma anche esportatore di alta tecnologia, soluzioni e modelli organizzativi d’eccellenza. E le esperienze delle grandi aziende partner del Centro Economia Digitale lo dimostrano concretamente: il loro contributo – diretto e attraverso le filiere – è già oggi motore dell’evoluzione dell’economia nazionale. Questo patrimonio di competenze e tecnologie è la base da valorizzare per costruire una strategia di diffusione capillare del potenziale della nuova ondata tecnologica. Per consolidare questo posizionamento, è necessario favorire i nuovi investimenti delle High-Tech Companies in Italia, creando condizioni favorevoli in termini di infrastrutture, capitale umano, incentivi fiscali e contesto regolatorio, così da rafforzare la capacità del Paese di attrarre capitali e talenti, generare innovazione e valore aggiunto nei settori a più alto contenuto tecnologico.
La transizione verso la High-Tech Economy
Si tratta quindi di favorire una vera e propria Transizione verso la High-Tech Economy: secondo la nostra prospettiva è questa la chiave per tenere insieme, coerentemente, le 3 transizioni che stiamo vivendo: quella digitale, quella verde, e quella meno spesso ricordata ma anch’essa di portata epocale, ovvero quella demografica. La Transizione verso la High-Tech Economy può essere accelerata agendo sui driver fondamentali capaci di influenzare la dinamica di questo processo.

Tra di essi, abbiamo individuato come di particolare rilievo:
-l’accesso alle tecnologie di frontiera;
-un quadro di policy favorevole alla diffusione delle tecnologie;
-il livello del capitale umano e la disponibilità di competenze;
-la dotazione di infrastrutture di rete e la disponibilità di energia.
Su questi assi si articolano le numerose proposte di policy contenute nel Rapporto.
Dal punto di vista strategico, riteniamo che in questi ambiti, a tutti i livelli, l’approccio della Coopetizione sia in assoluto il più adatto per sostenere lo sviluppo della HTE, poiché in grado di fare leva sia sulle dinamiche competitive sia su quelle cooperative garantendo governance e fiducia by design.
Dal lato degli impatti, in primo luogo, l’analisi econometrica sviluppata in questo Rapporto dimostra che la progressiva trasformazione dell’economia in una High-Tech Economy è in grado di produrre potenti effetti positivi su crescita economica e occupazione, su produttività e competitività sistemica. Per l’Italia e l’Unione Europea, significa in prospettiva recuperare e accrescere il rispettivo peso nell’ambito delle relazioni internazionali, in virtù delle maggiori capacità produttive e tecnologiche.
Questo determina importanti implicazioni per lo sviluppo delle strategie relative alla Sovranità Tecnologica, all’Autonomia Strategica e agli obiettivi esistenziali di Sicurezza e Resilienza. Inoltre, l’emergere del nuovo paradigma della High-Tech Economy, e dei suoi effetti su crescita e produttività, porta con sé rilevanti conseguenze sui diversi aspetti della Sostenibilità. Parliamo di sostenibilità della finanza pubblica; di sostenibilità dei programmi di Welfare State e quindi di coesione sociale; di sostenibilità ambientale dell’economia e della società nel suo complesso.
Come evidenziato nel Rapporto l’accelerazione della dinamica di transizione verso la HTE non riguarda esclusivamente la spesa in “Ricerca & Sviluppo” per finanziare nuovi prodotti, processi, beni o servizi. Si tratta piuttosto di un processo che richiede investimenti continui e articolati in strategie che facilitino l’assorbimento da parte delle organizzazioni e dei territori dell’innovazione generata sia internamente sia esternamente a essi. In tale contesto, il ruolo delle imprese che operano nei settori ad alta tecnologia nell’adozione e diffusione delle tecnologie di frontiera è di fondamentale rilevanza per l’evoluzione dell’intero sistema economico. Queste imprese si distinguono per una spiccata capacità di incorporare tempestivamente tecnologie emergenti nei propri processi produttivi, gestionali e organizzativi, grazie a migliori infrastrutture tecnologiche e digitali, a una cultura aziendale orientata all’innovazione e alla sperimentazione, e come precedentemente osservato, alla disponibilità di competenze specializzate.
Su questo l’Analisi Econometrica contenuta in questo Rapporto offre risultati particolarmente evidenti: la crescita di quei settori che per le statistiche ufficiali, già oggi, più intensamente generano e adottano le nuove tecnologie ha effetti propulsivi su tutta l’economia. I risultati econometrici dimostrano che i settori ad alta intensità di tecnologia e conoscenza possiedono una capacità di attivazione sul sistema economico nettamente superiore rispetto a quelli a bassa tecnologia.

