Tratta di neonati, dopo la conferma del Dna la Procura di Crotone indaga per sottrazione di minori
- Postato il 24 novembre 2025
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Il Quotidiano del Sud
Tratta di neonati, dopo la conferma del Dna la Procura di Crotone indaga per sottrazione di minori

La Procura di Crotone indaga per sottrazione di minori sulla tratta di neonati di oltre 50 anni fa, prima conferma dal Dna
CROTONE – Sottrazione di minori e soppressione di atti pubblici. Sono le ipotesi di reato per cui la Procura di Crotone sta indagando in seguito alle testimonianze che stanno emergendo grazie ad alcune inchieste giornalistiche su un traffico di neonati rapiti e venduti sul finire degli anni ‘60 e i primi anni ’70. Storie che ruotano tutte attorno alla presunta tratta tra gli ospedali di Crotone e Catanzaro. Una prassi forse diffusa in quegli anni. Troppe testimonianze sembrano confermarlo. E il procedimento avviato dal procuratore Domenico Guarascio si è trasformato da indagine conoscitiva, per registrare segnalazioni che non contengono elementi di reato, all’iscrizione nel registro delle notizie di reato. Si procede a carico di persone ignote.
TEST DEL DNA
Il procuratore ha delegato la Squadra Mobile della Questura per gli accertamenti. Ma è difficile ricostruire storie che risalgono a più di 50 anni fa. I protagonisti sono ormai deceduti, in molti casi. C’è un reato, però, quello di sottrazione di minore, che non si prescrive. È un reato permanente. E gli inquirenti ritengono che sia doveroso scrivere una pagina di verità, per ricostruire le anomalie del passato. Anche perché alcuni fratelli che ritengono di essersi ritrovati dopo tanto tempo si stanno sottoponendo agli esami del Dna. In un caso è stato confermato il rapporto di consaguineità.
LA STORIA DELLA FAMIGLIA OLIVERIO
Tutto nasce dalla vicenda di Franca e Mario Oliverio di Cutro. I gemellini nacquero nella notte tra il 19 e il 20 gennaio 1970 all’ospedale “vecchio” di Crotone. La madre. Lucia Iefalo, durante il parto subisce abbondanti perdite di sangue e viene sottoposta a trasfusioni. Ma i due gemelli vengono al mondo. Identificati nella cartella clinica con i numeri 48 e 49, all’ospedale risultano essere nati vivi. Non hanno ancora un nome. Solo un numero. Ad assistere al parto c’è la cognata della signora, che vede i bambini vivi. Durante la degenza, intanto, la partoriente firma dei fogli dei quali non conosce il contenuto.
INCHIESTE ARCHIVIATE
Dopo qualche giorno, migliorate le condizioni della signora Iefalo, i sanitari e una suora che presta assistenza ai pazienti le riferiscono che i suoi due figli sono stati trasferiti all’ospedale di Catanzaro perché quello di Crotone è sprovvisto di incubatrice. Aggiungono che ai bimbi sono stati dati i nomi di Mario e Franca. Una stranezza, perché non erano i nomi scelti dai genitori. Il 27 gennaio la signora viene dimessa e contestualmente le comunicano che i suoi figli sono deceduti. Chiede di vederli ma le dicono che non è possibile. Due le inchieste archiviate, dopo che erano state aperte su impulso dei fratelli Filomena e Francesco Oliverio, che sono ancora in cerca dei loro fratelli gemelli che oggi avrebbero 55 anni.
LE ALTRE STORIE
La vicenda fu raccontata per la prima volta dal Quotidiano nel 2013. Oggi là non c’è più manco l’ospedale. Lo stabile, di recente recuperato dal Comune, è divenuto un teatro. Negli stessi anni, altre donne, provenienti dal Crotonese, avrebbero partorito all’ospedale vecchio. Le ha raccontate Roberta Spinelli durante il programma Rai “Storie italiane”. Una donna di 80 anni, per esempio, racconta di aver dato alla luce due gemelli ma non glieli fecero vedere perché morti. I corpi non sono mai stati restituiti. L’ipotesi che sta emergendo durante più puntate della trasmissione è che alle donne veniva fatto firmare un foglio di cui disconoscono il contenuto. Forse non era il consenso al trasferimento all’ospedale di Catanzaro ma una rinuncia ai figli per legalizzare il passaggio all’orfanotrofio.
LA STORIA DI STELLA
Il Quotidiano aggiunge un ulteriore tassello da giustapporre a un mosaico, ma mancano ancora tanti pezzi. «Non l’ho mai vista la mia bimba. La suora mi diceva “meglio di no”. A mio marito addirittura proibirono di entrare nella sala parto. Gli chiesero di prendere una piccola bara e di portarla a Crotone, al lotto 51 del cimitero. Dopo ci siamo trasferiti a Torino. Mi sono sempre chiesta se mia figlia fosse morta veramente. La storia della famiglia Oliverio mi ha svegliato». La signora Stella Gigante, anche lei originaria di Cutro, ricorda benissimo quando venne al mondo Mariella, il nome che era stato dato alla piccola. La scena è ancora impressa nella sua mente. «Erano le 7.30 del 9 agosto del ’68. Avevo l’orologio al polso quando nacque mia figlia».
LA SUORA
Troppe cose non tornano. E ci sono troppe coincidenze. Sono tutte storie maturate nello spesso periodo, sul finire degli anni ‘60 e i primi anni ’70. Ma troppo tempo è passato. Molti dei medici e delle ostetriche che lavoravano in quegli anni sono morti ed è tutto difficile da ricostruire. Sotto la lente degli inquirenti potrebbe finire quello che accadeva negli ospedali di Crotone e Catanzaro. Una prassi forse diffusa, di cui si sussurrava in quegli anni. Ricorre nei racconti che stanno venendo fuori anche la figura di una suora vestita di bianco. Quella che non faceva vedere i bambini alle partorienti dopo aver loro comunicato che erano morti. «Meglio di no», diceva. Intanto, la Procura di Crotone ha riaperto il caso.
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