Tesla condannata a maxi risarcimento per incidente con Autopilot: sentenza storica
- Postato il 16 agosto 2025
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- Di Virgilio.it
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Non è un momento tranquillo per Tesla. Da mesi le vendite arrancano, il fatturato non regge più come una volta, e la pressione intorno all’Autopilot si fa ogni giorno più pesante. Ora una sentenza rischia di segnare un precedente per l’intero settore: 242,5 milioni di dollari di risarcimento da pagare per un incidente avvenuto nel 2019 in Florida costato la vita a una ragazza di 22 anni, Naibel Benavines Leon, travolta da una Tesla Model S insieme al fidanzato Dillon Angulo, che è invece sopravvissuto con fratture multiple e una lesione cerebrale.
Stando a quanto emerso in tribunale, l’auto viaggiava a circa 100 km/h in un’area residenziale con il sistema Autopilot in funzione. Il conducente, George McGee, ha dichiarato di essersi distratto con il telefono fiducioso nel lasciare il sistema alla guida. “Il verdetto di oggi è sbagliato e serve solo a ostacolare la sicurezza automobilistica e mettere a repentaglio gli sforzi della Tesla e dell’intero settore per sviluppare e implementare tecnologie salvavita”, ha dichiarato l’azienda subito dopo la sentenza, annunciando ricorso.
La giuria accusa anche l’Autopilot
Nonostante abbia riconosciuto il guidatore come responsabile principale, la giuria ha attribuito il 33% della colpa al costruttore (non più leader nelle elettriche in Europa), costretto a pagare i 42,5 milioni di dollari come danni compensativi per i familiari e per Dillon Angulo, anche perché l’Autopilot non sarebbe stato adatto a funzionare su quel tipo di strada, troppo fuori dal contesto per cui era stato progettato.
Eppure la parte peggiore della condanna non riguarda la guida automatica, bensì quanto Tesla ha fatto (o provato a fare) negli istanti immediatamente successivi. Perché altri 200 milioni di dollari sono stati aggiunti sotto forma di danni punitivi, una cifra enorme legata al tentativo – riuscito solo in parte – di nascondere informazioni cruciali. Per gli avvocati dei querelanti la prova schiacciante era un video registrato dal sistema interno della Model S, contenente i dati del computer di bordo. Tesla si era inizialmente trincerata dietro la scusa dei file corrotti, impossibili da recuperare, poi un perito ha scoperto che in realtà quei dati erano stati caricati sui server dell’azienda tre minuti dopo l’incidente, e da lì è partita una ricostruzione molto diversa da quella fornita in aula dalla Casa americana.
La difesa dell’azienda e i dubbi della corte
“La nostra posizione è chiara: non si è mai trattato del pilota automatico; era una finzione inventata dagli avvocati dei querelanti, mentre l’autista da subito ha ammesso e accettato la responsabilità”, ha replicato Tesla in una nota. Ma la giuria, questa volta, ha preferito scavare a fondo nei ritardi, nelle omissioni e nella gestione opaca dei dati, riconoscendo un tentativo consapevole di proteggere il marchio, anziché una mancanza tecnica.
La sentenza, arrivata dalla California, ha fatto il giro del mondo e in questo momento l’intero settore guarda con nervosismo a ogni notizia riguardante la guida autonoma, soprattutto quando si parla di strade reali, traffico cittadino, imprevisti veri. Perché se l’Autopilot fatica a orientarsi fuori dall’autostrada, e se chi lo produce non mette subito sul tavolo tutti i dati, allora il problema smette di essere soltanto dei software.