Terrorismo democrazie del benessere, i dubbi di Ursula, la certezza di Putin

  • Postato il 14 settembre 2025
  • Politica
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Terrorismo democrazie del benessere. Le Democrazie occidentali del secolo scorso si caratterizzavano per il fatto che il loro sistema di diritto era il più avanzato al mondo, mentre i governi erano “colonialisti”.

Ne costituiva un esempio l’Impero britannico che esportava la common law e le cannoniere.

Fu il movimento pacifista di Ghandhi a liberare gli indiani dal giogo britannico e fu l’opinione pubblica inglese a prevalere sul governo imperialista.

Era accaduto che i principi di libertà e giustizia, alla base del comune sentire degli inglesi, avevano creato un’opinione pubblica favorevole all’indipendenza della colonia.

La maggioranza dei giornali tifava per Gandhi. Centinaia di migliaia di petizioni e lettere di comuni cittadini inviate al proprio “deputato” davano luogo ad interventi alla “Camera” in favore del ritiro delle truppe inglesi.

Il Mahatma vinse la propria battaglia “mediatica” grazie ai principi democratici degli inglesi. Non fu così per il movimento pacifista indiano. Mentre le truppe coloniali stavano lasciandol’India, Gandhi fu ucciso da un fanatico musulmano e si costituì lo stato del Pakistan che tuttora destabilizza quel continente con il terrorismo.

Gandhi e la Flotilla

Terrorismo è democrazie del benessere, i dubbi di Ursula, la certezza di Putin, nella foto a bordo di Flotilla
Terrorismo è democrazie del benessere, i dubbi di Ursula, la certezza di Putin – Blitzquotidiano.it (Foto Ansa)

La “Global Samud Flotilla”, che trasporta provviste alimentari per i martiri di Gaza, si muove con la logica della “marcia del sale”, senza avere un capo carismatico come Gandhi. I manifestanti via mare sanno benissimo che non potranno mai sbarcare il loro carico, ma contano sull’effetto “mediatico” utilizzando le tecniche di Greenpeace che chiede fondi per difendere le api e le balene. In Italia, personalità minori del “campo largo” cercano “visibilità politica”; ma si tratta di sparute minoranze perché la base elettorale della Schlein resta refrattaria.

Il fatto è che l’opinione pubblica avverte che queste organizzazioni non affrontano i problemi del terrorismo e dell’immigrazione incontrollata che rappresentano il vulnus sociale delle attuali generazioni. Per questa ragione, i manifestanti porteranno voti alle destre più reazionarie.

L’interrogativo che si fanno i movimenti “dal basso” è il seguente: è legittimo ricorrere a metodi terroristici quando il tuo paese è in una condizione di inferiorità militare rispetto all’oppressore? Questo discorso è abbastanza ricorrente nei cortei pro Pal. Quindi gli atti di terrorismo di Hamas sono patriottici mentre la risposta di Israele è imperialista e sionista.

Lo Stato di Israele non è abitato da biechi figuri con il naso adunco dediti all’usura e che sono la causa delle sventure del mondo, come affermavano i nazifascisti al tempo delle leggi razziali. Quello israeliano è un popolo multietnico di “migranti”, proveniente dall’Europa continentale, dall’ex Unione sovietica, dall’America, dalla Romania, Thailandia, Cina, Africa e America meridionale. Nonché dall’Italia. Un popolo di migranti ai quali si è rifiutato il diritto d’asilo.

I “pionieri” israeliani non hanno occupato con la forza i territori assegnati; il loro diritto è stato stabilito dall’Onu che aveva deliberato di dare una patria agli ebrei dopo secoli di “diaspora”. Si è trattato certo di una scelta infelice perché uno Stato moderno non può avere come fattore unificante l’appartenenza ad un ceppo fideistico in grado di condizionare i governi.

I soldi europei finanziano il terrorismo?

In Israele le differenze religiose influenzano la politica, l’istruzione, il servizio militare, il lavoro, le carriere negli uffici pubblici, l’erosione indebita di terre palestinesi ad opera degli integralisti. I cittadini palestinesi (il 21% della popolazione) nonostante che partecipino alla vita politica e abbiano diritto di voto, si sentono discriminati, un po’ come i neri nell’America “profonda” degli anni cinquanta.

Ma non sono queste condizioni interne ad avere causato le guerre contro gli israeliani. Infatti, Israele è stato attaccato a viso aperto da eserciti arabi coalizzati, fin dalla sua nascita, prima che l’istinto coloniale degli israeliani si manifestasse nelle forme attuali.

Quel tipo di confronto militare “convenzionale” è finito con la vittoria di Israele e, circostanza ancor più importante, la maggioranza dei paesi arabi oggi non pensa più di organizzare eserciti per difendere i palestinesi.   Restano in campo solo l’Iran e i suoi stati satelliti i quali, consavevoli della forza militare avversaria, combattono con l’arma del terrorismo.

