Strage di Ustica, 45 anni senza verità. La nuova ipotesi dell’impatto di un caccia Usa con il Dc9 – la mappa dei misteri senza risposta

  • Postato il 25 giugno 2025
  • Giustizia
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Il 27 giugno 1980 un Dc9 della compagnia Itavia, partito da Bologna e diretto a Palermo, precipita in mare inabissandosi con 81 persone a bordo. Quelle vite vengono ricordate nel Museo della memoria di Bologna come luci che si affievoliscono senza spegnersi mai sopra i resti ricomposti del velivolo. Gli specchi neri tutto intorno “racchiudono” e restituiscono i pensieri delle vittime attraverso voci che si espandono nel grande hangar di via di Saliceto. Spazio che ospita nove casse scure che contengono gli effetti personali di chi era sull’aereo. Non sono bastati 45 anni ad afferrare una completa certezza storica e una responsabilità giudiziaria per la strage di Ustica. Ma la battaglia nei cieli fu l’innesco di un massacro per cui non ci sono responsabili.

Esclusa per sempre l’ipotesi del cedimento strutturale che portò la società a fallire per poi essere destinataria di un risarcimento milionario; smentita dai dati scientifici l’ipotesi della bomba, pure recentemente rilanciata da Maurizio Gasparri; il primo punto fermo è arrivato dalla storica sentenza del Tribunale Civile di Palermo che nel 2011 stabilì che i parenti della vittime dovevano essere risarciti dai ministeri della Difesa e dei Trasporti perché il Dc9 era stato abbattuto: “Missile” o “Quasi collisione” le conclusioni.

Quella sera erano diversi gli aerei stranieri militari nei cieli del Mediterraneo. Lo scenario da war games restituisce l’inseguimento di due caccia stranieri a un Mig libico che cerca lo scudo dell’aereo civile. La carcassa di un caccia libico fu ritrovata in Calabria soltanto il 18 luglio 1980, mentre il Dc9 subì l’impatto laterale del caccia. Erano francesi? Statunitensi? Britannici? La risposta non è stata trovata dagli inquirenti romani che nel corso degli anni hanno aperto due inchieste contro ignoti. Due procedimenti, nessun indagato e lo stesso destino: la richiesta di archiviazione.

Sia per il procedimento avviato nel 2008 che quello di tre anni fa sono destinati al nulla. Il primo fu aperto dopo alcune dichiarazioni dell’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga che affermò di sapere che quella notte “un aereo militare francese si mise sotto il Dc9 e lanciò un missile per sbaglio”, una tesi recentemente rilanciata dall’ex premier Giuliano Amato; il secondo è la conseguenza di un esposto presentato dall’Associazione per la verità su Ustica in cui si sollecitavano i magistrati a verificare la pista della bomba esplosa a bordo, esclusa dai periti e dagli ingegneri che hanno nel corso degli anni analizzato i resti. Gli inquirenti, che hanno sollecitato una serie di rogatorie a vari Paesi tra cui Francia e Stati Uniti e ascoltato una serie di testimoni, ritengono di non aver trovato elementi utili per accertare cosa abbia tirato giù il Dc9.

Per chi indaga nessun elemento sembra avvalorare la matrice terroristica di quanto avvenuto. Tra le centinaia di documenti presenti in atti anche il file audio, ripulito anni dopo, con l’ultimo tratto della registrazione della scatola nera del Dc9 dal quale è emerso che uno dei piloti, pochi istanti prima che Ciampino perdesse il contatto con il volo Itavia, pronunciò la frase ‘Guarda cos’è’. Uno o due caccia statunitensi, secondo un’inchiesta giornalistica dell’Espresso che ha verificato come sui fondali dove furono faticosamente recuperati i resti del Dc9 ci fosse un serbatoio di un aereo militare americano. Caccia che potrebbe aver impattato con l’ala dell’aereo civile facendolo collassare. A suffragio dell’ipotesi anche il ritrovamento di un casco di un pilota Usa e un salvagente della portaerei Usa Saratoga che navigava nel Mediterraneo.

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Il Fatto Quotidiano

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