Sicilia in vendita: agevolazioni ai pensionati stranieri, precariato per i figli
- Postato il 9 dicembre 2025
- Editoriale
- Di Paese Italia Press
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10 dic. 2025 – Allora, mettiamola così: la Sicilia rischia di diventare quel vecchio cortile abbandonato che qualcuno decide di affittare agli stranieri perché — boh — “più pulito, più curato, più redditizio”. Ma i ragazzini che ci sono nati? Quelli no: continuano a bussare a porte chiuse.
Vogliamo davvero chiamarla «politica di rilancio» l’idea di offrire sconti Irpef fino a 100 mila euro a chi non ha mai visto un tramonto su Taormina — mentre un ragazzo di Catania o di Messina fatica a trovare lavoro stabile?
Ecco qualche dato (sì, con numeri: ché le sensazioni fanno figo, ma le statistiche pestano i piedi). Nel 2025 la disoccupazione di lunga durata in Sicilia è all’8 % — tra le peggiori in Europa.
I giovani? Il tasso di chi non studia, non lavora, né si forma — i famigerati NEET — è da record: in alcune rilevazioni si parla di circa 38–45%.
Eppure la risposta del governo regionale non è: “Diamo loro contratti, case, dignità”. No. È: “Facciamo entrare qualcun altro da fuori, che magari compra un immobile, paga tasse, spende soldi, ravviva i centri storici”.
È un po’ come se in una famiglia disperata per i debiti decidessi di invitare degli sconosciuti a cena — senza prima chiedere a tuo figlio se vuole restare. “Ehi, vieni — pago metà delle tue tasse”, dici.
“Peccato che tuo fratello non trova lavoro, e tua sorella non arriva a fine mese”.
È una “cura da cartello pubblicitario”: bella da guardare, rassicurante, ma non tocca la patologia. Non cura la disoccupazione, non ridà dignità al lavoro, non dà un futuro a chi ha già scelto la Sicilia per nascita. E il colmo del paradosso è questo: con quella cifra – 5 milioni stanziati inizialmente – potresti almeno dare qualche centinaio di contratti dignitosi. Ma no: meglio una scorciatoia che fa scena.
Le due cose non sarebbero in contraddizione concettualmente, ma lo diventano politicamente se la prima ad essere trascurata è proprio la gente che qui ci è nata, qui studia, qui paga le conseguenze del declino.
L’Isola ha bisogno di nuove energie, certo.
Ma soprattutto ha bisogno di non perdere le sue.
Alla fine, la vera domanda è: chi vogliamo servire davvero? I “nuovi arrivati”, o chi qui c’è da sempre ma non ha più voglia di spartirsi briciole?
Perché se continuiamo a trattare lo spopolamento come un “vuoto da riempire”, senza valorizzare chi resiste — prepariamoci: fra poco la Sicilia sarà un posto bellissimo… per chi non ha niente a che fare con lei.
E noi? Noi staremo a guardare.
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