Trump e l’esca della lotta al narcotraffico per colpire il Venezuela: Caracas rafforza la presenza militare in cinque Stati

  • Postato il 9 settembre 2025
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“Nessuno verrà qui a fare il lavoro al posto nostro, nessuno metterà piede su questa terra per fare ciò che spetta a noi”. Parla da un bunker il ministro della Difesa venezuelano Vladimir Padrino López, in compagnia dello Stato maggiore superiore delle Fanb, Forze armate nazionali bolivariane, mentre annuncia a reti unificate un “dispiegamento militare rafforzato” nel territorio che si affaccia sui Caraibi e sull’Atlantico, dalle località al confine con la Colombia alla Guyana Esequiba, contesa tra Caracas e Georgetown. Il dispositivo di sicurezza coinvolge quindi cinque regioni del Paese – Zulia, Falcón, Nueva Esparta, Sucre e Delta Amacuro – e vedrà impegnati “venticinquemila agenti”, oltre a “mezzi navali, fluviali, droni” e altri strumenti con l’obiettivo di “determinare e comprovare l’assenza di coltivazioni illecite” e traffico di droga. Sotto la lente la Guajira venezuelana (Zulia) e la penisola di Paraguaná (Falcón), “dov’è passata l’operazione Gideon finanziata dal narcotraffico”, ha sottolineato Padrino López, reclamando “Paz y victoria!” al termine dell’allocuzione.

Quando dice “nessuno verrà qui a fare il lavoro al posto nostro” il ministro della Difesa risponde direttamente alle recenti minacce di Washington che – secondo Cnn – valuta possibili attacchi mirati sul territorio venezuelano per “indebolire” il governo di Nicolás Maduro. “Ve ne accorgerete da soli”, ha risposto alla stampa il presidente Usa Donald Trump, all’uscita della Casa Bianca, senza confermare né smentire gli ipotetici attacchi su Caracas. Nelle ore precedenti, in diretta tv, il presidente Usa ha autorizzato il Pentagono ad abbattere gli aerei militari venezuelani che interferiscano nelle operazioni antidroga nei Caraibi. “Se ci mettono in difficoltà li abbatteremo”, ha ammonito Trump in risposta all'”azione provocatoria” di due F16 che giovedì hanno sorvolato uno dei distruttori Usa dispiegati nei Caraibi.

Nel frattempo Washington invia altri undici F-35 nei Caraibi, rafforza la sua presenza in Portorico – che qualche ora fa ha ricevuto la visita del segretario di guerra, Pete Hegseth, e del generale Dan Caine, presidente dello Stato maggiore congiunto – e compie manovre nello spazio aereo della Guyana, il cui governo ha chiesto l’intervento Usa di fronte alla minaccia di Caracas. “Questi voli riflettono il nostro sostegno alla sovranità e integrità territoriale della Guyana”, ha spiegato in una nota l’ambasciata Usa a Georgetown, confermando l’alleanza militare con il governo presieduto da Irfaan Ali. Al centro della disputa c’è proprio la regione contesa dell’Esequibo, dov’è situato il blocco Stabroek, che vanta consistenti riserve di petrolio – 11 miliardi di barili – e gas.

Va ricordato che l’escalation ha preso il via dopo l’affondamento di una nave venezuelana che, secondo la Casa Bianca, trasportava droga in acque internazionali, uccidendo undici persone. La nave affondata proveniva da San Juan de Unare, e i residenti confermano al fatto.it la veridicità dell’attacco, parlando della perdita dei loro familiari. “Era forse la volontà di Dio“, dice una delle madri, “ma fa male, molto male, perché la nostra famiglia non è coinvolta in giri criminali, che esistono in tutte le parti, non solo a San Juan de Unare. È un’ingiustizia”. Come molte località che si affacciano sui Caraibi San Juan de Unare è una località di pescatori dove, secondo diverse fonti, tra cui Infobae ed Elpitazo.net, passano droga e merci di contrabbando, ma finora le autorità Usa non hanno fornito alcuna prova sul coinvolgimento dell’imbarcazione affondata in operazioni di narcotraffico.

“Uccidere i membri di cartelli che avvelenano i nostri cittadini è il miglior modo di impiegare le forze armate”, è stato il commento del vicepresidente Usa JD Vance, che sposa la “mano dura” di Rubio contro i cartelli. E la portavoce Onu dei Diritti umani, Ravina Shamdasani, ricorda che la lotta al narcotraffico può fare a meno del principio di legalità. “L’uso intenzionale della forza letale è permesso soltanto come ultima risorsa contro una persona che rappresenti una minaccia incombente” per le vite altrui, ha ribadito Shamdasani, che chiede un’indagine indipendente, tempestiva e trasparente sui fatti. L’attacco è stato condannato anche dalla maggior parte dei membri della Celac, la Comunità di Stati latinoamericani e dei Caraibi, ma l’opposizione di nove Paesi – tra cui Argentina, Ecuador e Paraguay – ha impedito il rilascio di una nota congiunta. Risponde agli Stati Uniti anche il presidente venezuelano Nicolás Maduro, che esorta Washington ad “abbandonare il suo piano di un regime change violento in Venezuela e in tutta l’America Latina“. A reti unificate Maduro, che non ha escluso l’ipotesi di “lotta armata” in caso di aggressione, ha ribadito che “nessuna delle differenze” tra Caracas e Washington “può giustificare un conflitto militare“.

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Il Fatto Quotidiano

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