7 mostre in Canton Ticino da vedere a primavera 2025 

Dal confine italiano 65 chilometri. È questa la distanza da percorrere per raggiungere il Museo d’arte di Ascona. Bastano 500 metri invece per raggiungere il m.a.x museo di Chiasso. La Svizzera italiana offre una rete di musei capaci di una programmazione che fa perno sulla produzione di cui è stato capace questo territorio e lo fa in modo ammirevole. A rendere ancora più attraente l’offerta intervengono fondazioni private gestite con grande professionalità. Sette chilometri, ad esempio, dividono la frontiera dalla poco conosciuta (e accessibile in punta di piedi) ma straordinaria Fondazione Rolla in Bruzella a due chilometri in linea d’aria. Ecco sette mostre da vedere in questo periodo in Ticino. 

Aldo Premoli 

Veduta dell’allestimento Bicicletta e Motocicletta fra grafica e design  Courtesy m.a.x museo, Chiasso
Veduta dell’allestimento Bicicletta e Motocicletta fra grafica e design Courtesy m.a.x museo, Chiasso

Bicicletta e Motocicletta fra grafica e design – m.a.x. museo, Chiasso 

Cinquanta manifesti disegnati tra il 1860 e la prima metà del Novecento firmati da maestri della grafica pubblicitaria come a cavallo di due secoli come Marcello Dudovich, Plinio Codognato, Gino Boccasile o Armando Testa. A questi (provenienti in gran parte dalla formidabile Collezione Selce di Treviso) si accompagnano locandine, cartoline, dépliant, brochure, inerenti alla nascita della bicicletta e alla conseguente evoluzione in motocicletta. All’esposizione di produzioni grafiche, che sono il carattere distintivo di questo museo, si accompagna il design rappresentato da esemplari di biciclette e motociclette d’epoca. Una ventina tra velocipedi, bicicli e motociclette provenienti dalla produzione dei marchi che più hanno segnato l’evoluzione delle due ruote, motorizzate e non. Oltre alle quattro sale interne l’esposizione prosegue all’esterno con 15 postazioni bifacciali che propongono schizzi, disegni e rendering di motociclette, firmati dal designer italiano Rodolfo Frascoli. 

Chiasso // fino al 7 luglio 
Bicicletta e motocicletta fra grafica e design 
m.a.x. museo 
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Pino Musi, Phytostopia 01, 2021-2025. Courtesy Fondazione Rolla, Breggia
Pino Musi, Phytostopia 01, 2021-2025. Courtesy Fondazione Rolla, Breggia

Pino Musi, Phytostopia – Fondazione Rolla, Breggia 

11 fotografie in tutto di piccolo (56×40 cm) o grande formato (129×92) stampate in digitale, incorniciate o sbandieranti. Ma rapiscono, resti immobilizzato a contemplare quanto il curatore Michael Jakob definisce in questo modo. “Esposto alla crisi del Covid-19 l’occhio di Musi è stato attratto dall’irruzione di una forma sorprendente si scompiglio. L’ironia involontaria di una natura diventata ribelle, quasi malata. Mentre prima della pandemia il (finto) dialogo tra architettura e città, da una parte, e natura dall’altra, era celebrato nella forma del muro vegetale (già di per sé un ossimoro), ora il manifestarsi di una natura ben diversa era fonte un totale scombussolamento (…) La lezione è la seguente: nei momenti di crisi è la natura incontrollata ed anarchica che ci fa vedere la realtà”. Il lavoro di Pino Musi da sempre interseca architettura e antropologia archeologia e industria. 

