Trump riscrive la mappa degli interessi strategici. Quale ruolo per l’Ue? Risponde Irdi

  • Postato il 8 dicembre 2025
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  • Di Formiche
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La prima differenza sostanziale con le precedenti Nss è che c’è una fusione tra la linea del presidente Trump e il concetto di Stati Uniti” commenta Beniamino Irdi, non-resident senior fellow dello Scowcroft Center for Strategy and Security allAtlantic Council, analizzando con Formiche.net la National Security Strategy (Nss) appena pubblicata dallamministrazione Trump. Fin dall’introduzione il documento identifica gli Usa con l’amministrazione, attraverso la familiare contrapposizione partisan fra le ‘elite della politica estera americana’, corrotta da ‘globalismo e transnazionalismo’, e Donald Trump come elemento identificativo e salvifico degli interessi del popolo americano.

In linea generale, questa Nss certifica l’esistenza di una doppia anima nell’amministrazione. Da una parte, c’è quella ipertransattiva, a cui siamo ormai molto abituati. Nella gran parte della Nss, la definizione dellinteresse strategico americano è scandita in termini completamente a-valoriali”, a partire dal pragmatico riconoscimento che nel mondo multipolare Washington non può più ambire auna supremazia strategica indiscussa sul resto del mondo.

Ecco, quindi, l’esplicita dichiarazione che il focus della strategia è il “core national interest” degli Stati Uniti. Questo significa una ridefinizione di interessi verso linterno e l’immediato vicinato, come evidenziato dallo spazio dedicato allimmigrazione, che occupa il primo paragrafo della sezione “priorities, e il focus sull’emisfero occidentale attraverso un “corollario Trump alla dottrina Monroe”.

Ma il vero cambio di marcia, anche rispetto alla prima amministrazione Trump, è il prevalere di un’altra anima, questa invece fortemente ideologica. “La Nss è pervasa di riferimenti ai valori tradizionali come elemento costitutivo dellinteresse nazionale americano e alla necessità di proteggerli, ma ancor più che per gli americani ciò ha delle conseguenza per gli alleati”, siano essi europei o asiatici (su cui è basato l’approfondimento settimanale di Indo-Pacific Salad).

Restiamo per un momento nell’Indo-Pacifico. “Quello che esce è un quadro misto. La prima cosa che va notata è che la regione in quanto tale non ha un grande ruolo nella Nss, se non attraverso la lente pressoché unica della rivalità globale con la Cina. Per Irdi, però, questa rivalità strategica è vista quasi esclusivamente in termini competizione tecnologica ed economica, in cui temi come i materiali critici e la libertà di navigazione giocano un ruolo cardine. Da ciò discende la forte richiesta ad alleati e partner regionali a fare di più per contribuire alla vittoria americana di questa competizione strategica, in cambio di garanzie di sicurezza americane che vanno comunque assottigliandosi. Tra laltro, basta osservare che Paesi minori come le Filippine o lintero blocco Asean non sono citati nella Nss.

“Il linguaggio su Taiwan non è debole”, aggiunge Irdi, perché l’importanza di evitare alterazioni unilaterali allo status quo è legata nella Nss al suo ruolo nella produzione di chip e ai flussi commerciali navali nella regione, quindi alla competizione economica di cui sopra. Inoltre, la Nss conferma un engagement militare statunitense nei dintorni dell’isola attraverso il proposito di costruire un equilibrio deterrente contro aggressioni “ovunque nella prima catena di isole”, seppure con il contributo degli alleati. Tuttavia, il tono della strategia, molto imperniato su obiettivi materiali e tangibili, potrebbe lasciare il dubbio negli alleati della regione, che se questi risultati potessero essere raggiunti anche attraverso un grand bargain con Pechino basato sulla spartizione di aree di influenza, essi potrebbero essere sacrificati lungo la strada”.

Tornado all’Europa, si sta discutendo molto sul messaggio. ”È chiarissimo, ed è qui che questa anima ideologica sembra prevalere in tutta la sua forza su quella transattiva, sancendo la vittoria della linea rappresentata dal vicepresidente J.D. Vance. Come, perché? La postura verso lEuropa della Nss riecheggia il discorso di Vance alla Munich Security Conference. Il messaggio non è più che l’Europa deve farsi carico della propria sicurezza di fronte a minacce comuni come la Russia, osservazione peraltro sacrosanta, ma che l’unica minaccia vera all’Europa è la sua propria tendenza al suicidio attraverso il cambiamento demografico, l’ipertrofia regolamentare e la sua presunta rinuncia ai valori democratici.

