Stige, colpo di scena in Cassazione: il pg chiede assoluzioni per 2 ex sindaci

  • Postato il 30 ottobre 2025
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Stige, colpo di scena in Cassazione: il pg chiede assoluzioni per 2 ex sindaci

Stige, colpo di scena in Cassazione: il pg chiede assoluzioni per 2 ex sindaci. Proposta la conferma della sentenza d’appello contro il “locale” di ‘ndrangheta di Cirò concluso con assoluzioni eccellenti.


CIRÒ MARINA – Due scuole di pensiero. La sostituta procuratrice generale presso la Corte di Cassazione Lucia Odella ritiene che non sia provato il patto tra il “locale” di ‘ndrangheta di Cirò e la politica. E che non siano provate neanche le infiltrazioni mafiose nell’economia. Per questo ha chiesto che sia respinto il ricorso della Procura generale di Catanzaro nel troncone processuale del rito ordinario scaturito dall’inchiesta sfociata, nel gennaio 2018, nella maxi operazione Stige. La pg Odello chiede, dunque, che sia sostanzialmente confermata la sentenza di primo grado impugnata dall’accusa. Accusa rappresentata in aula, anche nel processo d’appello, dal procuratore Domenico Guarascio.

STIGE, IL PATTO TRA POLITICA E CLAN

Sono 44 gli imputati che, il prossimo 4 novembre, dovranno comparire davanti alla Quinta Sezione penale della Suprema Corte. Tra loro i presunti vertici del “locale” di ‘ndrangheta di Cirò, organizzazione criminale dominante nell’Alto Jonio crotonese e cosentino, con ramificazioni in Nord Italia e in Germania, ma anche ex sindaci e noti imprenditori accusati di contiguità alla cosca. La Corte d’Appello di Catanzaro ritenne “inconsistente” la tesi accusatoria del patto tra politica e clan e anche quella della cappa mafiosa sull’economia, nonostante fossero stati sciolti consigli comunali e fossero state emesse interdittive. I giudici di secondo grado assolsero quindi ex amministratori comunali e titolari di imprese.

Tra le 26 assoluzioni, a fronte di 27 condanne, spiccavano quella dell’ex presidente della Provincia di Crotone ed ex sindaco di Cirò Marina Nicodemo Parrilla, in primo grado condannato a 13 anni di reclusione. Ma anche quella dell’ex sindaco di Strongoli Michele Laurenzano, in primo grado condannato a 8 anni.

STIGE, LA CAPPA MAFIOSA SULL’ECONOMIA

Non resse neanche la tesi dell’infiltrazione nell’economia secondo la quale il clan controllava il business dei rifiuti solidi urbani gestito tramite imprese controllate. E furono assolti anche Antonio Giorgio Bevilacqua, in primo grado condannato a 13 anni e 6 mesi, e Giuseppe Clarà, che era stato condannato a 12 anni. Parrilla e gli altri assolti però torneranno in aula in seguito al ricorso della Procura che sostiene che i giudici d’appello hanno travisato i fatti, soprattutto omettendo la lettura di intercettazioni che dimostrerebbero il sostegno elettorale del clan. Così come ci tornerà Silvio Farao, tra i capi storici del clan, assolto nonostante il pentito Francesco Farao, suo nipote, abbia rivelato che quando c’era da prendere decisioni importanti partecipava ai summit anche da latitante. Tra i condannati che hanno fatto ricorso, Giuseppe Farao, capo supremo della cosca, al quale in Appello furono inflitti 24 anni.

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STIGE, IL COLPO DI SCENA

Il colpo di scena si è avuto con il deposito delle conclusioni della pg Odello, che, se si eccettua la posizione di Silvio Farao, per il quale quale chiede l’annullamento con rinvio dell’assoluzione, si discosta dalla Procura catanzarese. In particolare, la pg ritiene che vadano confermate anche le assoluzioni dei due ex sindaci perché motivate in maniera “ampia” e “coerente”. Perché il presunto concorso esterno di Laurenzano non avrebbe rafforzato la cosca Giglio di Strongoli. E il ricorso della Procura contro l’assoluzione di Parrilla non minerebbe la “tenuta” della motivazione della sentenza di secondo grado, sempre secondo la pg. La pg chiede anche il rigetto del ricorso degli imputati condannati e la rideterminazione della pena per l’imprenditore boschivo Pasquale Spadafora, di San Giovanni in Fiore. Ma è appena il caso di rammentare l’altra “scuola di pensiero”.

STIGE, IL RITO ABBREVIATO

Nel filone processuale del rito abbreviato, è divenuta definitiva la condanna a otto anni per l’imprenditore di San Mauro Marchesato Domenico Rocca, che completerebbe, secondo l’accusa, la geografia mafiosa dei rifiuti. I motivi per i quali sono passate in giudicato 41 condanne nel troncone del rito abbreviato sembrano stridere con l’esito del rito ordinario.

Gli ermellini, a conclusione del filone processuale del rito abbreviato, rilevano un «mutamento di strategia» della cosca. Il clan, dopo aver acquisito un «predominio indiscusso» nel territorio di riferimento ed in altre aree d’Italia e d’Europa gestendo estorsioni, appalti, traffici di stupefacenti e armi, ha individuato «settori imprenditoriali verso cui indirizzare cospicue risorse materiali e umane con altrettanto rilevante ritorno economico (raccolta dei rifiuti, accoglienza migranti, produzione di materiali plastici…)». Tra i condannati del rito abbreviato c’era anche un altro ex sindaco di Cirò Marina, Roberto Siciliani, al quale furono inflitti 8 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa.

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