Breggia // fino al 14 settembre  
Pino Musi, Phytostopia  
Fondazione Rolla 
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Veduta dell’allestimento con Giovanni Genucchi, Il giorno, 1945, Ennio Morlotti, Rocce, 1984, Courtesy Museo d’arte Mendrisio
Veduta dell’allestimento con Giovanni Genucchi, Il giorno, 1945, Ennio Morlotti, Rocce, 1984, Courtesy Museo d’arte Mendrisio

Una storia di arte e di poesia. Arcangeli, Bertolucci, Biamonti, Isella, Orelli, Sereni, Tassi, Testori e i loro artisti – Museo d’arte Mendrisio 

Il numero degli artisti in mostra raggiunge quota 53. Da Bacon a o Boldini, da Burri a de Pisis, da Alberto Giacometti a Roberto Matta, e poi Melotti, Morandi e Savinio ma anche Cucchi, Guccione Guttuso… Tuttavia non sono loro i protagonisti: o perlomeno lo sono solo in quanto le loro opere divengono soggetto interpretativo di otto tra i maggiori letterati italiani della seconda metà del Novecento. L’esposizione stabilisce un dialogo tra opera visiva e le parole che le vengono affiancate, parole tratte da scritti che rivelano in un’adesione poetica e formale pertinente al contesto storico. Niente video, niente effetti speciali, occorre leggere e guardare passare il tempo davanti a opere di grandi o piccole dimensioni e alle loro abbaglianti “didascalie”. 

Mendrisio // fino al 6 luglio  
Una Storia di arte e poesia. Arcangeli, Bertolucci, Biamonti, Isella, Orelli, Sereni, Tassi, Testori e i loro artisti 
Museo d’arte Mendrisio 
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dots architects, Chidori Bunka, Osaka, 2014–19 © Yoshiro Masuda
dots architects, Chidori Bunka, Osaka, 2014–19 © Yoshiro Masuda

Make Do with Now. Nuovi orientamenti dell’architettura giapponese – Teatro dell’architettura, Mendrisio 

A 400 metri dal Museo d’arte Mendrisio c’è la sede dell’Accademia di Architettura fondata a metà degli anni Sessanta su iniziativa di Mario Botta. L’esposizione presenta progetti di una generazione di professionisti che ha dovuto fare i conti con urgenze mai viste prima in Giappone: il calo demografico, l’invecchiamento della popolazione, e lo svuotamento delle campagne. A ricaduta il crescente aumento di case vuote in tutta la nazione, l’economia stagnante della crisi climatica globale. Lavorando dalle periferie, assumendosi compiti un tempo sottovalutati, questi professionisti hanno trasformato la loro originaria posizione marginale in un punto di forza, questi giovani architetti hanno sviluppato pratiche che dimostrando come sia possibile a partire da risorse limitate, operare sull’edilizia esistente, con pratiche critiche sociali ed ecologiche utilizzando materiali rigenerati.  

Mendrisio // fino al 5 ottobre 
Make do with now. Nuovi orientamenti dell’architettura giapponese  
Teatro dell’Architettura di Mendrisio 
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Ferdinand Hodler, ai piedi del Petit Salève, 1890 e Filippo Franzoni, Sottobosco con sorgente e nudi, 1900-03. Courtesy MASI Lugano
Ferdinand Hodler, ai piedi del Petit Salève, 1890 e Filippo Franzoni, Sottobosco con sorgente e nudi, 1900-03. Courtesy MASI Lugano

Ferdinand Hodler–Filippo Franzoni – LAC Museo d’arte della Svizzera italiana, Lugano 

È possibile costruire mostre caratterizzate da una forte identità territoriale senza cadere nel più becero nazionalismo, senza sbandierare idiozie “identitarie”? Stando alla programmazione di cui è capace il MASI di Lugano sì, è possibile. In questo caso il percorso propone un corpus di 80 dipinti realizzati dal 1870, momento di inizio dell’attività di Ferdinand Hodler, fino al 1911, anno che segna la scomparsa di Filippo Franzoni. Se Hodler (Berna, 1853 – Ginevra, 1918) è celebre per essere uno dei massimi rappresentanti del simbolismo, la figura di Filippo Franzoni (Locarno, 1857 – Mendrisio, 1911) è poco conosciuta fuori dalla Svizzera italiana. Formatosi all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, è vicino alla cultura scapigliata. Pur gravitando in ambienti artistici diversi, i percorsi professionali e umani dei due artisti si incrociano più volte: entrambi diventeranno protagonisti di un autentico scambio culturale tra le diverse regioni linguistiche della Confederazione Elvetica influendo sulla percezione del territorio che hanno dipinto: principalmente il Lago Lemano e le Alpi svizzere nel caso di Hodler, il Lago Maggiore e i dintorni di Locarno nel caso di Franzoni. 

