Vorticoso giro di scommesse illegali a Crotone, 4 agli arresti

  • Postato il 23 settembre 2025
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Vorticoso giro di scommesse illegali a Crotone, 4 agli arresti

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Agli arresti domiciliari anche un vigile del fuoco e un militare della Capitaneria, a Crotone luce su un sistema di scommesse illegali. Coinvolti un vigile del fuoco e un militare della Capitaneria, la minaccia: «Ti schiaccio la testa come una nocciolina»


CROTONE – «Quando arrivo a Crotone, se non rientri dal denaro, ti schiaccio la testa come una nocciolina». Questo il messaggio vocale inviato da un vigile del fuoco a un uomo che aveva accettato di raccogliere scommesse non autorizzate per conto di allibratori esteri. Parte proprio dalla denuncia della vittima di un tentativo di estorsione l’inchiesta della Squadra Mobile di Crotone che ritiene di aver fatto luce su un sistema di scommesse illegali e ha arrestato quattro persone tra cui un militare della Capitaneria di porto e, appunto il vigile del fuoco.

GLI ARRESTATI

Ai domiciliari sono finiti Nicola Manolio, il militare della Capitaneria, di 45 anni, il vigile del fuoco Gennaro Pantisano (46) e i fratelli Giuseppe Sorrentino (41) e Massimo Sorrentino (41), titolari della società Dea Bendata, l’agenzia di scommesse sequestrata nel corso dell’inchiesta. Ma gli indagati sono in tutto sette. Sono accusati di aver svolto un’attività organizzata di accettazione, raccolta anche telefonica e telematica, di scommesse sportive per conto di allibratori esteri privi di concessione, autorizzazione o licenza nella provincia di Crotone.

LE INDAGINI

 Le indagini, coordinate dal procuratore Domenico Guarascio e dal sostituto Alessandro Rho, sono state avviate nel 2024 dagli uomini del vicequestore Davide Bitorzoli, capo della Mobile. La gip Assunta Palumbo ha poi accolto le richieste della Procura. L’inchiesta nasce da un controllo amministrativo presso un Internet point di cui era titolare la vittima di estorsione, che peraltro figura tra gli indagati.

SCOMMESSE ILLEGALI, LE IRREGOLARITÀ RISCONTRATE


Numerose le irregolarità riscontrate, anche perché il contatore era collegato a più locali e alimentava anche il suo appartamento. L’uomo, a quel punto, ha riferito di subire pressioni, minacce e aggressioni fisiche da un vigile del fuoco e militari della Capitaneria di porto che avevano come punto di ritrovo una ricevitoria autorizzata. Quindi, sporgeva denuncia riferendo che alcuni degli indagati gli avevano proposto di raccogliere scommesse non autorizzate. Quando andava a farsi accreditare le vincite, però, gli dicevano che sarebbe stato impossibile riscuotere se prima i suoi clienti non avessero vinto una somma complessiva di 40mila euro.

MINACCE E AGGRESSIONI

Insomma, l’unico modo per riscuotere era provare a giocare per recuperare il denaro, ma lui aveva soltanto perso, aumentando il suo debito. Nel corso di un incontro viene preso a schiaffi, perché gli indagati pretendevano che lui continuasse a giocare per soddisfare il proprio credito. Aveva maturato ormai un debito di 28mila euro con un gruppo di bookmakers e di 30mila euro con un altro gruppo. Dopo la minaccia ricevuta dal vigile del fuoco, che gli chiedeva di rientrare da un altro debito di duemila euro, l’uomo, ormai impossibilitato a far fronte alle richieste dei clienti che vantavano il proprio credito, si rivolge alla polizia. Era stato poco prima raggiunto nel negozio di un parente. «Mi devi dare i soldi sennò inizio a picchiarti adesso. Ti ammacco la testa», gli avrebbe detto Pantisano, che lo tempestava di telefonate per ottenere somme di cui sosteneva di essere creditore.

SCOMMESSE A DISTANZA

Complessa l’attività tecnica svolta dagli investigatori, che hanno sentito numerose persone informate sui fatti, tra cui scommettitori, e hanno analizzato una fitta documentazione amministrativa, insieme alle copie forensi di computer sequestrati all’interno di alcune agenzie di scommesse. Grazie anche ai numerosi controlli amministrativi eseguiti, sono emersi indizi sull’attività di un gruppo che si occupava della raccolta di scommesse sportive, anche a distanza, per conto di allibratori esteri non autorizzati, mettendo disposizione di siti di gioco non consentiti.

Alcuni degli indagati sono risultati essere titolari anche di attività di scommesse autorizzate, di cui si sarebbero serviti come schermo per assumere un ruolo attivo nella raccolta del gioco a distanza mettendo a disposizione siti e conti collegati a numerosi avventori, in alcuni casi ignari dell’illiceità dell’attività. Il gruppo avrebbe così utilizzato il centro scommesse facente parte di una società riferibile a due degli arrestati, presso cui venivano raccolte scommesse per conto di allibratori esteri non autorizzati ed erano riscosse vincite in denaro. Si tratta della società Dea Bendata, riconducibile ai Sorrentino e sottoposta a sequestro dalla polizia.

GLI SCOMMETTITORI

Gli indagati si rivolgevano al pubblico di scommettitori con cui avevano rapporti diretti oppure a titolari di centri autorizzati. Inizialmente, secondo l’accusa, proponevano etichette autorizzate per la raccolta delle scommesse e successivamente, prospettando guadagni maggiori, coinvolgevano quanti erano disponibili nel giro di scommesse non autorizzate. Il meccanismo era rodato. Nonostante l’utilizzo di valori virtuali, i clienti pagavano in contanti importi pari alle ricariche di gioco e riscuotevano sempre in contanti eventuali vincite. Il titolare del centro scommesse poi vessato dagli indagati, in particolare, tratteneva per sé una percentuale che costituiva il proprio guadagno. Nel caso in cui le vincite fossero superiori alle giocate, le somme, sempre in contanti, gli venivano corrisposte dai suoi referenti e poi lui si occupava di erogarle ai clienti.

L’INGANNO

Circa le condotte dei singoli indagati, sarebbe emerso che Manolio forniva i siti da utilizzare. Il titolare del centro scommesse consegnava il denaro ai fratelli Sorrentino. Dalle conversazioni intercettate emergerebbe peraltro che gli indagati fanno riferimento a diversi conti di gioco.

Diversi i giocatori sentiti nel corso delle indagini. A loro i poliziotti sono risaliti dalle conversazioni intercettate. Alcuni erano pensionati. Hanno smesso di giocare quando si sono accorti che il titolare del centro scommesse caricava somme maggiori di quelle richieste per indurli a scommettere somme sempre più elevate.

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