Siamo sinceri: noi uomini bianchi occidentali siamo suprematisti. Non è un’opinione, ma la realtà
- Postato il 18 settembre 2025
- Blog
- Di Il Fatto Quotidiano
- 1 Visualizzazioni
.png)
Questa mattina mi sono guardato allo specchio e ho avuto un momento di illuminazione. Basta. Smettiamo di offenderci e non cerchiamo di essere politicamente corretti a tutti i costi, va bene? Diciamo semplicemente la verità, guardiamoci negli occhi e ammettiamolo una volta per tutte: noi bianchi, nati e cresciuti in questa confortevole parte del mondo che chiamiamo Occidente, siamo suprematisti.
Non lo dico per ferire, ma per identificare. Prendiamo il dizionario, questa cosa di cui non abbiamo idea di cosa sia. “Suprematismo”: dal latino “supremus”, “colui che sta più in alto”. Eccolo lì. Non è un’opinione, è una descrizione. È un momento di politica identitaria da cartolina che ti dice dove ci troviamo nel mondo.
Apri un giornale o accendi la tv, scorri l’ultima lista di Forbes delle persone più ricche al mondo. Fatto? Ora dimmi, quante facce non bianche c’erano al top? Poche, quasi nessuna. Sono le nostre facce, i nostri legami, i nomi dei nostri padri. Possediamo la finanza mondiale, i grandi affari, i mass media. E non è forse questo che deve significare “stare più in alto”? E scriviamo le regole del gioco perché il gioco è il nostro.
E le donne? Per amor di Dio, le quote di genere, le belle parole sull’uguaglianza. Eppure, poi, quando arriva il momento di prendere quella decisione, di entrare nelle stanze del potere, quelle porte restano ancora ostinatamente chiuse o si aprono solo di poco. Le sale consiliari, i governi, i vertici della gerarchia istituzionale rimangono schiacciantemente un club esclusivo per uomini. Uomini bianchi, naturalmente.
Siamo suprematisti, non solo verso l’esterno nei nostri salotti. A casa, salutiamo la nostra metà suprema e spingiamo l’altra metà del firmamento in un ruolo di spalla-capo ristretto. Funzionale, certamente, ma mai veramente al comando.
Ma la nostra opera magna è come gestiamo il pianeta. Siamo come padroni a una festa dove gli ospiti siamo solo noi. Mangiamo, sprechiamo, utilizziamo la maggior parte delle risorse della Terra per darci sempre di più per le ultime versioni di telefoni in tasca, le nostre fughe esotiche estive — un armadio pieno di vestiti che non indosseremo mai. È un sistema perfetto, oliato e bellissimo: prendiamo materie prime da paesi lontani, le trasformiamo a basso costo e per il nostro beneficio, poi con magnanimità lasciamo briciole sotto forma di rifiuti tossici e cambiamenti climatici che abbiamo causato. E quando la briciola non basta e lì scoppia rabbia, disperazione, guerra… cosa siamo se non uniti?
La nostra finezza non si ferma al saccheggio. Siamo il più grande fornitore di armi sul pianeta. Con una mano alimentiamo i conflitti, con l’altra vendiamo le armi per combatterli — spesso a entrambe le parti. Un lavoro geopolitico di genio: in questo modo, i nostri profitti dell’industria bellica salgono quando tutto è in fiamme; manteniamo l’instabilità per stabilire condizioni su cui gli altri dovranno navigare; e alla fine appariamo come emissari di pace. Siamo i distributori di pace a parole e di morte a noi stessi nei fatti. Anche questo, se ci pensi, è una tattica sopra tutti.
Sì, siamo suprematisti. Siamo in prima posizione e all’attacco c’è resistenza. Abbiamo eretto un sistema che si sostiene e poi ci assolve, affinché il nostro dominio non sia solo economico o militare, ma anche morale. Siamo il Bene, il Progresso, la Civiltà. C’è solo questa piccola, minuscola cosa che questa storia vittoriosa in qualche modo non riesce mai a menzionare. Un dettaglio così antico che non ci importa nemmeno più. Che l’Homo sapiens — tutti noi! — ha mosso i primi passi in Africa. Che la nostra bisnonna Lucy è stata scoperta in Etiopia. Che le prime grandi civiltà, quelle che hanno inventato la scrittura, la matematica e l’astronomia, sono sorte tra il Nilo, il Tigri e l’Eufrate, in Africa e nel Medio Oriente, mentre i nostri antenati in Europa vivevano ancora in capanne e si tingevano la faccia.
È lì che tutto ciò che siamo, nel bene e nel male, ha avuto inizio. Da quella terra e da quei popoli “non bianchi” ai quali oggi lanciamo le briciole del nostro banchetto. E quasi ti viene da ridere che noi, i “supremi“, da quassù, non riusciamo nemmeno a ricordare più da dove diavolo veniamo.
L'articolo Siamo sinceri: noi uomini bianchi occidentali siamo suprematisti. Non è un’opinione, ma la realtà proviene da Il Fatto Quotidiano.