Storie di giovani vittime di mafia nel ricordo di Mario Dodaro

  • Postato il 17 dicembre 2025
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Il Quotidiano del Sud
Storie di giovani vittime di mafia nel ricordo di Mario Dodaro

A Cosenza, domani, l’iniziativa Ragazzi per sempre; Storie di vittime innocenti di ‘ndrangheta e percorsi di giustizia riparativa” : i racconti delle vite spezzate dalla mafia nel ricordo di Mario Dodaro


RICORDARE Mario Dodaro a 43 anni dalla morte attraverso le storie delle giovani vittime innocenti di ‘ndrangheta e le testimonianze di familiari ancora in attesa di giustizia. Riempire di voci di dolore ma anche di impegno e di speranza, il giorno in cui fu ucciso l’imprenditore cosentino – era il 18 dicembre del 1982 – significa restituirgli attraverso la memoria, la sua storia fatta di dedizione per il lavoro e attenzione verso i più giovani della comunità di Castrolibero, dove realizzò il suo salumificio, la Chiesa e una scuola di calcio per i più piccoli. E non c’era manifestazione organizzata sul territorio che non avesse ricevuto il suo aiuto e il suo contributo di idee.

Mario Dodaro sarà ricordato domani, con inizio alle 10, nella Sala degli Specchi della Provincia di Cosenza, nel corso dell’iniziativa – organizzata dalla Fondazione che porta il suo nome – “Ragazzi per sempre. Storie di vittime innocenti di ‘ndrangheta e percorsi di giustizia riparativa”, con Anna Maria Verre, mediatrice penale minorile e scolastica, Antonio D’Amore, referente regionale di “Libera” Campania per carcere e giustizia, Riccardo Giacoia, caporedattore del Tgr Calabria, Giuseppe Borrello, referente regionale dell’associazione “Libera” Calabria e Massimo Razzi, direttore de “L’Altravoce – Il Quotidiano ”.

LE STORIE DI NORMALITA’ INTRECCIATE CON QUELLE CRIMINALI

Aveva 25 anni Francesco Vangeli di Scaliti di Filandari, quando fu ucciso nella notte tra il 9 e il 10 ottobre del 2018 e buttato nel fiume Misima. Sarà la madre Elsa Tavella a raccontare la sua tragica fine. Anche Stefano Piperno di Nicotera che di anni ne aveva 34, fu prima ucciso e poi bruciato il 20 giugno del 2018. Suo padre Gregorio e sua madre Gina ne ripercorreranno il calvario per ottenere verità e giustizia.

Più che la morte di Mario Dodaro, ucciso per essersi opposto alle richieste estorsive della criminalità organizzata, è la sua vita che continua a parlare. I suoi occhi spalancati sul futuro e la fiducia che riponeva nei giovani a suggerire, di volta in volta, nuovi temi sui quali soffermarsi e riflettere. E soprattutto agli studenti è rivolta quest’iniziativa che vuole ricordare “I ragazzi per sempre”, giovani uccisi per errore o colpevoli di aver amato la compagna sbagliata. Giovani che resteranno nella memoria di tutti, sereni e sorridenti, come appaiono nelle foto un po’ sbiadite dal tempo, che li ritraggono in posa, ancora ignari del pericolo che li avrebbe risucchiati da lì a poco.

Le loro storie di normalità che si sono intrecciate all’improvviso con quelle di criminali senza scrupoli, evidenziano quanto sia necessario mettere in guardia contro la violenza mafiosa che può materializzarsi all’improvviso e colpire tutti senza distinzione.

LA STORIA DI MARIO DODARO

Come è accaduto a Mario Dodaro che aveva 44 anni quando i clan decisero di eliminarlo. Il suo rifiuto a pagare la tangente metteva in discussione il loro potere davanti a chi aveva già piegato la testa. E per questo l’imprenditore rappresentava un serio pericolo.

Quel 18 dicembre per Dodaro la giornata era iniziata in azienda. Pranzò con i suoi dipendenti per il tradizionale scambio di auguri e nel pomeriggio, prima di tornare a casa, andò a trovare suo padre che era ricoverato in ospedale.
Mario, da quando sua moglie Lisa gli aveva annunciato la nascita della loro terza figlia, era raggiante, viveva un periodo di grande soddisfazione. Quell’anno, poi, festeggiava anche i suoi 25 anni di attività. Era un uomo realizzato, molto stimato per il suo impegno a favore degli ultimi. Soltanto le visite di quegli uomini che gli chiedevano continuamente di pagare, riuscivano ad adombrare quella felicità. E il giorno prima della sua morte, davanti all’ennesima richiesta di danaro, aveva risposto con maggiore fermezza: «Se avete bisogno di lavorare, sono pronto ad assumervi nella mia azienda, ma non pagherò la tangente che mi chiedete».

Mario sperava, in cuor suo, di essere riuscito ad allontanare da sé il pericolo, ma neanche 24 ore dopo, i killer lo stavano aspettando per ucciderlo. Fu al termine della sua intensa giornata di lavoro, mentre si trovava davanti al cancello di casa, che venne raggiunto dai colpi di pistola. Pioveva a dirotto quella sera e il suo sangue si unì alla pioggia formando una pozzanghera rossa. Fu trasportato in ospedale ma morì poco dopo per le ferite riportate.

I RAGAZZI UCCISI DALLE MAFIE E I LORO SOGNI MAI REALIZZATI

Aveva una moglie Mario, due figli poco più che adolescenti, un’altra in arrivo e tanti progetti ai quali dare forma con i suoi fratelli, che aveva voluto accanto a sé quando decise di realizzare il salumificio e tanti collaboratori che considerava parte integrante del suo successo.

Perché le sue iniziative imprenditoriali non riguardavano soltanto la sua crescita economica ma includevano le sorti di ogni singola persona che lavorava al suo fianco. Il suo imperativo categorico era crescere, emanciparsi e diventare a sua volta soggetto attivo del proprio futuro. Chissà cosa avrebbe realizzato ancora Mario per la comunità in cui viveva e chissà cosa sarebbero diventati tutti i ragazzi uccisi dalle mafie, se solo avessero avuto la possibilità di crescere e realizzare i propri sogni.

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