Nepal, la Gen Z dà fuoco al Parlamento e alle case dei politici dopo il blocco dei social. Il premier si dimette
- Postato il 9 settembre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Le immagini mostrano una enorme cortina di fumo che avvolge il Parlamento, che i manifestanti hanno dato alle fiamme. E dopo una giornata di pesanti scontri tra polizia e manifestanti in cui sono morte 19 persone il primo ministro del Nepal, Kp Sharma Oli, si è dimesso. Le fiamme hanno anche travolto il cancello principale di Singha Durbar, il palazzo a Kathmandu che ospita edifici del governo e alcuni ministeri. Le dimissioni del premier aprono la strada “a una soluzione costituzionale dell’attuale crisi”, ha spiegato lo stesso Sharma Oli, che nei giorni precedenti ha visto il suo governo sfaldarsi. Prima di lui hanno infatti lasciato tre ministri: lunedì 8 settembre, il responsabile degli interni Ramesh Lekhak per le accuse di eccessivo uso della forza da parte delle forze di polizia. Poi quello dell’Agricoltura Ram Nath Adhikari e quello per le Forniture idriche Pradeep Yadav che, in una nota, ha espresso “sostegno per i giovani della Gen Z che si sono opposti alla repressione condotta dal governo”. Le manifestazioni in corso sono state proprio definite la protesta di questa generazione, che include le persone nate tra il 1995 e il 2010. Sono state in gran parte una risposta al divieto di accesso ai social entrato in vigore la scorsa settimana, e oggi revocato, e al più ampio tentativo del governo di regolamentarli attraverso un disegno di legge che impone alle piattaforme di registrarsi e di sottoporsi alla supervisione e alle normative locali. Provvedimento che nasce da un ordine della Corte suprema che le aveva poste sotto la supervisione dello Stato in un tentativo di combattere la disinformazione online. Oltre a questo, la rabbia di adolescenti e giovani adulti nepalesi è collegata anche a un risentimento relativo alla corruzione e alla frustrazione per il nepotismo nella politica del Paese.
Media e video diffusi sui social hanno mostrato i manifestanti attaccare le residenze dei principali leader politici a Katmandu e dintorni. Le autorità hanno imposto il coprifuoco nella capitale, dove le scuole restano chiuse, e in altre città. Tra le abitazioni date alle fiamme figurano quelle di Sher Bahadur Deuba, leader del più grande partito del paese, Nepali Congress, del presidente Ram Chandra Poudel, del ministro degli Interni Ramesh Lekhak e del leader del Partito Comunista del Nepal, Pushpa Kamal Dahal. La polizia nepalese ha usato gas lacrimogeni e idranti per disperdere migliaia di manifestanti a Kathmandu, ed è intervenuta quando la manifestazione si è avvicinata al Parlamento. “Molte persone sono rimaste ferite da entrambe le parti”, ha detto il portavoce della polizia Shekhar Khanal, senza fornire una valutazione più dettagliata degli incidenti.
La sentenza della Corte Suprema – Il Ministero delle Comunicazioni e delle Tecnologie dell’Informazione del Nepal ha annunciato giovedì scorso di aver ordinato il blocco di 26 piattaforme, tra cui Facebook, YouTube, X e LinkedIn, che non si erano registrate entro la scadenza. In base a una sentenza della Corte Suprema del 2023, il Ministero impone loro di nominare un rappresentante locale e una persona responsabile della regolamentazione dei loro contenuti. Da quando il blocco è entrato in vigore, le piattaforme ancora attive, come TikTok, sono state inondate di video che mettono in discussione lo stile di vita lussuoso dei figli dei politici. In una dichiarazione diffusa ieri, il governo ha negato qualsiasi tentativo di minare la libertà di pensiero e di espressione e ha sostenuto che la sua decisione mirava a creare “un ambiente per la loro protezione e il loro libero esercizio“.
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