Thiago Motta, le critiche ricevute alla Juve non sono una novità: ecco cosa era successo già ai tempi di Genoa e Spezia

  • Postato il 12 marzo 2025
  • Calcio
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Thiago Motta l’ha fatto di nuovo. Diretto e sincero, a volte fin troppo. La sua schiettezza e poca empatia con lo spogliatoio sta rappresentando una costante negativa nel suo percorso di allenatore: un aspetto da limare che, fino ad ora, lo ha sempre tradito e l’ha portato a cambiare continuamente aria. Era già successo con Genoa, Spezia e Bologna: oggi, lo stesso comportamento si sta riflettendo alla Juventus, sia nei risultati che nella gestione della squadra. Da Schone a Nzola, fino ad Arnautovic e Danilo (e non solo), sono diversi i casi in cui l’allenatore ha messo “da parte” i giocatori dal grande carisma e leadership. Il risultato poi è sempre stato raggiunto, o quasi: ma a quale costo?

Idee da allenatore, attitudine da giocatore
Breve ma intesa l’esperienza dalle parti del Ferraris. Tanto era bastato per escludere Lasse Schone (reduce da una stagione da assoluto protagonista con l’Ajax) dagli intoccabili della rosa di quel disastroso Genoa. Era l’ottobre 2019 quando un esordiente Thiago Motta era subentrato ad Aurelio Andreazzoli: “Era arrivato in una situazione di classifica complicata e provò a imporsi con il suo calcio, si vedeva che le sue idee fossero avanti rispetto agli altri ma non potevano essere riproposte a noi”, ha dichiarato Federico Marchetti – portiere dei rossoblù all’epoca – al podcast Calcio Selvaggio. Poi, il retroscena: “Appena arrivato tagliò qualche testa dopo pochi allenamenti, tra cui anche quella di Schone che solo l’anno prima aveva giocato la semifinale di Champions con l’Ajax e in quel Genoa era una stella. Riuscimmo a fare poco e male di quello che ci chiese”. Un epilogo negativo per Motta: la sua prima esperienza in Liguria, infatti, durò solamente 10 partite lasciando la squadra in una situazione peggiore rispetto a quando era arrivato.

Spezia e una salvezza miracolosa, ma a quale costo?
Una salvezza miracolosa, per un’esperienza che è stata sempre sull’orlo di esplodere (anche a campionato in corso), situazione che lui non ha mai apprezzato. Motta e lo Spezia hanno vissuto un continuo tira e molla: un percorso condizionato da disagi interni e societari (con la vecchia proprietà prossima al fallimento). Accentratore e con la volontà di avere pieni poteri, solo il “no, grazie” di Marco Giampaolo a metà stagione aveva salvato Motta dal secondo fallimento in carriera. Perché prima di un celebre Napoli-Spezia (vinto dai liguri per 0-1 grazie a un autogol e senza mai tirare in porta) era stato già ufficiosamente esonerato: solo una clausola inserita nel suo contratto con lo Spezia, che prevedeva una penale di 400mila euro da pagare nel caso in cui la decisione venisse presa prima del primo gennaio 2022, aveva rinviato quella che sembrava una decisione già presa. Quell’inaspettato successo aveva cambiato il suo destino e quello dello Spezia: continuamente messo in discussione, nelle ultime partite del campionato 2021/2022 non aveva praticamente mai vinto, tranne lo scontro diretto con il Venezia. Risultato ottenuto ma diversi giocatori persi per strada e svalutati. Il club non gradì affatto il trattamento riservato alla rosa: così Motta e lo Spezia conclusero la stagione da separati in casa. Emblematico era stato lo scontro a distanza con l’attaccante Nzola: protagonista assoluto del club, i primi attriti erano nati già durante il ritiro estivo per una condizione fisica non perfetta. Non convocato per le prime tre gare, era stato escluso successivamente per motivi disciplinari: “Nzola non ci sarà con la Roma. Rimarrà a Spezia perché oggi è arrivato in ritardo alla riunione tecnica che avevamo programmato. Abbiamo bisogno di giocatori pronti per giocare. Rispetto e responsabilità se non li applichi nella vita, non lo farai neanche in campo. Sono valori per me fondamentali“. Il gelo totale tra i due, poche partite più tardi contro l’Empoli: in quel caso, Nzola non aveva salutato il suo compagno prima di lasciare il campo: “Parliamo di professionisti e tutti devono comportarsi come tali, con responsabilità. Lo metterei qui davanti alle telecamere per chiedergli il perché di queste cose, o perché non ha rispettato i suoi compagni”. Salvezza conquistata ma tanti problemi da risolvere. Si procede con la risoluzione, Nzola rimane e continua a segnare. Ma lo Spezia senza Thiago Motta l’anno successivo torna in Serie B.

Bologna e Juventus: un uomo solo al comando
La versione di Motta a Bologna è stato un Veni, Vidi, cambio tutto. Confrontando la rosa con cui ha iniziato la sua esperienza e quella con cui ha terminato la prima stagione (2022/2023), tra quelli che erano considerati punti fermi era rimasto il solo De Silvestri. Fuori Medel, Soriano, Sansone e Arnautovic. Con alcuni di loro era stato chiaro: “Sarebbe meglio iniziare a cercare un’altra squadra”, con altri invece l’esclusione fu graduale e senza dare troppe spiegazioni. Stesso comportamento e modalità di scelta trasferita nel mondo Juve. Prima con Danilo (tornato in Brasile), poi con Fagioli (ora alla Fiorentina), e Vlahovic (panchinaro fisso dopo l’arrivo di Kolo Muani). Poche regole, poca empatia, nessuna ricerca di un compromesso. Così Thiago Motta dimostra di voler essere un uomo solo al comando preferendo un gruppo giovane da poter allevare e plasmare a suo piacimento, allontanando influenze ritenute ingombranti. Non necessariamente un difetto, sicuramente un limite oggettivo che ha condizionato le sue prime esperienze da allenatore.

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Il Fatto Quotidiano

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