Vasco Rossi: “Al potere c’è una valanga di ignoranza, viviamo un periodo molto buio. Mio padre ha preferito il lager piuttosto che arrendersi al nazifascismo”
- Postato il 21 aprile 2025
- Musica
- Di Il Fatto Quotidiano
- 1 Visualizzazioni
.png)
La “vita spericolata” di Vasco Rossi riprenderà fra poco più di un mese. A fine maggio, da Torino a Messina, il rocker darà il via a una nuova serie di concerti. “Quest’anno il filo rosso che unisce i pezzi della scaletta è: vita, essere, la vita è, vita celebrata, vita ostinata, vita complicata, vita presa alla leggera, vita fiera. Voglio una vita spericolata, anzi sono una vita spericolata… il mio è un concerto di luce”, ha raccontato a La Stampa.
Il Vasco di oggi guarda dentro, molto più che in passato: “Ho cominciato a concentrarmi sul respiro fino a che c’è un attimo nel quale resto senza pensieri. A quel punto provo un senso di pace e gioia! A Napoli c’è un detto, ‘Sta senza pensieri’, che mi piace molto ed è molto buddista. Quindi sono i pensieri che ci fanno soffrire. Nella mente noi anticipiamo il futuro e diventiamo ansiosi, ricordiamo il passato e soffriamo per faccende passate, ma il futuro e il passato sono sempre solo dei pensieri. Esiste solo il presente, l’adesso! È sempre solo qui e ora…”.
Vasco Rossi dice di non fare eccezione rispetto a tutti quanti e di sentirsi “stranito“, in un periodo come questo: “Un’epoca di cambiamenti e di turbamenti, di guerre e di valori rovesciati, di capi di stato impazziti e di dittatori sanguinari confermati… Viviamo davvero un periodo molto buio“. E, in vista del 25 aprile, ricorda: “Pensi questo: arrendersi a oltranza è una forma di resistenza al sopruso e all’ignoranza. Ma la resistenza ai soprusi è sacrosanta. L’avevo detto che stava arrivando una valanga di ignoranza e adesso al potere c’è quella, ma io sono felice di portare gioia e anche amore con i miei concerti, perché poi le mie canzoni sono degli atti di amore, e c’è amore dentro la provocazione perché deve risvegliare le coscienze”. E ancora, il rocker spiega: “Secondo la filosofia orientale, la resistenza è quello che fa soffrire e l’accettazione porta pace. Ma l’accettazione non significa resa, significa comprensione; un po’ quello che ho scritto con ‘conviene arrendersi all’evidenza’”.
Quindi ricorda il padre Carlino, medaglia d’Onore alla memoria, deportato in campo di concentramento a Dortmund come altri 600mila soldati fatti prigionieri per non aver voluto combattere con i nazisti. “Ha preferito il lager piuttosto che arrendersi al nazifascismo e combattere con i tedeschi contro gli italiani. Era in un campo di lavori forzati e senza mangiare molto, per cui ne morivano la metà, di fatica o di botte. Aveva fatto amicizia con un compagno di sventura che gli aveva salvato la vita quando cadde in una buca durante un attacco: si chiamava Vasco. Aveva scritto un diario, con alcuni episodi, e mia madre l’aveva poi ricopiato. Mi chiamò come lui”.
Il debutto musicale? Arrivò per caso. “È cominciata che cantavo in casa, mi avevano iscritto alla tappa di Zocca e ho vinto. Avevo 11 anni. E lì ho conosciuto i giornalisti: il Carlino scrisse ‘Bambino autodidatta che ha imparato a cantare portando le pecore al pascolo’. Non avevo mai visto una pecora, ma ero di paese. In casa tutti contentissimi, cominciai a imparare la chitarra: però poi venne fuori che dovevo fare le superiori. E io: ma scusa, non dovevo fare il cantante? Mi mandarono in collegio dai salesiani e tutto finì. Rimasi deluso da tutta quella storia e da me, e decisi che era finita la parentesi artistica”. Ma quella parentesi si è riaperta, e ha cambiato la storia della musica italiana: “Mi ricordo quando ho avuto il flash del testo; ero in macchina… Ascoltavo sempre musica, giravo da solo, avevo con me una chitarra e la suonavo perché ero libero, non mi conosceva nessuno. Vivevo in un appartamento di via Saragozza che era un accampamento, ma scrivevo le canzoni in macchina e avevo imparato da un anno o due a scrivere i testi sulla musica di Tullio Ferro”.
L'articolo Vasco Rossi: “Al potere c’è una valanga di ignoranza, viviamo un periodo molto buio. Mio padre ha preferito il lager piuttosto che arrendersi al nazifascismo” proviene da Il Fatto Quotidiano.