TONY FANCIULLO, L’UOMO CHE L’ARTE NON RIESCE A CONTENERE

  • Postato il 9 dicembre 2025
  • Editoriale
  • Di Paese Italia Press
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Ci sono artisti. E poi ci sono esplosioni che l’arte riesce appena a trattenere. Tony Fanciullo appartiene a questa seconda specie: un creatore a tutto tondo, nel senso autentico e non abusato dell’espressione. Pittore, scenografo, regista, scultore, visionario di lungo corso. Uno che, se lo chiudi in un solo linguaggio, ti sfonda le pareti per uscirne. Non perché sia capriccioso — ma perché la sua smania di creare è più grande di qualunque recinto.
La sua vita, a ben guardarla, è talmente densa che potrebbe essere un film. E non uno di quelli da pomeriggio televisivo: un film vero, di quelli dove l’arte e il destino si inseguono, si sfidano, si riconoscono.
Figlio d’arte, cresciuto con la pittura come si cresce con il pane e l’aria, Tony non ha mai scelto davvero: è stato l’arte a scegliersi lui. A Bologna, al D.A.M.S., non perde tempo in estetismi vacui: studia, assorbe, capisce. E poi esplode. Nel 1988 la Biennale di Bologna lo richiama accanto a Pancaldi, Merichi, Baracchi. Non uno stilista tra tanti, ma un giovane siciliano che porta nelle stoffe la luce del Sud.

Tony Fanciullo – Vittorio Sgarbi

Nel 1998 arriva il primo grande riconoscimento: Vittorio Sgarbi lo seleziona per la Biennale di Vittoria Arte. E sì, Sgarbi esagera, sbraita, divide, ma sul talento ha quasi sempre ragione. Fanciullo è un “Giovane Artista” autentico: non una promessa, ma un fatto.
Poi Roma, 2005. Il Ministero delle Pari Opportunità lo vuole come direttore artistico di progetti culturali. E lui, invece di diventare un burocrate ripulito, organizza mostre che hanno il coraggio della carne: Donne del Mediterraneo, Donne e Gioielli nell’Arte. Progetti patrocinati dalla Presidenza del Consiglio, con premiati del calibro di Bruno Vespa. Chi pensa che l’arte sia frivolezza, qui può tranquillamente tacere.
Nel frattempo espone a Roma e a Siracusa, attraversa forum della Pubblica Amministrazione senza perdere la sua cifra identitaria: una potenza narrativa che parla tutte le lingue della forma.

Ma è nel 2009 che avviene il ritorno alla terra madre: Siracusa. L’I.N.D.A. — istituzione severa, storica, non incline alle improvvisazioni — lo sceglie per la scenografia de “Le Supplici” di Eschilo al Teatro Greco. È come se la pietra stessa lo avesse chiamato. E Tony risponde con una visione che rispetta l’antico e lo rilancia, lo fa respirare senza addomesticarlo.
Dal 2011 al 2015 dirige la tournée internazionale del Balletto Russo per il Teatro Lirico Siciliano. “Il Lago dei Cigni”, “Romeo e Giulietta”: titoli che si pronunciano solo se si ha la capacità di reggerli. Lo fa attraversando i templi del teatro italiano: il San Carlo di Napoli, la Scala di Milano, gli Stabili di Palermo, Catania, Roma. Ovunque lasciando un segno che non è decorazione, ma identità.
Dal 2007 firma scenografie e manifesti per il Festival del Teatro Classico dei Giovani a Palazzolo. È un lavoro quasi sacerdotale: educa a vedere, a capire che la bellezza non è mai semplice, mai gratuita.

Oggi presiede l’Associazione Culturale Triade. E continua a essere ciò che è sempre stato: un uomo che l’arte non riesce a contenere. Perché quando dipinge, già pensa al teatro. Quando scolpisce, immagina una scena. Quando crea una scena, sogna una storia. E così via, in un movimento incessante che non concede tregua.
In un mondo dove troppi si fregiano del titolo di artista solo perché hanno un profilo social pieno di filtri, Tony Fanciullo resta una rara certezza: uno che l’arte la fa, la pensa, la vive. Senza scorciatoie, senza compromessi, senza paura.Ecco perché, sì: la sua vita meriterebbe un film. Perché il talento, quando è vero, fa sempre rumore. Anche in silenzio.

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Massimo Reina


 

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