Ultima Generazione: Alina, Beatrice e Serena inizieranno lo sciopero della fame se la Flotilla sarà bloccata

  • Postato il 16 settembre 2025
  • Ambiente
  • Di Il Fatto Quotidiano
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di Ultima Generazione

Un attivista di Ultima Generazione – Stefano, insegnante e skipper – è partito dalla Sicilia con la Global Sumud Flotilla, diretta a Gaza con aiuti umanitari e personale medico. Se la marina israeliana fermerà le navi, da terra inizierà lo sciopero della fame a oltranza. Le prime ad annunciarlo pubblicamente sono Alina dell’Aquila, 36 anni, madre di tre figli, Beatrice di Torino, 32 anni, veterinaria e Serena di Milano, 39 anni, educatrice e professionista sanitaria. “Ho deciso di unirmi allo sciopero e a privarmi del cibo, perché non riesco più a tollerare ciò che sta succedendo a Gaza” – dichiara Alina, madre di tre figli. “Ora basta! Non continuerò la mia vita come se nulla fosse, metto il mio corpo a disposizione e andrò avanti con lo sciopero della fame a oltranza, il mio impegno è per la Flotilla e per la Palestina, affinché riesca nella sua missione e affinché le persone partite tornino a casa senza un graffio e che il governo riconosca che le atrocità che stanno succedendo a Gaza sono un genocidio! Invito chiunque lo desideri ad unirsi: c’è ancora speranza, possiamo e dobbiamo ancora agire.”

Sciopero della fame come forma di resistenza non violenta – Ultima Generazione sosterrà tutte le persone che sceglieranno lo sciopero della fame come forma di resistenza nonviolenta e di pressione sul governo italiano, affinché garantisca il ritorno in sicurezza dei connazionali imbarcati e riconosca il genocidio in corso a Gaza. Proprio lunedì 8 settembre la Spagna ha annunciato un embargo totale sulle armi verso Israele: stop a navi e aerei con carburante, munizioni e materiale militare. Se Madrid può agire, anche l’Italia deve assumersi le proprie responsabilità. Serena, 39 anni, educatrice dichiara: “Mi sento fortunata a non svegliarmi ogni giorno sotto le bombe e proprio per questo ho il dovere umano, morale ed etico di non restare indifferente davanti alla violenza e all’abuso di potere. Non è una scelta, ma una responsabilità prendere posizione, per restare Umani. Credo nella solidarietà e voglio sperare che, come io desidero aiutare chi è in difficoltà, altri lo farebbero per me. Penso alle mie nipoti. Finché anche un* bambinə può morire di fame come strumento di sterminio, non avrò un diritto maggiore al nutrimento, finché la voce del popolo non sarà ascoltata dai governi e questo abominio non finirà”.

Il governo Meloni deve riconoscere il genocidio – Quella della Global Sumud Flotilla è una grande azione nonviolenta, e se il governo di Israele bloccherà le navi, da terra persone di Ultima Generazione inizieranno uno sciopero della fame come forma di protesta, per chiedere il sicuro ritorno degli italiani imbarcati e soprattutto al governo Meloni il riconoscimento del genocidio a Gaza. Ma la resistenza non si ferma: tutti noi possiamo agire subito mettendo pressione economica. Il boicottaggio è uno strumento concreto e potente di resistenza civile: rifiutando i prodotti e le catene della grande distribuzione complici, colpiamo direttamente gli interessi che sostengono l’occupazione israeliana. Stefano, 60 anni, giornalista e skipper, dichiara: “Noi vogliamo costringere il governo israeliano alla decisione più giusta, a riporre le armi e aiutare il popolo palestinese stremato da due anni di genocidio. La Global Sumud Flotilla ha tantissime anime al suo interno; una è quella dell’attivismo ambientale e ci sono tantissimi punti in contatto con le istanze ambientaliste. Quello che sta avvenendo a Gaza è soltanto la punta di un iceberg di un modello che è rapace di territori, che distrugge le popolazioni sotto il peso di economia coloniali.

Boicottiamo per colpire gli interessi economici – Siamo già 50.000 ad aver scelto questa forma di resistenza attiva, unendoci in una mobilitazione che va oltre gli aiuti umanitari – pur necessari – e mira a compiere un atto politico concreto contro il genocidio in corso. L’obiettivo è duplice: tentare di forzare il blocco navale imposto da Israele e incidere direttamente sugli interessi economici che alimentano l’occupazione. Gli Stati europei restano legati a interessi militari ed energetici e non intervengono: spetta a noi cittadini agire, anche da casa propria, attraverso il boicottaggio. Come ricorda Francesca Albanese in Quando il mondo dorme: “Il sistema che reprime i Palestinesi è lo stesso a cui apparteniamo noi.” Questo passa anche attraverso i supermercati, che vendono prodotti coltivati su terre sottratte ai palestinesi, mentre in Italia comprimono i piccoli agricoltori, trasformando la spesa quotidiana in un lusso.
Siamo già in 50.000. Unisciti anche tu: https://vai.ug/boicottaggio?f=cs

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Il Fatto Quotidiano

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