Ottobrate Romane: storia e luoghi dove riviverle oggi
- Postato il 6 ottobre 2025
- Idee Di Viaggio
- Di SiViaggia.it
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Chi non ha mai sentito nominare le Ottobrate Romane? Ormai di uso comune, il termine si riferisce a una tradizione andata avanti fino ai primi decenni del XX secolo: l’ottobrata era di base una gita domenicale che – nel mese di ottobre – i romani erano soliti concedersi godendo ancora per poco del bel tempo e delle giornate di sole (mai troppo afose). Gli elementi che caratterizzavano una riuscitissima ottobrata erano del resto due: la gita fuori porta e l’arrivo della stagione del vino.
Non è un caso che – secondo alcuni studiosi – le Ottobrate Romane fossero in realtà un’evoluzione dei pagani Baccanali, festività legate proprio alla celebrazione del dio del vino. E, del resto, proprio in questo periodo cade la fine della vendemmia: una festa per i romani imprescindibile.
Come si festeggiavano le Ottobrate Romane
Vino e attività all’aria aperta non potevano dunque mancare per i romani che – nelle domeniche di ottobre (e a volte anche il giovedì) – si riunivano la mattina presto nei vari rioni cittadini per partire con le carrettelle. Trainati da cavalli e addobbati a festa, su questi carri (celebri per la forma a guscio d’uovo, come appaiono riprodotti su stampe e incisioni dell’epoca) la tradizione chiedeva sette o nove ragazze. Tutte opportunamente agghindate, in pendant con i sonagli e i campanacci che invece abbellivano la carrettella. La donna seduta vicino al carrettiere poteva fregiarsi del titolo di bellona, lasciando alle compagne quello di minenti. Gli uomini seguivano invece il carro a piedi, suonando e ballando.
L’allegra comitiva – così composta – si dirigeva tra suoni e risate verso la meta, che di solito era appunto un luogo all’aria aperta in città o appena fuori Roma. La giornata però era appena iniziata, perché la vera Ottobrata – oltre al tragitto in sé – prevedeva poi cibo, giochi, musica e divertimento per tutta la domenica. Lo racconta Casanova in uno dei suoi scritti, lamentando in realtà proprio la brevità del viaggio in carrettella, probabilmente l’aspetto più folkloristico della tradizione.
Per i romani, insomma, l’Ottobrata era attesissima, tanto che si narra che alcuni si indebitavano per parteciparvi. E il termine è ormai talmente di uso comune anche oggi, che spesso con ottobrata ci si riferisce semplicemente a una giornata di ottobre bella e mite: perfetta – si direbbe – per una scampagnata.
L’Ottobrata Romana si festeggia ancora oggi?
Oggi cosa è rimasto delle Ottobrate, a parte il termine? Ovviamente è scomparsa la tradizione delle carrettelle e la gita fuori porta è meno strutturata: va da sé che se è bel tempo ognuno si organizza la scampagnata che desidera, mentre altri eventi hanno semplicemente preso in prestito il nome Ottobrata in omaggio alle antiche tradizioni della città. Saltando la processione e gli abiti a festa, è tuttavia ancora possibile vivere l’Ottobrata Romana come si faceva un tempo, recandosi nei luoghi preferiti dai romani per questa celebrazione. Eccovi i principali.
Monte Testaccio
Monte Testaccio era una delle mete più popolari per le ottobrate romane, come dimostra la presenza delle celebri catacombe del vino, grotte ricavate nel Seicento dalle sue pendici per conservare al meglio il protagonista della festa: il vino stesso, appunto. Se voleste replicare la classica ottobrata – come (quasi) ogni luogo romano – vale una visita quantomeno per la sua storia. Il monte è infatti noto anche come monte de’ cocci, per il semplice fatto che è composto da oltre 53 milioni di anfore in terracotta che – in più di due secoli di storia – sono giunte dal porto fluviale del Tevere e venivano qui ordinatamente disposte. Monte Testaccio deriva infatti dal latino mons testaceus: letteralmente, monte fatto di cocci.
Un monte artificiale dunque, alto 36 metri e unico nel suo genere, anche da un punto di vista archeologico. Di fatto, quello che oggi è un monte fino al III secolo era un’antica discarica: le anfore arrivavano al porto, venivano svuotate del loro (prezioso) contenuto e – non potendo più essere utilizzate – venivano rotte e i loro pezzi accatastati in questa zona. Nel tempo si creò dunque un monticello che – grazie alle proprietà isolanti dell’argilla – permetteva di creare grotte e anfratti a basse temperature, ideali da usare come cantine o stalle. Quasi un destino scritto, quello delle Ottobrate su queste pendici.
Oggi Monte Testaccio è un’area archeologica, quindi potete visitarlo previa prenotazione o raggiungerlo e ammirarne le pendici dalle strade che lo circondano.

