Spiagge libere, l’Italia è il Paese d’Europa in cui ci sono meno: è record di stabilimenti

  • Postato il 20 agosto 2025
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  • Di SiViaggia.it
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Ogni estate si riaccende il dibattito sulle spiagge italiane: trovare uno spazio libero dove stendere l’asciugamano e godersi il mare sembra diventare sempre più difficile. I nuovi dati diffusi da ISPRA raccontano che le spiagge del nostro Paese si estendono complessivamente per circa 3400 chilometri – pari al 41% delle coste nazionali – ma occupano una superficie totale di appena 120 km².

Un patrimonio ridotto, in gran parte privatizzato: si stima infatti che 8 arenili su 10 siano in concessione. Il governo indica che solo il 33% delle coste italiane risulta assegnato, ma Legambiente contesta il dato: la stima ufficiale include anche tratti rocciosi, aree non balneabili o non idonee alle concessioni, abbassando così la percentuale.

Spiagge in Italia: fino al 70% occupate dagli stabilimenti

Se da un lato le spiagge italiane rappresentano un patrimonio naturalistico e turistico unico, dall’altro il loro accesso è sempre più limitato. Ci sono regioni come la Liguria, l’Emilia-Romagna e la Campania dove il 70% dei litorali risulta occupato dagli stabilimenti balneari, con alcuni comuni dove la percentuale è addirittura maggiore.

Questa cifra ci colloca ai vertici europei per privatizzazione delle coste, peggio di noi c’è solo l’Ungheria, con il 100% delle sue spiagge lacustri affidate a gestioni private. Il nodo di fondo è legato alla mancata applicazione in Italia della direttiva Bolkestein, pensata per aprire il mercato e favorire la concorrenza nei servizi, ma rimasta per anni sospesa tra proroghe e resistenze.

Bruxelles continua a chiedere una riforma delle concessioni, mentre il settore balneare difende la tradizione familiare di imprese che hanno costruito l’identità turistica di interi tratti di costa che, oggi, soffrono anche a causa di eventi ambientali estremi.

Le coste italiane a rischio

Le nostre coste diventano sempre più vulnerabili: dal 2010 a giugno 2024, Legambiente ha registrato ben 816 eventi estremi, con un incremento del 14,6% rispetto al 2023 e con il Mezzogiorno come area più colpita. Stiamo parlando di frane, alluvioni, mareggiate e trombe d’aria che provocano danni tanto alle persone quanto alle strutture e al patrimonio storico, mettendo a dura prova, anno dopo anno, le comunità e le imprese locali.

In base agli scenari climatici elaborati dall’IPCC e richiamati nel Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PNACC), si prevede anche un innalzamento della temperatura superficiale del mare nel Mediterraneo tra 1 e 2°C, con ripercussioni che provocheranno eventi estremi e colpiranno biodiversità, pesca e turismo.

Il livello del mare, inoltre, aumenterà tra 7 e 9 centimetri, mentre la forte antropizzazione delle aree costiere, con quasi un quarto del territorio entro i 300 metri già artificiale, amplifica il rischio, in particolare nelle Marche, Liguria, Abruzzo, Emilia-Romagna, Campania e Lazio. Tra spiagge, scogliere e porti, il panorama italiano cambia così sotto i colpi del clima e dell’uomo, rendendo sempre più urgente trovare nuove soluzioni che permettano di conciliare bellezza, turismo e tutela ambientale.

Autore
SiViaggia.it

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