L’era di fuoco della California: l’unica strategia efficace è quella di giocare d’anticipo

  • Postato il 5 agosto 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Di Giorgio Vacchiano, Sisef Italia

La mattina dell’8 novembre 2018, Paradise si svegliò tra i pini. Era un giovedì d’autunno secco, come tanti altri nella Sierra Nevada. Alle 6:45, a tredici chilometri da lì, una linea elettrica difettosa lanciò una scintilla tra l’erba arida. Tre ore dopo, Paradise non c’era più. Dodici ore dopo, il Camp Fire aveva percorso 24 km, bruciato 62.000 ettari, distrutto 18.804 strutture e ucciso 86 persone – l’incendio più mortale e distruttivo della storia della California.

Quel giorno, la California entrò in una nuova era del fuoco. Non tutti gli incendi sono uguali. Quelli più pericolosi non si misurano solo in estensione, ma in velocità, intensità e altezza delle fiamme. Sono i cosiddetti Extreme Wildfire Events (EWE): possono avanzare a oltre 150 metri al minuto, generare venti che lanciano i tizzoni a oltre un chilometro di distanza dal loro perimetro, formare colonne convettive alte chilometri. E diventano ingestibili per qualsiasi squadra antincendio.

Una categoria ancora più insidiosa è quella dei “fast-moving fires”, definiti da un’analisi NASA e University of Colorado come incendi che crescono di almeno 16 chilometri quadrati al giorno. Sono rari – solo il 3% dei 60.000 incendi analizzati tra 2001 e 2020 – ma hanno causato quasi il 90% dei danni e la maggior parte delle vittime. Alcuni esempi tra i più devastanti: il Cold Springs Fire del 2020, che percorse 1009 km² in un solo giorno; il Northwest Oklahoma Complex del 2017, una serie di incendi innescati da fulmini e alimentati da venti a oltre 80 km/h, che bruciò quasi 3.000 km² in 16 giorni; gli incendi di Los Angeles nel gennaio 2025, sviluppatisi in pieno inverno dopo mesi di siccità e temperature anomale, che causarono più di 30 morti e 200.000 evacuati.

Negli ultimi quarant’anni, la California ha visto un’escalation senza precedenti nella severità e la superficie percorsa degli incendi. La superficie media bruciata è quadruplicata rispetto agli anni Ottanta; il numero di strutture distrutte è aumentato di venti volte. Nel 2020 si sono superati i 1.7 milioni di ettari bruciati in in meno di dieci mesi. Il 2025 ha fatto registrare incendi devastanti anche in inverno: il fuoco non ha più stagione, e può propagarsi per tutto l’anno in territori sempre più antropizzati (…).

L’autunno 2018 fu segnato da un tipico “colpo di frusta climatico”: un inverno insolitamente piovoso aveva fatto crescere la vegetazione, e i mesi successivi caldi e secchi l’avevano trasformata in combustibile pronto a bruciare. È una sequenza che si ripete sempre più spesso, anche lontano dall’estate. Gli incendi di Los Angeles del gennaio 2025 sono nati nello stesso modo: primavera piovosa, estate torrida, autunno asciutto fino all’estremo (…).

Il giorno del Camp Fire, inoltre, c’erano venti discendenti a 80 km/h, che soffiavano da nord-est, spingendo il fronte di fiamma con forza e continuità. E i venti sono sempre un fattore chiave: nel sud della California sono noti come venti di Santa Ana; nel nord, come nel caso di Paradise, non hanno un nome specifico ma sono altrettanto distruttivi. Oltre ad alimentare la combustione fornendo ossigeno, i venti trasportano i tizzoni a chilometri di distanza e rompono qualsiasi perimetro di contenimento (…).

Come a Paradise, molti incendi oggi non si possono più estinguere. Non perché manchino i mezzi, ma perché superano le soglie fisiche dello spegnimento in sicurezza. Oltre i 3.000 kilowatt per metro di fronte, le fiamme sono così intense che le squadre a terra devono ritirarsi. Oltre i 10.000 kW, si formano nubi di fumo convettive che possono evolvere in pirocumulonembi: sistemi atmosferici autosufficienti, vere e proprie tempeste di fuoco con fulmini, raffiche di vento autogenerate, nuovi focolai.

Anche i mezzi aerei, spesso percepiti come simbolo di speranza, hanno limiti invalicabili. Possono aiutare in condizioni favorevoli – rallentare un fronte secondario, raffreddare aree sensibili, proteggere una casa isolata, ma non spegnere un incendio estremo. Quando le temperature sono troppo elevate, l’acqua sganciata evapora prima di toccare il suolo; i gas e le turbolenze generate dalla fiamma rendono impossibile avvicinarsi, e spesso gli aerei devono restare a terra per sicurezza. Incendi di questa potenza sfuggono a tutte le strategie di intervento. Il Camp Fire lo dimostrò. Ma non fu un’eccezione. (…).

La realtà è che, di fronte a un incendio fuori scala, l’unica strategia efficace è giocare d’anticipo: ridurre il rischio prima che il fuoco si accenda, progettare territori capaci di sopportarlo, preparare comunità che sappiano reagire. Serve una strategia diversa, basata su ecologia, prevenzione e adattamento. Uno degli strumenti più efficaci è il fuoco prescritto: incendi pianificati e controllati, applicati in condizioni meteorologiche favorevoli per ridurre il combustibile a terra e ridurre l’intensità potenziale dei futuri incendi. In California, nel 2022, sono stati effettuati circa 40.000 ettari di fuochi prescritti.

Sul fronte urbano, la California ha lanciato programmi per promuovere le Firewise Communities: quartieri con tetti ignifughi, materiali da costruzione non combustibili, spazi di sicurezza attorno alle abitazioni, sistemi di allerta e evacuazione tempestivi. Dove queste misure sono applicate, la probabilità di sopravvivenza delle case aumenta in modo significativo. Ma la soluzione più importante è forse la più difficile da attuare: cambiare la pianificazione del territorio. Continuare a costruire case nel pieno dell’interfaccia urbano-foresta è come edificare in una pianura alluvionale senza argini. Significa aumentare il rischio, aggravare i danni e rendere impossibile la gestione. Serve una moratoria sulle nuove costruzioni nelle aree a pericolosità alta, incentivi per ricostruire in luoghi più sicuri, e un nuovo modo di immaginare la coesistenza tra città e paesaggio. Il fuoco tornerà. La domanda è: in che condizioni ci troverà? Vulnerabili e impreparati, oppure adattati, consapevoli e resilienti?

(il pezzo fa parte della rubrica Sisef #FocusIncendi)

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