Così i futuristi anticiparono le lotte femministe

  • Postato il 23 novembre 2025
  • Cultura
  • Di Libero Quotidiano
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Così i futuristi anticiparono le lotte femministe

«Audacia ribellione velocità. Vite strabilianti dei futuristi italiani» è il nuovo saggio di Giordano Bruno Guerri pubblicato da Rizzoli in libreria da martedì 25 novembre. È la ricostruzione dell’esplosione e della dinamica di quel cataclisma totale - artistico, politico, di costume - che fu il futurismo, la più importante creazione culturale italiana dopo il Rinascimento. Partendo dal contesto, dall’Italia e dall’Europa di inizio Novecento, dal passato che i futuristi sentivano come gabbia e fardello, dal genio rivoluzionario del fondatore, Filippo Tommaso Marinetti, che raccolse attorno a sé e al suo Manifesto del 1909 le energie più vivaci dell’epoca, in Italia e nel mondo. Di seguito, per gentile concessione dell’autore e dell’editore, pubblichiamo un estratto del paragrafo «D’improvviso, un genio».


I futuristi, Marinetti per primo, non disprezzavano affatto il genere femminile. Consideravano le donne le migliori alleate – consapevoli o meno – per scardinare le regole della società borghese e passatista. Auspicarono il suffragio universale, con considerevole anticipo rispetto al 1946, e proposero un nuovo diritto di famiglia che avrebbe escluso la superiorità gerarchica del marito, oltre a introdurre il divorzio, da rendere sempre più facile, fino a ottenere «l’avvento graduale del libero amore».

Ciò che Marinetti combatteva era l’«orribile e pesante» unione tradizionale, di cui la donna era la prima vittima e che ostacolava «la marcia dell’uomo». Effetì disprezzava il concetto di «sesso debole», schiavo e schiavizzante per amore: un amore moralista, svenevole e dolciastro che aggravava e perpetuava l’atavica inferiorità della donna impedendole la conquista maggiore, quella della modernità.
La misoginia, antica di millenni, era tutt’altro che scomparsa. L’irrazionalismo d’inizio secolo ne fa incetta, sulla scia di Schopenhauer, per cui le donne sono «deboli d’intelletto», e di Nietzsche, che ha inventato la categoria del  «sesso debole».

Nel 1900 Paul-Julius Moebius intitola un suo lavoro, intriso di positivismo d’accatto, L’inferiorità mentale della donna; tre anni dopo Otto Weininger, che ammantava di scientificità matematica il disprezzo verso la donna, in Sesso e carattere distingue la genialità degli uomini dalla pura sessualità femminile. Il futurismo sarebbe stato in buona compagnia, dunque, se avesse applicato alla lettera il «noi vogliamo glorificare il disprezzo della donna» proclamato dal Manifesto.

Invece lo stesso Marinetti nel 1910, nella premessa a Mafarka il futurista, tiene a precisare di non avere discusso «del valore animale della donna, ma dell’importanza sentimentale che le si attribuisce. Io voglio combattere l’ingordigia del cuore, l’abbandono delle labbra semiaperte a bere la nostalgia dei crepuscoli [...]. Io voglio vincere la tirannia dell’amore, l’ossessione della donna unica, il gran chiaro di luna romantico che bagna la faccia del Bordello!». 

Ammette pure che dopo il proclama le donne gli «lanciarono improperi triviali, come altrettanti tenitori di postriboli, inviperiti da una retata poliziesca!» La polemica futurista non coinvolge la donna in quanto tale, bensì un’immagine stereotipata che pullulava nella società, nella letteratura, nell’arte. Allo stesso modo si disprezza il culto patetico dell’amore che «ostacola la marcia dell’uomo» e che si riduce a una sdolcinata «invenzione dei poeti». Secondo Marinetti il romanticismo inibisce le facoltà creative dell’individuo, maschio o femmina, isterilendone la ferinità e il dinamismo.

Il dibattito che ne nacque tra le futuriste fu proficuo: pubblicarono articoli e manifesti, si assegnarono un ruolo da protagoniste, erano soggetto di quelle discussioni non oggetto. Rivoluzione nella rivoluzione, si posero al pari dei futuristi confrontandosi con loro, la partecipazione femminile al movimento fu rilevante per numero e per intraprendenza. Le loro argomentazioni furono ascoltate, accolte, contraddette o appoggiate, non sarebbe successo in un movimento misogino.

Realizzarono opere - e vite pienamente futuriste. Molte sono dimenticate o non abbastanza conosciute. Eppure sono l’altra metà del futuro, e neppure la meno interessante. [...] Nel manifesto Contro l’amore e il parlamentarismo, del 1910, Marinetti rinnega ancora - e soltanto - la donna «divino serbatoio d’amore, la donna veleno, la donna ninnolo tragico, la donna fragile, ossessionante e fatale».

L’antifemminismo futurista era l’ennesima faccia dell’opposizione globale alla mentalità comune. In linea con i presupposti radicali e libertari della sua rivoluzione, Effetì affronta tra i primi il tema dell’emancipazione femminile.

Con uno scopo sovversivo auspica l’ingresso delle donne nella vita parlamentare: «Noi difendiamo col massimo fervore il diritto delle suffragette, pur compiangendo il loro entusiasmo infantile pel misero e ridicolo diritto di voto. Infatti, siamo convinti che esse se ne impadroniranno con fervore e ci aiuteranno così, involontariamente, a distruggere quella grande minchioneria, fatta di corruzione e di banalità, a cui è ormai ridotto il Parlamentarismo».

La donna era arma esplosiva da fare deflagrare dentro il sistema. Che sia spontanea, che rinunci a essere simile a quella «dei romanzi di Fogazzaro: vile, indecisa, ipocrita, piena di rimorsi, neutrale, conservatrice, reazionaria, voglio-non-voglio, sarò -non -sarò -tua, forse -domani -un -poco, fino -al -petto -ma -non -più -giù»; o come quella «dei romanzi di D’Annunzio: snob, vana, vuota, superficiale, culturale, annoiata, disillusa, ossessionata da Parigi; la donna che per amare ha bisogno di orchidee Coty Paquin Mallarmé Oscar Wilde Wagner Verlaine Baudelaire passeggiate -archeologiche rovine -illustri sadismo e incesto». Invece dovrà aiutare i futuristi a conquistare «tutte le belle libertà» che merita: «Diritto di voto. Abolizione della autorizzazione maritale. Divorzio facile. Svalutazione e abolizione graduale del matrimonio. Svalutazione della verginità. Ridicolizzazione sistematica e accanita della gelosia. Libero amore».

Il voto alle donne – in una prima fase giudicato non essenziale per affrontare la questione femminile – dal 1918 diventerà uno dei cardini del progetto futurista, insieme alla parità salariale e giuridica. Per capirci, oggi il futurismo si farebbe beffe delle quote rosa, estrema difesa dello status quo di un mondo di regole e regolamenti da sovvertire. 

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Autore
Libero Quotidiano

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