Spopolamento, in Basilicata, tra 25 anni centomila lucani in meno
- Postato il 21 maggio 2025
- Notizie
- Di Quotidiano del Sud
- 1 Visualizzazioni

Il Quotidiano del Sud
Spopolamento, in Basilicata, tra 25 anni centomila lucani in meno
Le proiezioni demografiche Istat disegnano una situazione difficile: senza un’inversione di rotta già nel 2033 la Basilicata sotto il mezzo milione. È allarme spopolamento.
Chiamatelo spopolamento: nel giro di 25 anni (di qui al 2050) la Basilicata potrebbe perdere 100mila abitanti. A dirlo è l’Istat, nelle proiezioni demografiche territoriali: un’analisi statistica che accentua (come in quasi tutto il Mezzogiorno) il passo di una tendenza che sembra già in moto da tempo. L’idea è quella di uno scivolo senza appigli: secondo le tavole dell’Istituto di statistica il livello del mezzo milioni abitanti potrebbe essere superato nel 2033, quando in Basilicata potrebbe esserci una popolazione di 496.776 abitanti.
BASILICATA E SPOPOLAMENTO
Nel 2043 potrebbe essere valicato un altro cancello, quello dei 450mila: la popolazione potrebbe infatti scendere a 445375. Naturalmente queste proiezioni non contemplano variabili che potrebbero invertire o rallentare ulteriormente la tendenza ma soprattutto vanno inserite in un contesto di generale difficoltà: secondo l’Istat infatti tra il 2014 e il 2023, sotto l’azione di dinamiche demografiche recessive, l’Italia ha già perso circa un milione 350 mila residenti (da 60,3 milioni a poco meno di 59). In linea con tale tendenza, lo scenario di previsione “mediano” (pubblicato nel 2023) contempla un ulteriore calo di 439mila individui entro il 2030 (58,6 milioni), con un tasso di variazione medio annuo pari al -1,1‰. Nel medio termine la diminuzione della popolazione risulterebbe più accentuata: da 58,6 milioni a 54,8 milioni tra il 2030 e il 2050 (tasso di variazione medio annuo pari al -3,3‰).
ISTAT, SCENARIO FOSCO
Secondo Istat nell’ipotesi più favorevole, la popolazione italiana potrebbe subire una perdita di “soli” 5,9 milioni tra il 2023 e il 2080, di cui almeno 2 milioni già entro il 2050. Nel caso meno propizio, invece, il calo di popolazione toccherebbe i 19,7 milioni di individui entro il 2080. E chi rimane, inoltre, sarà sempre più anziano: quest’ultimo aspetto è emerso ieri durante il primo incontro del ciclo “Apco Health Talks: esplorando il sistema salute”, dedicato al ruolo della prevenzione per la protezione degli anziani: se c’è un Paese in fuga, a chi rimane resta il privilegio della longevità. L’Italia infatti è tra i Paesi più longevi al mondo. Lo rende noto l’Istat, secondo cui entro il 2050 gli over 65 costituiranno il 34% della popolazione, con una crescita significativa anche tra gli ultraottantacinquenni.
SPOPOLAMENTO E TRANSIZIONE DEMOGRAFICA
«Tuttavia – spiega una nota – questa transizione demografica pone sfide rilevanti in ambito sanitario, sociale ed economico, legate all’aumento della fragilità, della cronicità e della domanda di assistenza». Ospitata presso la Sala Perin del Vaga dell’Istituto Luigi Sturzo a Roma, «l’iniziativa è stata l’occasione per fare il punto su una delle sfide più complesse e strategiche per il nostro Paese: le politiche sanitarie». In Italia però «si osserva un significativo calo della spesa destinata alla prevenzione (-18,6% tra il 2024 e il 2023, secondo la Fondazione Gimbe) e un trend allarmante rispetto alle coperture vaccinali tra gli over 65, ben lontane dagli obiettivi raccomandati».
CALO DELLA SPESA DESTINATA ALLA PREVENZIONE
Secondo i dati dal ministero della Salute, «la copertura antinfluenzale, ad esempio, nella stagione influenzale 2023-24 ha attestato un calo di 3,4 punti percentuali rispetto alla stagione precedente (raggiungendo solo il 53,3%, a fronte di un target minimo dell’85%)». Ancora più preoccupanti i dati relativi alla vaccinazione anti Covid-19, «che ha raggiunto solo il 4,47% della popolazione over 60 nella campagna 2024-25. Anche per pneumococco e l’herpes zoster si stima una tendenza in calo nelle adesioni anche se, tuttavia, non è attualmente previsto un sistema strutturato di monitoraggio. Infine, pregnante il caso del Virus respiratorio sinciziale (Rsv), raccomandato a livello europeo ma non in Italia».
TREND NEGATIVO
Le ragioni di questo trend negativo sono molteplici: «dalla scarsa percezione del rischio da parte della popolazione adulta alla mancanza di aggiornamento tempestivo del Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale, passando per forti disomogeneità tra le regioni, costi talvolta a carico dei cittadini e modelli di governance non sempre coordinati ed efficienti. Per invertire questa tendenza, è necessario un impegno congiunto e strutturale da parte delle istituzioni nazionali e regionali, delle società scientifiche e di tutti gli attori del Sistema Salute».
Il Quotidiano del Sud.
Spopolamento, in Basilicata, tra 25 anni centomila lucani in meno