Stellantis contro le normative UE: “Così il mercato auto crolla”
- Postato il 10 settembre 2025
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- Di Virgilio.it
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Al Salone di Monaco non si parla solo di nuove vetture, concept o tecnologie innovative, c’è anche spazio per il confronto politico e lo scambio di visioni future. Proprio sotto questa filosofia sono arrivate le parole di Jean-Philippe Imparato, responsabile Europa del gruppo Stellantis, con il quale lancia un messaggio chiaro e diretto ai vertici di Bruxelles:
“Gli obiettivi fissati dall’Europa per il settore auto per il 2030 e il 2035 in termini di CO? non sono più raggiungibili. A meno che non si ipotizzi un crollo del mercato intorno al 30% o un tracollo finanziario di tutte le case automobilistiche europee.”
Un avvertimento che non arriva a caso. Da tempo il dibattito sul 100% elettrico entro il 2035 divide costruttori, politici e consumatori. Da un lato la necessità di accelerare verso la transizione ecologica, dall’altro i vincoli tecnologici, economici e infrastrutturali che rischiano di trasformare la corsa alla sostenibilità in una strada troppo ripida da affrontare.
Abbandonare le pretese sul 100% elettrico
“Le priorità da affrontare sono quattro. Innanzitutto vanno cambiate le normative sulle emissioni per il 2030 e il 2035 per i veicoli commerciali leggeri che sono letali per un settore invece fondamentale per la redditività delle aziende. Stellantis ha una quota di mercato del 30% di Lcv con una quota di elettrici del 10%. Se devo arrivare al 20% di veicoli commerciali a batteria dovrei raggiungere il 60% di quota di mercato. Ma non è un obiettivo raggiungibile. “
Continuare a inseguire l’idea del 100% elettrico come unica strada rischia di trasformarsi in un boomerang. Per lui non è questione di negare il futuro, ma di guardare in faccia la realtà. Non tutti i Paesi europei hanno la stessa rete di colonnine di ricarica, non tutte le famiglie possono permettersi un’auto elettrica da 40 o 50 mila euro, e soprattutto non tutti i mercati hanno l’energia necessaria per reggere un cambiamento così drastico.
Per questo suggerisce di rilanciare il segmento delle citycar, scomparso dal 2019, quando “c’erano 49 modelli sotto i 15.000 euro. Oggi ce n’è uno. Come fanno le persone a comprare un’auto? Circa il 30% del mercato europeo non può più permettersi un’auto nuova.“ Il rischio, avverte, è concreto: milioni di automobilisti potrebbero trovarsi tagliati fuori, e con loro le case automobilistiche europee, costrette a inseguire concorrenti stranieri che si muovono con più libertà e con un sostegno statale più forte. Insomma, un disastro annunciato se non si cambia passo.
Stellantis punta anche sul full hybrid
Per Stellantis, la transizione non è una gara a senso unico. Certo, l’elettrico resta al centro della strategia, ma il full hybrid è visto ora come un ponte indispensabile. Una tecnologia capace di abbattere consumi ed emissioni, senza però costringere i clienti a rivoluzionare la propria vita quotidiana.
Imparato lo dice chiaramente: ”bisogna favorire il rinnovamento del parco circolante non puntando solo sull’elettrico ma anche sulle auto ibride, mild, full hybrid, plug-in, range extender e, per i veicoli commerciali, pure diesel.”
L’elettrico va bene dove ci sono infrastrutture e incentivi, ma l’ibrido può essere la risposta per milioni di persone che non hanno ancora la possibilità di passare a una ricarica quotidiana. Una via di mezzo che non rallenta la sostenibilità, ma la rende accessibile a più persone.
Contemporaneamente si lavora a Roma
Mentre a Monaco si discute di scenari globali e di obiettivi europei, a Roma il confronto è molto più concreto. L’amministratore delegato di Stellantis Italia, Antonio Filosa, ha incontrato il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, per parlare del futuro industriale del Paese.
Al centro del tavolo non c’erano solo le emissioni, ma anche temi come la produzione locale, la difesa dei posti di lavoro e la necessità di dare continuità agli stabilimenti italiani in un momento di trasformazione profonda. Perché se l’Europa decide la rotta, sono i singoli Paesi a dover fare i conti con fabbriche, famiglie e territori che da quell’industria dipendono.
Filosa e Urso hanno condiviso la stessa preoccupazione: la transizione non può essere imposta a colpi di decreto, ma va accompagnata con investimenti, incentivi mirati e politiche che tengano insieme sostenibilità e competitività. Solo così l’Italia potrà restare protagonista nell’automotive europeo, senza lasciare indietro nessuno.