Bisogna considerare che Israele applica le leggi di guerra perché è stato attaccato dallo Stato palestinese. Il tentativo di separare Hamas dai cittadini palestinesi che l’hanno votato è roba da principanti: Hamas è la Palestina, come Netanyahu è Israele.

Se dunque si condannano gli eccidi dei civili palestinesi, bisogna fare lo stesso per le bombe a grappolo sui civili ucraini.

I missili lanciati in Ucraina ogni dieci minuti, fanno parte dellastrategia bellica di Putin, il quale vuole vincere la resistenza di un popolo che non si piega sul terreno di battaglia. Allo stesso modo, l’esercito israeliano ha stabilito che bisogna snidare il nemico abbattendo interi edifici, perché i terroristi usano lo scudo umano dei civili per nascondersi e attaccare.

Israele è condannato per il genocidio che si sta compiendo a Gaza, mentre il mondo ha dimenticato che Hamas ha ucciso, stuprato e preso in ostaggio persone inermi a seguito di una decisione strategica precisa, quella di utilizzare il terrorismo come arma di guerra. Perché siamo arrivati a tanto?

La ragione è semplice: siccome Israele è una democrazia, non può permettersi di sparare nel mucchio. Se cattura i terroristi deve metterli in carcere e trattarli con umanità. Non può neppure mandarli a morte perché in Israele la pena capitale non è applicata.

È quanto si verifica in Europa, la patria universale del “diritto”che subisce da decenni attacchi terroristici.

Quando trovi un migrante che organizza attentati gli devi garantire il giusto processo e magari trovi il giudice che gli dà le attenuanti. Al massimo viene espulso.

Paesi come l’Italia ripudiano la guerra e mantengono l’esercito per fare interventi di “peacekeeping”. Non esiste operazione di pace organizzata dall’Onu negli ultimi vent’anni che abbia prodotto risultati concreti. Come sta accadendo in Libano. I soldati olandesi che agivano sotto la bandiera dell’Onu sono stati i responsabili degli eccidi nel Kosowo.

I partiti tradizionali europei non considerano che il sistema di diritto è ormai al tramonto per via delle guerre terroristiche.

Il maggior nemico del “diritto internazionale” è la guerra, perché essa non lascia campo alle aspirazioni umanitarie ed esige che le azioni di tutti siano poste al servizio della nazione.

Come la guerra, anche la depressione economica incoraggia l’estensione dei poteri governativi perché determina lo stabilirsi e il rafforzarsi dei gruppi autoritari; è poi molto difficile limitare questi poteri quando finisce lo stato di emergenza,

È quanto sta accadendo in America, dove i conflitti tra “diritti” e governo si stanno facendo molto aspri.

Trump afferma che la giustizia è diventata un fattore di freno nella lotta contro l’immigrazione irregolare e la delinquenza organizzata. Il giudice che deve applicare la legge, non si preoccupa degli effetti pratici dei suoi provvedimenti “in punta di diritto”. Ci vengano i giudici a governare il paese, tuona sui socialil terrorista dei dazi.

Le Nazioni europee non hanno una strategia comune contro il terrorismo perché non tutte le nazioni lo subiscono con uguale intensità. La Francia vuole riconoscere lo Stato di Palestina, al contrario di molti altri paesi che non vogliono “legittimare” Hamas.

Quando la comunità di uno Stato europeo subisce un attentato terroristico, i cittadini degli altri paesi voltano le spalle, contenti che non sia capitato a loro.

Nessuno deve impedire ad un musulmano di avere spazi per praticare il proprio credo. Le iniziative isolate di chi rifiuta una moschea a chi ne ha diritto, sono certo criticabili.

Tuttavia, se la popolazione percepisce che in questi luoghi di culto possono annidarsi individui che delinquono, commerciano armi e droga, il terrorismo di matrice “etnico-religiosa” diventa un fattore di destabilizzazione sociale. Non si può affermare che tali problemi siano frutto di una “percezione” popolare, infondata su base “statistica”.

Così come gli israeliani non sono in grado di distinguere i miliziani di Hamas dai cittadini comuni, così gli europei non sono in grado di distinguere gli immigrati “veri” dagli assassini che attentano alla vita dei passanti. Ci vada Ilaria Salis nei centri di accoglienza ad individuare i migranti radicalizzati a caccia di “infedeli”.

La terapia europea per contenere l’immigrazione è uguale a quella dei villaggi contadini medievali che pagavano i mercenari o gli stessi briganti per ottenere qualche periodo di tranquillità.

La Germania paga la Turchia per contenere le immigrazioni e così fa l’Italia con la Libia. L’Europa versa alla Palestina contributi che finiscono ad Hamas che mette a libro paga i propri miliziani.

Nonostante l’evidenza del problema, gli europei competono fra loro per avere rapporti privilegiati con i paesi del terrore che forniscono gas e petrolio.

La vera questione “morale” della nostra epoca è che i popoli occidentali aspirano al benessere economico molto più che alla loro libertà e dignità.

È questo il dubbio della Von der Leyen, mentre il terrorista Putin si dice certo che l’Europa del benessere non sarà mai in grado di formare un esercito.

 

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