Stefano Benni e l’ironia del tutto e del niente. Il ricordo di D’Anna

  • Postato il 9 settembre 2025
  • Cultura
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“Non con l’ira, ma col riso s’uccide”, sostiene Nietzsche. E lui, Stefano Benni, tutt’insieme sempre al meglio scrittore, umorista, giornalista, poeta e drammaturgo, ma soprattutto quint’essenza dell’ironia, lui avrebbe trovato il modo di deridere impersonalmente anche la sua morte. Se non altro per rimarcare, come aveva intuito Victor Hugo, che “è dall’ironia che comincia la libertà”.

Durante un’intervista per i suoi settant’anni aveva tagliato corto davanti alla più usuale e dozzinale delle domande sul bilancio di una vita: “Non ho voglia di bilanci. Ripassate fra settant’anni”, era stata la risposta di Stefano Benni, nato a Bologna, ma cresciuto tra gli orizzonti degli Appennini, segnato dall’ infanzia passata sulle montagne. “Lupo” era il suo soprannome, scaturito dalle “notti giovani” trascorse a ululare in compagnia dei suoi cani, definita “una bellissima follia notturna”.

Pur segnato da una lunga malattia é rimasto sempre coerente alla verve ironica di uno stile, sarcastico, tagliente, visionario e profondamente legato all’attualità. Lo stile Benni che caratterizza tutti romanzi e le raccolte che hanno fatto epoca – da Bar Sport a Margherita Dolcevita, da Elianto a Terra! e La compagnia dei celestini. Successi tradotti in oltre trenta lingue.

“Una cosa che Stefano mi aveva detto più volte – ricorda Niclas, il figlio dello scrittore – è che gli sarebbe piaciuto che la gente lo ricordasse leggendo ad alta voce i suoi racconti, perché era molto affezionato al reading, la lettura ad alta voce come forma artistica, spesso accompagnata da musicisti”.

“Lascia tanto, un mondo, uno stile, storie indimenticabili. E un Bar sotto il mare dove possiamo tornare sempre tutti”, scrive il direttore de La7, Andrea Salerno, su X.

Autore
Formiche

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