Ti ricordi… Carlos Mozer, il difensore di roccia che “scoprì” Mourinho

  • Postato il 19 settembre 2025
  • Calcio
  • Di Il Fatto Quotidiano
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“Nepomuceno”, letteralmente “di Nepomuk”, una città in Boemia. La Boemia c’entra poco con Jacarepaguà, un’area di Rio de Janeiro, ma i genitori di Josè Carlos Nepomuceno conosciuto semplicemente come Mozer erano evidentemente devoti di San Giovanni Nepomuceno, tanto da chiamare così il figlio il figlio alla nascita, sessantacinque anni fa. Un “duro” San Giovanni Nepomuceno: neppure sotto tortura cedette ai diktat del Re Venceslao IV. Un duro pure Carlos Mozer, difensore ricordato proprio per il suo carisma e la sua spigolosità.

Nato a Jacarepaguà, dove esisteva il circuito automobilistico Nelson Piqué che ospitava Gran Premi di Formula 1 e Gare del Motomondiale. Il rombo di quelle auto piaceva non poco al piccolo Carlos, che sognava di diventare un pilota di Formula 1 ma intanto giocava a pallone per strada, che è pur sempre Rio de Janeiro. È veloce, carismatico, ma troppo mingherlino secondo il Botafogo, che non ci crede abbastanza, ci crede il Flamengo invece e in particolare Zico che lo prende sotto la sua ala protettrice. Entra nelle giovanili rossonere nel 1975 e a vent’anni, nonostante la grande concorrenza, è già titolare: c’è quando nel 1981 il Flamengo vince la Coppa Intercontinentale, in una difesa che riduce all’impotenza attaccanti del calibro di Kenny Dalglish.

Carismatico, autorevole già da giovanissimo, si distingue per aggressività e per carattere: “Ho giocato contro i migliori: ho avuto paura solo una volta, contro un attaccante brasiliano che si era ripromesso di rompermi il ginocchio”, dirà in un’intervista. Nel 1987 passa al Benfica, diventando un idolo della tifoseria portoghese per il suo temperamento e il suo attaccamento alla maglia: memorabili le sue sfuriate contro gli attaccanti che Mozer riteneva simulassero in campo e i duelli con avversari altrettanto duri, uno su tutti, Fernando Couto del Porto. E, guarda il caso, nel destino di Mozer ci sarebbe stato proprio il Porto, che era sul punto di acquistarlo in quell’estate del 1987 prima di essere beffato dal blitz decisivo del Benfica.

La fama della sua durezza lo precede, anche dal campo di allenamento trapelano voci sulla spigolosità di Mozer e a lui va bene così: pretende impegno dai compagni da un lato, dall’altro non lesina entrate dure, perché la sua teoria è che “bisogna essere tosti in allenamento per essere tranquilli in partita”. Ci sta, in fin dei conti, se nella stagione 1988/89 il Benfica vince il campionato portoghese con soli 15 gol subiti. L’anno prima aveva raggiunto la finale di Coppa dei Campioni, segnando anche il suo rigore contro il Psv, ma non era bastato.

Dopo tre anni passa all’Olympique Marsiglia, club che con Tapie aveva l’ambizione di primeggiare in Francia e anche in Europa: qui si guadagna il soprannome di “Muralha”, ricordato soprattutto dagli avversari. Anziani, all’epoca al Tolone, infatti ricorda bene l’episodio in cui dopo soli cinque minuti di partita si ferì a un sopracciglio in uno scontro durissimo col brasiliano. Vinse tre campionati consecutivi in Francia, ma nel 1992 decise di ritornare in Portogallo, ovviamente al Benfica, portandolo a vincere un altro campionato oltre alla coppa nazionale.

Qualche rimpianto invece per Mozer arriva con la maglia verdeoro: debutta nel 1983, non è convocato nel 1986, mentre in Italia viene squalificato per somma di ammonizioni nelle gare del girone e viene tenuto fuori anche nella gara contro l’Argentina che decreta l’eliminazione. Il rimpianto più grande però è l’esclusione nel 1994: gli viene diagnosticata un’alterazione dei valori epatici, cosa che però lui ha sempre disconosciuto affermando fosse un mero modo per tenerlo fuori. Chiude in Giappone, al Kashima Antlers, prima di dedicarsi alla carriera di allenatore: fu il vice di Mourinho al Benfica, vantandosi di aver avvertito più volte il presidente di trovarsi di fronte a un fenomeno e pregandolo, vanamente, di non lasciarlo andare, poi è stato assistente al Flamengo, ed ha allenato in Angola e in Marocco. Proprio ora Mou torna al Benfica, dove tutto iniziò, chissà che non sia un nuovo inizio anche per Mozer.

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Il Fatto Quotidiano

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