Premio Strega 2025, vince Bajani con ‘L’anniversario’ (Feltrinelli): “Contesto il patriarcato con lo sguardo di un maschio”

  • Postato il 4 luglio 2025
  • Libri E Arte
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Andrea Bajani ha vinto il 79esimo Premio Strega. La vittoria a mani basse, telefonata, attesa, già scritta, fin da febbraio scorso, di L’anniversario (Feltrinelli), arriva dopo una gara inesistente e una diretta televisiva inamidata senza un minimo di verve. Bajani vince con 194 voti, staccando Elisabetta Rasy e il suo Perduto è questo mare (Rizzoli) che ha totalizzato 133 voti, Nadia Terranova con Quello che so di te (Guanda) a 117 voti e, fanalini di coda, Paolo Nori a 103 per Chiudo la porta e urlo (Mondadori) e Michele Ruol a 99 per Inventario di quel che resta dopo che la foresta brucia (TerraRossa).

Bajani è stato in testa fin dal primo scrutinio e ha mantenuto un imbarazzante enorme distacco dai colleghi negli altri quattro inutili parziali. Il 49enne Bajani al 13esimo romanzo in ventitre anni, già nella cinquina finalista con Feltrinelli nel 2021 con il più solido e metafisico Il Libro delle case (meglio del vincitore di allora, Due vite di Emanuele Trevi e di questo L’anniversario), ha dedicato la vittoria a lettrici, lettori, e chi come al suo editore ha creduto in lui: “Mi hanno insegnato che la letteratura deve contestare la versione ufficiale e troppo spesso questa versione è quella patriarcale. Con L’anniversario ho avuto la necessità di contestarlo dal punto di vista di un maschio”. L’anniversario è una sorta di diario in prima persona, intimo, privato, sconvolto, sulla fuga silenziosa di un ragazzo adulto dalla casa di famiglia dopo aver assistito per decenni alla prevaricazione dittatoriale e vittimistica paterna, come all’annullamento volontario e consapevole della figura materna. Un romanzo breve, suddiviso in rapidi capitoli, apparentemente scioccante, tutto avviluppato nella ricerca di un linguaggio impervio e teso verso una rottura inequivocabile e spietata tra figlio e genitori. Per Feltrinelli si tratta del quinto Premio Strega vinto in 70 anni di attività editoriale appena celebrati. Il primo fu nel 1959 con Il gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, a cui seguì negli anni novanta del secolo scorso, il periodo d’oro feltrinelliano: Mariateresa Di Lascia con Passaggio in ombra (1994); Domenico Starnone con Via Gemito (2001); Maurizio Maggiani con Il viaggiatore notturno (2005).

La serata televisiva, oramai relegata alla fascia pre notturna, ha registrato il solito pedante senso autocelebrativo di un cosmico nulla. La conduzione di Pino Strabioli senza una spalla, viepiù comico alleggerente, come quella di Geppi Cucciari, rimane come sempre la constatazione dello iato tra sentimento popolare nella lettura e significati altissimi desunti da romanzi spesso mediocri, riassunti tra immagini da Linea Verde e interviste chiaramente approntate senza alcuna vaga contezza (“Un romanzo dedicato a un suo corregionale…”, ha accennato Strabioli al parmense Nori che ha scritto un libro sul riminese Raffaello Baldini; “Io sono emiliano e lui romagnolo, grazie”, ha risposto Nori).

A questo giro di boa abbiamo assistito alle gassmanate di Filippo Timi che ha letto gli incipit dei cinque romanzi finalisti e a un monologo in funzione centrifuga da lavatrice di Anna Foglietta. Come ogni anno il Ninfeo di Villa Giulia si attesta come la scenografia meno funzionale ad una diretta televisiva con la regia che si perde dettagli e primi piani che contano come quello del vincitore dello Strega che sfuma all’orizzonte mentre per venti secondi vediamo i conduttori applaudire nel vuoto di un fuori campo invisibile. Piccola notazione governativa. L’assenza del ministro della cultura Giuli, piccato per non aver ricevuto i libri da leggere, è stata colmata da un altro rappresentante governativo, l’ecumenico quanto improbabile Federico Mollicone. Mentre per lo Strega vintage è apparso come sempre Pier Paolo Pasolini in versione anni sessanta che critica “la mondanità borghese” del Premio e nello stacco successivo la mondanità borghese dello Strega 2025 che dice: “Eh Pasolini non gliela mandava a dire a nessuno”.

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Il Fatto Quotidiano

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