Una settimana di bontà, inedito di Tonino Conte al Teatro della Tosse dal 23 gennaio

  • Postato il 17 gennaio 2025
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settimana bontà 1975

Genova. “Non era mai il momento per me di mettere in scena un suo testo. Adesso lo è”. Emanuele Conte introduce così Una settimana di Bontà 1975 nuova produzione del Teatro della Tosse ripensata nell’anno in cui il Teatro, oggi Fondazione, compie cinquant’anni e ricorre il novantennale dalla nascita del suo fondatore, regista che ha lasciato il segno nella storia del teatro non solo genovese: Tonino Conte, padre di Emanuele. Debutto in prima nazionale il 23 gennaio alle 20:30, repliche sino al 2 febbraio (lunedì riposo) nella sala Campana con orario domenicale alle 18:30. “Un omaggio alla nostra storia, ma con l’intenzione di rilanciare verso il futuro” commenta il direttore Amedeo Romeo.

Si tratta di un inedito di Tonino Conte a cinquant’anni dalla sua stesura. Il 1975 è stato aggiunto da Emanuele per “calare in un tempo” il testo. Un testo che è annunciato come molto divertente, anche se parla di un momento molto complesso per la città di Genova. “Gli anni di piombo sono stati anni terribili − dice Conte − ma sono ancora poco conosciuti. La compagnia in scena è formata da giovani attori che non ne sapevano nulla. Tutto ciò che noi siamo oggi è passato attraverso quella che è stata una vera e propria guerra civile, con anche tentativi di golpe. Quel periodo, però, aveva una caratteristica: i giovani avevano capacità di reazione, speranze, si andava alla ricerca di un futuro migliore. Oggi invece i giovani hanno una visione del futuro più pessimistica rispetto a quel tempo”.
La grandezza di Tonino Conte in questo testo è proprio di non raccontare gli eventi, di non affrontare mai i temi in modo retorico e superficiale. “Abbiamo riso molto a metterlo in scena − rivela Emanuele Conte − racconta le persone, l’atmosfera delle case, la crudeltà della borghesia, dentro ci sono anche tanti modi di dire suoi personali. Il tutto dà vita a un quadro di teatro dell’assurdo esilarante, eppure si sente la tensione di quei tempi perché è un testo scritto molto bene, con un finale anche forte”. Sei piccoli camerini sul fondo del palcoscenico, sedie, specchi e le classiche lampadine illuminano i visi degli attori che vediamo di schiena, si stanno cambiando, chiacchierano fra loro, ridono.  Poi lo spettacolo comincia – o forse era già cominciato quando il pubblico entra in sala – senza soluzione di continuità. Sette giorni raccontati con gran ritmo, caratterizzati da una colonna sonora di tutto rispetto: Nomadi, Piero Ciampi, Giorgio Gaber, Rino Gaetano, ogni quadro scandito da una canzone.

L’importanza e l’originalità di Tonino Conte sono testimoniate anche dal documentario Qui ci vorrebbe un regista, prodotto da Rai Cultura realizzato da Felice Cappa e proposto in anteprima il 18 gennaio alle 19 nella sala Aldo Trionfo (ingresso libero) e poi visibile su Rai 5 il 25 gennaio attorno alle 22:30 (e poi disponibile su RaiPlay).

Il documentario ripercorre la sua parabola esistenziale e artistica − legata a doppio filo alla città di Genova e al rapporto d’amicizia e collaborazione con lo scenografo Emanuele Luzzati e con tanti altri protagonisti della vita culturale della città della Lanterna – anche attraverso immagini di repertorio dei principali spettacoli realizzati da Conte a partire dagli anni ’60 e delle testimonianze di tanti artisti e amici che lo hanno accompagnato in un viaggio teatrale “sui generis” lungo una vita.

Il direttore di Rai 5 Piero Alessandro Corsini spiega: “Il documentario è anche lo specchio di una città dura, aspra, violenta in contrasto con l’esplosione gioiosa portata da Tonino Conte ed è una scoperta della meraviglia delle teche Rai. Ci sarà un Tullio Solenghi agli esordi nel documentario. Il teatro diffuso di Conte è figlio di quel tempo, ma già preludeva all’esigenza di allargarsi, di aprirsi. È tempo di ritrovarsi anche oggi e capire senso di una collettività”.

Felice Cappa aggiunge: “Il progetto è nato con la moglie di Tonino Maria De Barbieri, Emanuele Conte, Amedeo Romeo. Ho avuto un rapporto filiale con questo teatro, Tonino era un artista inimitabile. Ho avuto la fortuna di frequentarlo quando ero un giovane critico milanese e la Tosse riusciva a sorprenderci, era sempre laterale nelle scelte. Un caos organizzato, un ossimoro che descrive il movimento di grande energia di fronte alle sfide concrete nelle utopie. Tonino dimostrava sempre 20 anni meno di te anche se ne avevi 20 meno di lui. Era difficile stargli dietro. Era un regista per il pubblico. Tu spettatore ti trovavi dentro la macchina scenica. Seguendo quest’onda non volevamo farne un santino con questo documentario. Per dire quanto mi ha influenzato, io mi sono trasferito qui da Milano. Abbiamo anche raccontato gli spettacoli brutti spiegando il perché. Recuperare il suo spirito era una delle cose da restituire. Poi abbiamo anche tentato di recuperare il suo essere poeta e ila sua abilità coi collage”.

 

 

Autore
Genova24

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