Torino, il Tar boccia la stanza delle associazioni anti-aborto: “Non rispetta le condizioni della 194”

  • Postato il 2 luglio 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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La stanza delle associazioni anti-abortiste all’Ospedale Sant’Anna di Torino non può rimanere aperta. Il Tar del Piemonte ha annullato la convenzione stipulata il 28 luglio 2023 dall’Aziende ospedaliera “Città della Salute e della Scienza” con il Centro di aiuto alla vita, il Movimento per la vita e con la supervisione di FederviPA, che raggruppa associazioni e movimenti pro-vita di Piemonte e Valle d’Aosta. Lo hanno stabilito i giudici con la sentenza depositata oggi, accogliendo il ricorso presentato dall’associazione femminista “Se non ora quando?” e dalla Cgil. “Esprimiamo soddisfazione per la decisione presa dai giudici amministrativi, che hanno ritenuto valide le ragioni che ci hanno portato ad opporci al progetto anti-abortista della Regione Piemonte”, hanno dichiarato Elena Ferro, segretaria della Cgil Torino, Anna Poggio, segretaria della Cgil Piemonte e Laura Onofri, presidente dell’associazione “Se non ora quando? Torino”.

Nel pieno dell’estate 2023, l’Azienda ospedaliera aveva firmato la convenzione in base alla quale alle associazioni antiabortiste veniva assegnata una stanza per “un servizio, effettuato da volontari, di supporto e ascolto delle donne gestanti che ne abbiano la necessità, nell’ambito di un più generale percorso delle donne che vivono la gravidanza con difficoltà e potrebbero prendere in considerazione la scelta dell’interruzione della stessa”, è riassunto nella sentenza.

Nell’ottobre 2023 “Se non ora quando?” e la Cgil – assistite dagli avvocati Piero Nobile, Sofia Mercaldo, Vittorio Angiolini, Stefano Invernizzi, Corrado Guarnieri e Francesca Romana Guarnieri – hanno presentato un ricorso al Tar del Piemonte. Molti erano i rilevi sollevati dai ricorrenti. Di questi, i magistrati ne hanno ritenuti fondati alcuni. In particolare, secondo il Tar le due organizzazioni pro-vita devono “attenersi alle condizioni stabilite dalla legge”, la 194, e per svolgere le loro attività di informazione e assistenza devono rispettare “requisiti di idoneità e professionalità” dei volontari, che però l’ospedale non ha valutato prima di stipulare la convenzione: “Quest’ultima si limita infatti a precisare che la scelta ricadrà su volontari con maggiore esperienza nell’accompagnamento in gravidanze difficili e appositamente formati e ad ascrivere al presidente dell’associazione la garanzia della qualificazione dei volontari, senza ulteriore specificazione e senza prevedere alcun controllo sul punto da parte dell’amministrazione pubblica”, annotano i giudici. Le “risorse umane impiegate nello svolgimento dell’attività prevista dalla convenzione – si legge ancora – non soddisferebbero i requisiti di idoneità previsti in termini di capacità tecnica e professionale”. E ancora: “Non è dato comprendere che tipo di preparazione o qualificazione abbiano i suddetti volontari né di chi si tratti nello specifico, né in che modo sia dato riscontro all’amministrazione pubblica dell’idoneità/capacità professionale dei volontari”, perché la convenzione stabilisce soltanto che “la qualificazione dei volontari è garantita dal presidente dell’associazione, il quale decide, in base alla propria discrezionalità, l’assegnazione delle attività da svolgere”. Tutto molto vago.

C’è poi un altro rilievo a cui i giudici hanno dato credito. La FederviPA, che da statuto si oppone alla “legislazione abortista”, non è iscritta al registro delle imprese del terzo settore, e quindi non può avere un “ruolo di supervisore e coordinatore dell’attività dei volontari”, come prevede la convenzione.

Secondo l’assessore regionale alle Politiche sociali Maurizio Marrone (Fratelli d’Italia), principale sponsor dei movimenti antiabortisti nella giunta di Alberto Cirio, la sentenza del Tar ha sancito “la piena legittimità del servizio”: “L’associazione ha tutte le figure professionali, esperte e formate richieste dal Tar, immagino che la riscrittura della nuova convenzione potrà contenere senza problemi le indicazioni del Tar offrendo così continuità ad un’azione di aiuto alle donne in difficoltà proprio lì dove serve”.

Per le opposizioni la sentenza rappresenta una vittoria in difesa della 194. Secondo Sarah Disabato, capogruppo M5s in Piemonte, il Tar “ha posto un freno alla deriva anti-abortista della nostra regione. Gli spazi pubblici devono restare liberi dalle ingerenze ideologiche e propagandistiche e devono poter garantire a tutti la libera scelta”. Per Chiara Gribaudo, vicepresidente del Partito democratico, la stanza è “uno sperpero di denaro pubblico, soldi che potevano essere investiti sulla sanità e che invece la giunta Cirio ha scelto di buttare in una stanza contro i diritti delle donne”. “Ora si investa davvero sui consultori familiari, sui percorsi rivolti alla salute delle donne, alla genitorialità consapevole, all’educazione sessuale e alla contraccezione – hanno affermato la vicepresidente del Senato, Anna Rossomando, e la consigliera regionale del Piemonte, Nadia Conticelli (Pd) – La norma regionale che prevede la contraccezione gratuita per le giovani donne e le donne in fragilità economica è lettera morta da sei anni”.

“Nelle strutture sanitarie pubbliche occorre riconoscere pienamente il ruolo e la professionalità di operatrici e operatori sanitari, unici titolati ad accompagnare le donne nelle proprie autonome e informate scelte, in materia di interruzione di gravidanza – hanno aggiunto Valentina Cera, Giulia Marro e Alice Ravinale di Alleanza verdi-sinistra –. Anziché continuare a sperperare denaro pubblico inondando di risorse associazioni antiabortiste, chiediamo a gran voce che tali risorse, sottratte ai servizi essenziali, siano immediatamente destinate alle professionalità sanitarie di cui sopra”.

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Il Fatto Quotidiano

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