Spopolamento, la critica al piano aree interne: è “morte assistita” per il mezzogiorno?
- Postato il 1 ottobre 2025
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Il Quotidiano del Sud
Spopolamento, la critica al piano aree interne: è “morte assistita” per il mezzogiorno?
Il Piano Aree Interne prevede declino demografico fino al -18% di spopolamento nel mezzogiorno. Il sociologo Esposito critica l’«etica della probabilità», chiedendo «identità progettuali diffuse» contro la morte assistita.
Nei giorni scorsi, a cura della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le politiche di coesione e per il sud, è stato pubblicato il Piano strategico nazionale per le aree interne. All’interno del piano ci sono, secondo me, alcuni elementi che meritano una riflessione approfondita da parte di chi ritiene che le aree interne del nostro paese siano una risorsa da valorizzare e non un peso da sopportare. Il primo elemento che salta all’occhio è rappresentato dall’elemento previsionale. Come riportato nel Piano, secondo l’ISTAT, nei periodi 2023-2033 e 2023-2043 si prevedono le seguenti variazioni percentuali della popolazione: per il totale delle aree interne a livello Italia, nel primo decennio, si prevede una contrazione della popolazione del – 3,8%, percentuale che sale al – 8,7% considerando il periodo 2023-2043.
La situazione si aggrava prendendo in considerazione i comuni ultraperiferici dove si prevede una contrazione del – 6,5% e del – 13,3% nei due periodi considerati. Per i comuni delle aree interne del Mezzogiorno si prevede una contrazione del numero di abitanti del – 5,8% nel periodo 2023-2033 e del – 13,0% nel periodo 2023-2043. Considerando i comuni ultraperiferici localizzati nel Mezzogiorno, negli stessi intervalli temporali, si prevede rispettivamente una contrazione della popolazione del – 8,9% e del – 18,1%. Sono dati che dovrebbero suggerire la messa in atto di politiche innovative, sperimentali e di rottura dei paradigmi fino ad ora adottati.
SPOPOLAMENTO NEL MEZZOGIORNO, L’APPROCCIO DEL PIANO: L'”ETICA DELLA PROBABILITÀ” DI APPADURAI
Il Piano strategico nazionale ci sembra, invece, che si confronta con il problema attraverso un approccio basato, secondo la definizione del grande antropologo Arjun Appadurai, sull’”etica della probabilità”. L’etica della probabilità, secondo Arjun Appadurai, si riferisce a un approccio che si concentra sull’analisi delle probabilità e delle statistiche, spesso utilizzate in contesti politici e decisionali, per valutare le possibilità e gli esiti di determinate azioni o eventi. Questa etica, secondo Appadurai, può portare a una visione limitata e deterministica del futuro, basata su proiezioni e previsioni, che influenzano le politiche e le azioni.
In contrapposizione, Appadurai propone l’”etica della possibilità”, che pone l’accento sulla capacità umana di immaginare e creare nuove possibilità, di ampliare gli orizzonti della speranza e di promuovere una maggiore equità e giustizia. Questa etica si basa sulla convinzione che la democrazia debba essere fondata sulla creatività e sulla critica, piuttosto che su una semplice valutazione dei numeri e delle statistiche.
LA CRITICA AL CONCETTO DI “DECLINO CRONICIZZATO”
Quando nel Piano Strategico si dice: «Un numero non trascurabile di Aree interne si trova già con una struttura demografica compromessa (popolazione di piccole dimensioni, in forte declino, con accentuato squilibrio nel rapporto tra vecchie e nuove generazioni) oltre che con basse prospettive di sviluppo economico e deboli condizioni di attrattività. Queste Aree non possono porsi alcun obiettivo di inversione di tendenza ma non possono nemmeno essere abbandonate a sé stesse. Hanno bisogno di un piano mirato che le possa assistere in un percorso di cronicizzato declino e invecchiamento in modo da renderlo socialmente dignitoso per chi ancora vi abita», si comprende chiaramente a quale paradigma sia ispirato lo stesso.
LA NECESSITÀ DI UN APPROCCIO OLISTICO: DAL TERRITORIO ALLA COMUNITÀ
C’è bisogno invece, a mio parere, di un approccio olistico che, sicuramente assieme allo sviluppo dei servizi essenziali, consenta, traguardando politiche di sviluppo locale, di passare dal concetto di area territoriale intesa in senso fisico – geografico – economico – statistico a quello di comunità. Un approccio che ha la sua essenza nella consapevolizzazione che la ricomposizione di un rapporto fra economia, società e comunità passa attraverso il recupero della capacità di comprendere in modo profondo il “senso” di un territorio inteso come la somma di un lavoro complesso attraverso cui nel tempo gli uomini hanno “abitato” uno spazio costituendo un ecosistema culturale la cui diversità è stata determinata in larga misura dalle azioni antropiche che nel tempo si sono stratificate, trasformando il territorio in “trama di luoghi” da riconoscere, valorizzare, rivitalizzare, rigenerare.
SPOPOLAMENTO NEL MEZZOGIORNO: MORTE ASSISTITA?
Secondo tale paradigma il rapporto tra territorio e processi di sviluppo locale non viene, quindi, inteso esclusivamente come proiezione spaziale di dinamiche socio-economiche o di rapporto con i supporti fisici, ma come rapporto di un insieme complesso di elementi, le cui specificità sono espresse fondamentalmente dallo sviluppo di interazioni sociali e sistemi di comunicazione, cooperazione e scambio immersi in concreti ambiti di identificazione culturale. In contrapposizione alla “morte assistita” bisogna, a mio parere, mettere in atto la promozione di “identità progettuali diffuse” in cui gli attori sono in grado di definire la loro posizione e ruolo nel territorio trasformandolo al contempo.
* Pasquale Esposito, sociologo
Il Quotidiano del Sud.
Spopolamento, la critica al piano aree interne: è “morte assistita” per il mezzogiorno?