Venezuela, l’ira del regime verso il cardinale Porras. E gli italiani Trentini e Pilieri restano in galera

  • Postato il 31 ottobre 2025
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Un “inconsueto dispiegamento militare” ha impedito al cardinale Baltazar Porras di raggiungere Isnotú, la terra natale di san José Gregorio Hernández, dove il porporato avrebbe presieduto l’Eucaristia per celebrare la canonizzazione del “medico dei poveri” e di suor María Carmen Rendiles. “Colpisce che succedano questo tipo di cose: dispiegano i militari come se uno stesse tramando chissà cosa”, ha detto il cardinale su Instagram. Il porporato è sotto il mirino del presidente venezuelano Nicolás Maduro dopo aver chiesto di “non dimenticare i prigionieri politici” intervenendo all’Università Lateranense, alla presenza delle autorità venezuelane.

Nelle stesse ore gruppi irregolari hanno lasciato una scritta sul muro, dietro l’altare della chiesa “San Juan Pablo II”, per minacciare il sacerdote, Juan Manuel León. “Fascista”, “ti uccideremo”. Il motivo: le sue posizioni politiche. L’ira di Caracas contro la Chiesa locale è stata resa nota dal ministro dell’Interno, Diosdado Cabello, che ha accusato i vescovi locali di restare in silenzio di fronte agli attacchi Usa e di essere “divorziati dalla realtà sociale”. “Si credono intoccabili, come avessero poteri soprannaturali”, ha ironizzato.

Il fronte interno

I venti di guerra nei Caraibi e nel Pacifico e l’assedio Usa al Largo del Venezuela inaspriscono il clima politico interno, che non si è per nulla inasprito a seguito delle canonizzazioni dei santi venezuelani. Almeno trenta arresti sono stati registrati nell’ultimo mese, tra cui quella di Merys Torres de Sequea, madre del capitano Antonio José Sequea, recluso a El Rodeo I, e di sua nipote, Zoris Gutiérrez Torres. “Ora mio fratello è senza visite, e non c’è nessuno che gli porti i beni essenziali di cui ha bisogno”, ha detto Fatima Sequea a Ilfattoquotidiano.it, e ammette: “Quando ti toccano la mamma ti viene giù il mondo. È passato quasi un mese. Non ci dicono dov’è”. Altra detenzione emblematica è quella del medico Pedro Fernández, che forniva assistenza medica a coloro che non potevano permetterselo, con il sostegno dell’associazione Casa Italo-venezuelana Ncs.

Le trattative Roma-Caracas

E in questo clima teso, con il Paese militarizzato, rallentano anche i rilasci dei prigionieri stranieri nel Paese. Diciassette scarcerazioni, questo weekend, ma Alberto Trentini, Biagio Pilieri e gli altri italiani sono ancora in cella. Eppure Roma e Caracas vivono un’importante fase di disgelo con tanto di stretta di mano, il 19 ottobre, in piazza San Pietro, fra il capo dello Stato Sergio Mattarella e la rappresentante venezuelana Yelitza Santaella, così come fra altri esponenti dei due governi – ideologicamente agli antipodi –, tra cui il sottosegretario degli Esteri Giorgio Silli. Persino un gemellaggio fra il Municipio III di Roma e il Municipio Libertador (Caracas) e i concerti dell’Orchestra sinfonica nazionale venezuelana. Dietro le quinte: il lavoro di tessitura dell’inviato speciale Luigi Maria Vignali.

L’attesa di Trentini

Tuttavia Alberto Trentini – il cui rilascio era la ratio dei suddetti avvenimenti – non torna a casa. L’ostaggio, che a breve compirà un anno di detenzione a El Rodeo I, nel municipio Zamora, è ancora dietro le sbarre. Nessun’accusa. Del resto niente comunicazioni – tranne per quelle tre telefonate d’eccezione –, né reti d’appoggio, ma silenzio e solitudine, a quasi 10mila chilometri da casa. I genitori, Armanda Colusso ed Ezio Trentini, attendono, ma il tempo passa. Se da un lato persiste la mobilitazione sociale, con 237 giorni di digiuno a staffetta e oltre 110.500 firme su Change.org, anche la Regione Piemonte è scesa in campo chiedendo al governo di “intervenire con urgenza” per il rilascio del cooperante e degli altri italiani in campo. Palazzo Chigi resta in silenzio, dopo l’ultima chiamata – un mese fa – della premier Giorgia Meloni ai familiari.

L’agonia di Pilieri

Il 60enne, giornalista, italiano con doppio passaporto, ieri ha compiuto un anno e due mesi di reclusione nell’Helicoide. Agli appelli per la sua liberazione si è unita l’associazione Articolo 21, che lo ha definito “un altro caso di detenzioni senza spiegazioni procedurali né di merito”, mentre la Commissione per i Diritti umani ha chiesto misure cautelari, in vista del suo delicato quadro di salute. Pilieri è imputato di “terrorismo” e “tradimento” alla Patria. Non gli è stata data la possibilità di nominare alcun legale. “In tutto questo tempo ha ricevuto soltanto una visita. Allora ci ha detto che stava bene, ma avrà perso almeno dieci chili”, dice la moglie, Maria Livia Vasile a Ilfatto.it. “Da allora non siamo più riusciti a vederlo”.

Lo scenario

Fonti riservate spiegano a Ilfattoquotidiano.it che, al di là delle formalità dei cerimoniali, “l’occasione non è stata ancora sfruttata dalle parti”. “Non la sta cogliendo l’Italia per riavere i suoi detenuti. E nemmeno Caracas, per uscire dall’isolamento in cui si trova”, hanno sottolineato. “Il motivo dello stallo è operativo: né il Venezuela li rilascia né l’Italia se li va a prendere”. Per sbloccare la trattativa, in un contesto così delicato, servirebbe “una nuova visita dell’inviato speciale nel Paese sudamericano. Magari con una delegazione più allargata”.

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