Lugano // fino al 10 agosto 
Ferdinand Hodler – Filippo Franzoni  
LAC Museo d’arte della Svizzera italiana  
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Veduta dell’allestimento al Museo Casa Rusca di Locarno. Courtesy Museo Casa Rusca
Veduta dell’allestimento al Museo Casa Rusca di Locarno. Courtesy Museo Casa Rusca

Niele Toroni. Impronte di pennello N.50 dal 1259 al 2024 – Locarno 

Nato nel Ticino nel 1937 Niele Toroni, è il protagonista di questa grande retrospettiva a Locarno.  Ha esposto in istituzioni di prestigio come il Centre Georges Pompidou di Parigi e il MoMA di New York, ricevendo riconoscimenti di rilievo quali il premio Meret Oppenheim (2012) e il Rubenspreis (2017). In mostra si ripercorrono le sei decadi della sua carriera, dalle prime opere degli anni Cinquanta fino alle più recenti, mettendo in luce l’evoluzione del suo linguaggio e la sua visione innovativa della pittura. A partire dal 1967 infatti Toroni adotta una metodologia rigorosa: l’applicazione dell’impronta di pennello n. 50 ripetuta a intervalli regolari di 30 cm. Un gesto ripetuto all’infinito su ogni genere di superficie e in contesti differenti, unica variazione la cromia. Taroni ha lavorato su una vasta gamma di supporti: tela, vetro legno e tessuti, ma pure cartone e carta di giornale, spartiti musicali, fino alle pareti degli edifici, con cui instaura un intenso dialogo architettonico. La mostra invita a confrontarsi fisicamente con un’opera radicale, che pure mantiene una potenza visiva straordinaria.  
 
Locarno // fino al 17 agosto  
Niele Toroni, Impronte di pennello N.50 dal 1259 al 2024 
Museo Casa Rusca di Locarno 
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Niele Toroni, intervento negli spazi del museo, 2025. Museo Comunale d’Arte Moderna di Ascona
Niele Toroni, intervento negli spazi del museo, 2025. Museo Comunale d’Arte Moderna di Ascona

Omaggio a Niele Toroni & Harald Szeemann – Museo Comunale di Arte Moderna, Ascona 

Ad Ascona è presente un’ulteriore celebrazione di Toroni, questa volta però affiancato a Szeemann. Tra Ancona e Locarno ci sono appena 4 chilometri e le due esposizioni vanno viste insieme. Sono opera del medesimo curatore, Bernard Marcadé che fu amico tanto dell’artista che del critico. Harald Szeemann è stato per anni tra i maggiori protagonisti della scena artistica internazionale. Tra i due la liason ha inizio nel 1991 con la mostra che Szeemann gli dedica a Toroni alla Kunstalle di Lucerna. Da qui l’amicizia e una complicità si interromperanno sono nel 2015 quando Szeemann si spegne. Toroni partecipa nel 1992 al padiglione svizzero curato da Szeemann per l’Esposizione Universale di Siviglia, poi alla Biennale di Gwangju del 1997 e quella i Venezia del 2003. In mostra  documenti, lettere e opere, tra cui un omaggio pittorico al museo asconese. Un sodalizio che è sfociato nella storica mostra che Szeemann ha dedicato a Toroni nel 1991 proprio al Museo Comunale – la prima mostra in Canton Ticino dell’artista – dove ancora le sue radicali Impronte di pennello n. 50 ripetute a intervalli regolari di 30 cm, come allora venivano descritte, interagiscono architettonicamente con lo spazio museale. 

Ascona // fino all’11 maggio  
Omaggio a Niele Toroni & Harald Szeemann 
Museo Comunale di Arte Moderna di Ascona 
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Autore
Artribune

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