Le campagne romane
Oltre a Monte Testaccio – facilmente raggiungibile – per le Ottobrate i romani si recavano nelle campagne che circondavano Ponte Milvio o nelle vigne che ricoprivano l’area tra Monteverde e Porta San Pancrazio. Un’altra meta erano le aree verdi intorno Porta San Giovanni e Porta Pia.
Gran parte di queste zone oggi, complice l’urbanizzazione, semplicemente non esiste più. Le pinete che sorgevano nei pressi di Porta San Giovanni, ad esempio, sono state sostituite dai quartieri del Pigneto e di Tor Pignattara. Il consiglio è quindi quello di recarvi – per festeggiare una vera Ottobrata – nei polmoni verdi della Capitale che non sono pochi: dal Parco della Caffarella a quello dell’Appia Antica, fino a Villa Ada. O ancora potete spostarvi verso i Castelli Romani dove il vino è assoluto padrone del mese di ottobre, come dimostra la celebre Saga dell’Uva di Marino.

Villa Borghese
C’è un luogo la cui storia si lega indissolubilmente a quella delle Ottobrate Romane e che ancora oggi accoglie i suoi visitatori ogni giorno dell’anno, per scampagnate o semplici passaggi: stiamo parlando, ovviamente, di Villa Borghese. Non tutti, all’epoca della festa romana, potevano permettersi di andare fuori città con tanto di carrettella e così molti cittadini cercavano soluzioni più agili ed economiche. Dalla fine del ‘700, Marc’Antonio Borghese iniziò dunque ad aprire le porte della villa di famiglia (“per cortese consenso padronale”, specificava) tutte le domeniche di ottobre. Una tradizione seguita anche dai suoi eredi: Villa Borghese, col tempo, si trasformò in una vera e propria fiera. Ogni domenica di ottobre venivano organizzati giochi, lotterie, pranzi e cene. E ancora spettacoli, danze e concerti a cui iniziarono a partecipare anche i nobili.
Tra i luoghi di Villa Borghese più importanti per le Ottobrate Romane spiccano Piazza di Siena per i concerti e il laghetto con le barchette: si narra che, su di esse – colorate e addobbate – girassero cantanti e musica, con l’orchestra fissa nel Tempio di Esculapio. Addirittura, nel 1847, l’allora Principe di Villa Borghese ideò un concorso agrario per eleggere gli animali più belli e più capaci o i prodotti agricoli più ricercati.
In men che non si dica, Villa Borghese divenne dunque un luogo simbolo per le Ottobrate. Oggi è ancora lì a disposizione per scampagnate o passeggiate, con il suo verde e la sua storia.

La fine delle Ottobrate Romane
Durante le Ottobrate Romane l’intera città era in festa: le campagne di Roma erano completamente occupate e le Ville aprivano i battenti per offrire spazio a chi non riusciva a recarsi fuori porta. Una tradizione che andò scemando progressivamente nell’Ottocento. La guerra con i francesi fu la prima vera battuta d’arresto: dal 1853 l’Ottobrata a Villa Borghese divenne infatti a pagamento, perdendo definitivamente il suo carattere spontaneo e cittadino.
La Villa chiuse i battenti nel 1874 e, nel 1902, Vittorio Emanuele III la comprò per regalarla ai romani. Contemporaneamente, l’urbanizzazione della città portò alla scomparsa delle campagne e delle vigne, i luoghi amati dai romani per le Ottobrate, soprattutto dopo che Roma divenne Capitale nel 1871. Oggi delle celebri feste romane di ottobre restano immagini e scritti, ma anche una sorta di fascinazione culturale per il modo in cui in passato si celebrava il mese autunnale per eccellenza: in altri luoghi, l’Ottobrata è ancora possibile mentre – per rivivere esattamente i tragitti e le aree delle feste romane – potete visitare ciò che resta, immaginando canti, cibo e saltarelli.