Infortunio mortale su una chiatta a Lavagna, per la morte di Vincenzo Anselmi la Procura chiede 8 condanne
- Postato il 14 gennaio 2025
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- Di Genova24
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Genova. La pm Daniela Pischetola ha chiesto di condannare a pene comprese tra 8 mesi e un anno e tre mesi di reclusione otto persone a vario titolo accusate di essere responsabili per la morte di Vincenzo Anselmi, morto a 54 anni, a bordo della chiatta per l’itticoltura Acqua II. Nell’infortunio mortale era rimasto gravemente ferito anche Paolo Co’, 26 anni. La condanna più alta è stata chiesta per il datore di lavoro della vittima.
Anselmi era rimasto stritolato da una cima legata a una campana collegata al corpo della gru dell’imbarcazione. Cò aveva provato a liberare il collega ma era rimasto schiacciato dalla cima anche lui, riportando gravi ferite agli arti. Inizialmente erano stati indagati dalla procura solo il datore di lavoro, il titolare dell’azienda Aqua e il responsabile per la sicurezza dell’azienda, ma la consulenza tecnica disposta procura aveva sottolineato anche la responsabilità degli ispettori della azienda Bureau Veritas che avevano sottoposto a visite di controllo periodico il macchinario il cui malfunzionamento è risultato essere all’origine della tragedia.
Stando alla ricostruzione dell’incidente, che si verificò il 16 dicembre 2017, la barca era in mare con due marinai a bordo e due sommozzatori in acqua per compiere operazioni di manutenzione e verifica dello stato delle gabbie dell’itticoltura in seguito a una mareggiata. La cima che aveva imprigionato Anselmi era stata legata a una gabbia per l’allevamento, che con quella doveva essere in parte sollevata o abbassata. L’altro capo era stato invece collegato alla campana di recupero cavo, una specie di argano, che era stata collocata sul macchinario della gru. Ad un tratto un indumento di Anselmi sarebbe rimasto impigliato tra la campana e la cima.
Il datore di lavoro e il responsabile delegato per la sicurezza non avrebbero effettuato una corretta valutazione del rischio circa il tipo di procedura compiuta dai lavoratori. Il datore di lavoro avrebbe anche la colpa di non aver fornito ai dipendenti attrezzature adeguate per compiere quel lavoro, visto che lo stesso verricello dove era rimasta impigliata la vittima non era conforme ed era stato installato sulla gru solo successivamente e quella di non aver formato adeguatamente i dipendenti rispetto alle manovre di tiro.
I sei ispettori della Bureau Veritas avrebbero secondo l’accusa, la responsabilità di aver ispezionato nel tempo (tra il 2006 e il 2017) l’imbarcazione senza rilevare che il verricello installato non era conforme alle misure di sicurezza.
Gli imputati sono difesi fra gli altri dagli avvocati Simone Vernazza, Angelo Paone, Riccardo Lamonaca. La sentenza è prevista per il prossimo 5 febbraio.