Ma davvero Donald Trump meriterebbe il Nobel per la Pace?
- Postato il 10 ottobre 2025
- Politica
- Di Blitz
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Sembra che a Gaza sia stato raggiunto un accordo per la pace e già da qualche ora il dibattito – a volte anche con toni seri – corre sui giornali: ma Donald Trump meriterebbe davvero il Nobel per la Pace? D’altronde, il presidente degli Stati Uniti l’altro giorno aveva stilato l’elenco delle sette guerre che avrebbe fatto finire. Un elenco, a dir la verità, un po’ stralunato, visto che includeva anche Egitto ed Etiopia. Su quest’ultima, Evelyn Farkas del McCain Institute, dopo aver provato a decifrare l’elenco di Trump, ha chiuso il fascicolo e si è un po’ arresa: “Non sapevo nemmeno ci fosse una guerra in corso”.
Elenchi a parte, ma davvero meriterebbe il Nobel per la Pace un presidente come Donald Trump? Quello degli agenti ICE schierati nelle città democratiche? Quello delle deportazioni, spesso un po’ a caso, in Nicaragua o chissà dove? Quello che si rifiutava di accettare la sconfitta prima dell’assalto a Capitol Hill? Quello che, alla commemorazione di Charlie Kirk, dopo aver sentito la vedova perdonare il suo assassino, ha detto: “Charlie Kirk è un martire. Non odiava i suoi avversari, voleva il meglio per loro. Ecco in cosa non ero d’accordo con Charlie: io odio i miei avversari, non voglio il meglio per loro. Non li sopporto”?
Quello delle offese varie ai suoi rivali durante le campagne elettorali? Quello che, dopo l’elezione, si è messo a vendere Bibbie patriottiche a 59,99 dollari? Davvero meriterebbe il Nobel per la Pace un presidente che, durante la strage dei civili nella Striscia, pubblicava l’ormai tristemente celebre video della sua “Trump-Gaza ideale”?
Quello che ha definito l’ONU “inutile” e l’Europa “imbarazzante”? Quello che parlando del dittatore della Corea del Nord Kim Jong-un ha sussurrato ai cronisti: “Io e Kim ci siamo innamorati. Mi ha scritto delle belle lettere”? Senza dimenticare il tappeto rosso in Alaska per l’altro pacifista, Vladimir Putin.
A proposito di pacifisti, qualche giorno fa a Quantico il nostro, insieme al suo segretario alla Difesa Pete Hegseth, ha riunito tutti i generali stelle e strisce per dichiarare guerra a quelle che considera le città violente del suo Paese: “Ho detto a Pete che dovremmo usare alcune di queste pericolose città per addestrare le nostre truppe… entreremo presto a Chicago. Sono posti veramente non sicuri e noi li metteremo a posto uno per uno”. Quanta pace in un solo uomo.
D’altronde, sul palco, Hegseth tra un’arringa e l’altra contro barbe e generali obesi lo ha detto chiaro e tondo: “La nostra unica missione è combattere”. Appunto.
Vogliamo poi scordarci delle minacce neanche troppo velate alla Danimarca per la Groenlandia? Del Golfo del Messico ribattezzato Golfo d’America? Delle offese random contro giornali e giornalisti? Della causa per diffamazione da 15 miliardi di dollari contro il New York Times? Dei dazi? E ancora, ancora e ancora. Infine, davvero dareste il Nobel per la Pace al presidente che ha cambiato il nome del suo Dipartimento della Difesa in Dipartimento della Guerra? Forse sì. Visti i precedenti – a volte tristemente poco illustri di chi ha ritirato la statuetta a Oslo – forse allora lo meriterebbe anche Trump. O forse, visti i tempi, faremmo prima a cambiare il nome anche al Nobel per la Pace in Nobel per la Guerra.
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