Nella prima parte dell’analisi abbiamo diviso l’economia in 2 macrosettori: High-Tech e Low-Tech. Successivamente abbiamo stimato i moltiplicatori del Pil, ovvero l’effetto in termini di Prodotto Interno Lordo aggiuntivo generato da un incremento esogeno del valore aggiunto nei due macrosettori. Un moltiplicatore pari a 2 nel settore HT indica, ad esempio, che per 1 Dollaro di Valore Aggiunto in più realizzato nel settore HT il Pil aumenta di 2 Dollari. Quindi, maggiore è il livello del moltiplicatore stimato, maggiore è l’impatto economico positivo generato in quel settore. In media, nei 14 principali paesi Ocse considerati, ogni incremento di 1 dollaro nel valore aggiunto dei settori High-Tech genera un aumento medio (moltiplicatore) di circa 3,18 dollari di Pil nell’arco di tre anni, contro appena 1,23 dollari nei settori Low-Tech.
Nei sette Paesi europei (Austria, Belgio, Francia, Germania, Italia, Olanda, Spagna) inclusi nel campione, il moltiplicatore medio sale a 3,9, tre volte superiore a quello dei comparti a bassa tecnologia (1,28).
È fondamentale sottolineare che questi effetti non sono temporanei, ma persistenti. Le stime mostrano infatti che, se nei settori a bassa tecnologia gli impatti tendono a ridursi nel tempo, nei comparti High-Tech i valori del moltiplicatore crescono negli anni successivi allo shock iniziale.

Nella parte successiva abbiamo quantificato l’impatto sul livello della produttività del lavoro e sull’occupazione nel complesso dell’economia di un aumento del valore aggiunto pari a 10 miliardi di dollari Usa (a prezzi costanti e a parità di potere di acquisto) alternativamente nei settori HighTech e Low-Tech.
Gli effetti positivi si estendono anche alla produttività del lavoro: nei paesi Ocse, uno shock di 10 miliardi di dollari nel valore aggiunto dei settori High-Tech determina, nei tre anni successivi, un incremento medio della produttività del lavoro dello 0,22%, contro lo 0,02% dei settori Low-Tech. Ancora più rilevante è l’impatto nei paesi europei considerati, dove la produttività cresce dello 0,59% nei comparti High-Tech, contro lo 0,04% dei settori a minore intensità tecnologica.

Anche l’occupazione registra ricadute favorevoli: lo stesso aumento esogeno di 10 miliardi di dollari nel valore aggiunto dei settori High-Tech genera, in media nei tre anni successivi, 177 mila nuovi posti di lavoro nei paesi Ocse e 161 mila nei Paesi Ue, a fronte rispettivamente di 68 mila e 47 mila nei settori Low-Tech. Questi dati rigettano con forza l’ipotesi secondo cui le nuove tecnologie sostituirebbero automaticamente il lavoro: al contrario, l’espansione delle attività economiche ad alta tecnologia produce un incremento netto e duraturo dell’occupazione.
Conclusioni
Queste evidenze ci restituiscono un messaggio chiaro. Il rilancio della crescita e della produttività nel nostro Paese e nell’Unione Europea richiede un nuovo modello di economia. Per realizzare questo obiettivo l’Italia deve trasformarsi attraverso l’adozione rapida, efficace e diffusa delle tecnologie avanzate in una High-Tech Economy.
La posta in gioco non riguarda soltanto la crescita economica, ma anche il ruolo geopolitico e la rilevanza internazionale del Paese. Investire oggi in tecnologie, capitale umano, infrastrutture di ultima generazione, capacità energetiche e in una governance lungimirante fondata sul metodo della Coopetizione significa assicurare traiettorie di crescita e sviluppo sostenibile, preservare la stabilità finanziaria e assicurare la nostra sicurezza, la nostra resilienza e la nostra autonomia strategica.
In questa direzione, il Centro Economia Digitale continuerà a svolgere la propria missione: promuovere conoscenza, favorire cooperazione e guidare il cambiamento. Lo faremo anche tramite iniziative di innovazione progettuale e industriale con i nostri partner attraverso lo spin-out di sistema del Centro Economia Digitale – Avantime, fedeli al motto di Thomas Edison: “Il valore di un’idea sta nel metterla in pratica”. La vera sfida, infatti, è per tutti noi quella di sviluppare progetti frutto di una visione strategica e manageriale avanzata che attuano il metodo della Coopetizione e valorizzano la capacità del Paese di competere nei mercati globali con tecnologie avanzate e modelli organizzativi d’eccellenza. Dobbiamo riconoscere che, a partire dalla Strategia di Lisbona, le politiche europee si sono prevalentemente focalizzate su approcci di tipo technology-push, volti a sostenere prevalentemente l’offerta di innovazione attraverso finanziamenti alla ricerca. Questo approccio, pur necessario, non ha prodotto gli effetti attesi né in termini di leadership tecnologica globale né di trasformazione dell’apparato produttivo. La frammentazione degli ecosistemi innovativi, l’insufficiente coordinamento tra politiche della ricerca, industriali e digitali e la debolezza della domanda di tecnologie da parte del settore produttivo hanno limitato l’efficacia degli interventi di policy.
Si impone dunque un cambio di rotta: le nuove politiche per la High-Tech Economy devono essere decisamente orientate alla creazione di una robusta domanda di tecnologia, sia dal lato privato – attraverso incentivi all’adozione, fiscalità innovativa, standard comuni, attività di formazione mirate – sia dal lato pubblico, mediante appalti innovativi, transizione digitale delle amministrazioni e missioni tecnologiche ben definite. Per l’Italia, abbracciare pienamente questa nuova prospettiva significa saper cogliere le opportunità offerte dall’apertura del nuovo ciclo competitivo globale orientando le politiche economiche, industriali, della ricerca e della cooperazione internazionale verso la costruzione di una High-Tech Economy competitiva, sostenibile e generatrice di valore per l’intero sistema produttivo e per la società nel suo complesso.
Le foto della presentazione del Rapporto strategico Annuale