Ma questo non rischia di far uscire un messaggio in cui gli Usa sembrano auspicare la disgregazione dellUe? “La Nss auspica apertamente la fine dell’espansione della Nato e individua nella crescita dei partiti patriottici in Europa un elemento di ottimismo, ribadendo che gli Stati Nazione rimarranno l’unità politica fondamentale del mondo”. Nelle ultime 48 ore Elon Musk ha twittato in favore dell’abolizione dell’Ue e l’ha equiparata al Terzo Reich. Il vicesegretario di stato Christopher Landau si è espresso contro le “politiche di civilizational suicide dei burocrati non eletti, non democratici e non rappresentativi” di Bruxelles. “Non so bene di quali altri segnali ci sia bisogno per constatare definitivamente che la fine dell’Ue è un obiettivo di politica estera americana”.

Ma allora, cosa vogliono gli Usa da noi? “Molti dei problemi europei su cui gli Usa puntano il dito sono reali, dall’incapacità di definire e preservare un’identità incardinata sui valori occidentali fino al distacco fra la burocrazia bruxellese e le opinioni pubbliche. Ma l’obiettivo non è più aiutarci a risolverli per renderci un alleato più forte e affidabile. Siamo dati per persi e percepiti ormai con ostilità e come un mezzo, al più come un mercato, e non più come un fine come era stato negli ultimi decenni. Irdi ricorda che,visto che nessun Paese europeo, comprese la Germania e la Francia, hanno il peso militare ed economico per sopravvivere nel lungo periodo alla pressione di Cina, Russia e anche di questi Stati Uniti come stati nazione autonomie la Nss certifica che lalleanza transatlantica è sostanzialmente finita.

E qual è la way forward? “Fino a questo momento noi europei abbiamo avuto una comprensibile resistenza psicologica di fronte a questo cambiamento e sono sorpreso dei molti osservatori che, di fronte a questa Nss, hanno reagito con un cinismo “business as usual” quasi di maniera”.

Invece, dobbiamo prendere atto del cambiamento con tutta l’urgenza e la solennità del caso. Non c’è alcun bisogno di farlo in modo pubblico e roboante. Ma nei nostri processi politici, dobbiamo superare la sindrome da arto fantasma e ripensare quasi da zero la postura europea su tutti i quadranti, come se lEuropa fosse da sola e non ci fosse alcuna sovrapposizione di interessi con gli Usa. LUcraina è il nostro primo test: questo significa riuscire a costruire una vera e propria strategia che abbia un respiro di qualche anno, che mandi il messaggio alla Russia che il contributo che lEuropa può portare allUcraina è prevedibile e durevole. Il risultato di questo test si leggerà non dalle dichiarazioni ma dai fatti, e rapidamente. Dalle armi che nei prossimi mesi, non anni, arriveranno dall’Ue all’Ucraina, e negli strumenti cui ricorreremo per finanziarli insieme, e più in generale nelle rinunce e cessioni di sovranità che sapremo sopportare per difendere la nostra sicurezza.

E se non ci riusciamo? Se ci rendiamo conto che lEuropa così com’è costruita, dalla presenza di Paesi come lUngheria ai meccanismi decisionali attuali, non è in grado di raggiungere questirisultati, dobbiamo essere noi a riconoscere che lUe come la conosciamo ha raggiunto il suo potenziale in termini di integrazione politica, e che siccome questo livello di integrazione politica non è sufficiente per rimanere sul ring, è finita e bisogna cambiarla, eventualmente verso un formato più ristretto, ma con un livello di like-mindedness più alto. Vaste programme naturalmente, ma l’alternativa è una fine peggiore .Ossia, siamo in un momento life-or-death, e dobbiamo capirlo”.

Da tutto questo, sembra anche distillarsi un messaggio per lItalia? Diciamo che la Nss rende più difficile qualunque ambizione di essere un ponte fra le due sponde dell’atlantico. Ed è dunque evidente che serve anche in questo caso consapevolezza sulle scelte future, per evitare di rimanere incastrati in mezzo al guado”.

Autore
Formiche

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