“Una notte io e il mio amico abbiamo rischiato di brutto al Gay Village. Oggi tutti giudicano tutto, anche a ‘causa’ dei talent e di MasterChef”: parla Carl Brave

  • Postato il 24 aprile 2025
  • Musica
  • Di Il Fatto Quotidiano
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“Notti Brave Amarcord”, anticipato dal singolo “Morto a galla”, è il giro di boa di Carl Brave che chiude un cerchio affidando le sue nuove canzoni più crude, dure e senza sconti al suo “vecchio se stesso”. Non manca davvero nulla della vita del rapper e cantautore che svela alcuni aspetti inediti della sua vita passata, ma che ha anche chiara una idea: “Oggi sono più maturo”. Sullo sfondo c’è Roma, ma non quella patinata delle cartoline o quella ritratta nei film americani, ma quella tra droga, prostituzione e violenza.

Si aggiunge come contenuto esclusivo nella sola versione digitale, “Perfect”, un brano inciso con la vincitrice di “Amici di Maria De Filippi” dello scorso anno, Sarah Toscano. Al via dal 16 ottobre “Notti Brave Amarcord Tour 2025”.

Come mai hai deciso di mettere sulla copertina una vecchia foto con tua madre?
Perché è un po’ il primo ricordo che ho della mia vita. Il disco parla tutto al passato. È un disco sul mio vissuto, e quindi volevo iniziare proprio con una foto di me, quando avevo poco più di due mesi, e mia madre. Nella foto eravamo nella nostra prima casa, con i muri dipinti da mio padre… C’è un po’ di ‘core’ dentro questo scatto.

Che figlio sei stato?
Sono stato un buon figlio, secondo me. Molto tranquillo da piccolo, non mai fatto casini. Da grande ho cominciato un po’ a fare qualche danno (ride, ndr)… Ma di base sono sempre stato molto tranquillo e in pace.

Come definiresti questo album?
Un disco che necessita di più ascolti.

In controtendenza rispetto alla musica “usa e getta” di oggi?
Ho voluto che fosse così, volevo fare una roba che fosse diversa, solo mia, senza sovrastrutture, senza regole. Mi sono sentito veramente molto libero parole a scrivere questi pezzi, di getto. La fase creativa è stata sincera.

Cosa ne pensi dei brani scritti da più autori?
Che la gente se ne accorge subito se una canzone è stata scritta da più mani perché perde un po’ di personalità. Io poi su questa cosa sono abbastanza testardo perché sono molto geloso della mia musica, voglio sempre che ci sia una parte di me nei pezzi che faccio.

“Alzo bandiera bianca insulti da quella platea” dici nel singolo “Morto a galla”. Di chi o cosa parli?
In generale parlo del giudizio e del fatto che oggi tutti si sentano in diritto di dover giudicare e dire qualsiasi cosa. Questa cosa è nata anche, secondo me, un po’ per i talent show o MasterChef… Il mio messaggio è che io continuo e continuerò a fare sempre quello che mi sento di fare.

Hai sofferto del giudizio altrui?
Per alcune cose sì. Sicuramente sono uno che quando mi dici qualcosa di negativo un po’ l’accuso inizialmente, poi però sono uno che si chiude e va avanti…Ma ci penso anche un po’ su alla fine.

In “Isola Tiberina” canti : “Ho detto ce l’ho fatta con i primi haters (…) non ho mai puntato un ferro a salve contro un video maker”. Una immagine un po’ troppo cruda?
Ed è voluto, questo disco è molto crudo. Allora quando dico che ce l’ho fatta con i primi haters è perché finché tutti ti dicono “bravo” vuol dire che sei ancora un po’ all’inizio del tuo percorso. Finché non arriva la gente che ti punta il dito, capisci che è arrivato il grande pubblico e c’è sempre qualcuno che ti dice che fai schifo, arriva anche l’ondata di odio. Non ho mai puntto una pistola contro un video maker (ride, ndr), ma ho inserito questa immagine perchè si avvicina all’idea di questo personaggio criminale e fake.

In “Respirare nel buio” racconti di “quella volta che abbiamo rischiato brutto là al Gay Village”. È accaduto veramente?
Certo. Tutto questo disco è autobiografico. E, come cito nella canzone, è stata tutta colpa del mio amico Zoltan se è successo un parapiglia.

Ma cosa è accaduto?
Il mio amico si è messo a litigare per una ‘situazione’ e ci hanno buttato fuori. Si era creata una mezza rissa con tante persone… Ma quando ci hanno buttato fuori in qualche modo ci siamo salvati.

Ma le hai prese?
Beh le ho anche prese sicuramente, ma alla fine non è successo nulla ed è finita lì.

La Roma che viene descritta nelle tue parole non è quella da cartolina, ma ci sono la droga, la prostituzione… Perché hai voluto raccontarci questi aspetti?
L’ho fatto con estrema sincerità, ma anche le cose che spesso non vengono dette o raccontate fanno parte della città, della vita, soprattutto perché poi le ho vissute. Poi è anche un paradosso perché contrapposti a queste immagini “forti” c’è il Vaticano, il concetto di fede, che comunque è un po’ fuori dal mio vissuto.

Questo disco a chi è dedicato?
Al vecchio me stesso. Oggi so cosa voglio, so quello che ho e cerco di tenermelo stretto, so come vivere… Magari mi sono ritrovato in passato a non sapere cosa fare nella vita, ti ritrovi in mezzo alla strada, fai mille lavoretti, cercando la tua passione, cercando di svoltare con la musica. Oggi sicuramente sono più maturo anche nella musica.

C’è qualche canzone del passato che oggi non rifaresti?
Sì, non avrei fatto alcune cose, alcuni lavori, alcune situazioni … Però siamo qua.

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Il Fatto Quotidiano

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